2015, sub pop
Genere: slow core
Era il lontano 1994 quando una sconosciuto terzetto del Minnesota esordì con un album destinato a fare la storia della musica, quel I Could Live In Hope che squarciò i cuori degli ascoltatori con i suoi accordi sospesi ed una solenne espressività liturgica che sarebbero presto diventati una cifra stilistica inimitabile nella sua violenta intimità. Con I Could Live In Hope lo slow-core, che aveva visto i suoi albori quattro anni prima con il seminale ed imprescindibile Frigid Stars dei connazionali Codeine, raggiunge una dimensione nuova, carica di una emotività intensa.
Da quel 1994 sono passati ventuno anni ed undici dischi, eppure i Low continuano a stupire, sfornando un disco che è l’ennesima conferma di una band in stato di grazia, illuminata nel comporre brani semplici che nella loro immediata sincerità trascinano l’ascoltatore in un quel vuoto “accogliente” magistralmente orchestrato dal terzetto statunitense.
Ones and Sixes, il nuovo arrivato, rimescola le carte acustiche del precedente The Invisible Way, abbracciando l’elettronica, riuscendo nel tentativo di “umanizzare” il sound sintetico, senza stravolgere l’empatia “lowiana”.
L’iniziale Gentle è un brano algido, l’impalcatura sintetica tiene banco sorreggendo la chitarra minimalista e l’inconfondibile duo vocale composto da Alan Sparhawk e Mimi Parker. Gentle è la desolazione cara ai Low aggiornata al 2015, il vuoto acustico è adesso in balia delle pulsazioni elettroniche, quasi a suggerire un onnipresente rumore bianco in cui il silenzio è soppiantato dalla macchina. No Comprende è uno dei brani più riusciti del disco, con un ritornello in crescendo da brividi che esplode al termine di una meravigliosa strofa lo-fi che nel suo ripetersi si suggella nel controcanto della Parker. Nel finale il brano si spezza sotto il peso di accordi “sconfinati”. “Spanish Translation” sono i Low così come siamo stati abituati a conoscerli: zero compromessi, zero orpelli, solo e soltanto emozione nuda e cruda, crudissima. Bastano pochi accordi, un tappeto di synth ed una batteria accennata, il resto viene da sé, perché il sapere scrivere “Canzoni” è un’arte che pochi sanno maneggiare.
Ones and Sixes è un album di chiaro(grigio)/scuri: affianco a brani spettrali e tipicamente slow-core, come lo stupendo dramma di “Landslide” o la conclusiva “DJ”, fanno capolino pezzi più malinconici come “Into You” o “What Part Of Me”, che profumano di tramonti autunnali, “alleggerendo” il carico emotivo dell’album.
Davvero difficile non rimanere incantati dalla nuova creatura dei Low. Un disco di qualità eccelsa, di cui se ne sentiva davvero il bisogno. Ascolto obbligato.
James Lamarina
No Comments