May 4, 2025

Etichetta: Ninja Tune

Genere: post rock / space rock

Jaga Jazzist. Che genere musicale potrebbe suonare una band con questo nome? Jazz? La risposta è quasi tautologica, se non fosse per il modo di suonare dei norvegesi, che del jazz utilizzano le dinamiche e la complessità per declinarle in ambiti totalmente diversi: il post-rock nel recente passato e l’elettronica cosmica nell’immediato presente.

Starfire” è un’opera dedicata allo spazio ed alla fantascienza, già la copertina del disco con i suoi font vagamente star warsiani ed il cielo stellato sullo sfondo lascia intendere quale sarà il tema di riferimento: il cosmo nella sua infinità immaginifica e sperimentale.

L’incipit è affidato alla traccia che prende il nome dal titolo del disco, con i Jaga Jazzist, che annoverano nelle loro fila ben otto strumentisti, impegnati in un prog-cosmico dominato dalle chitarre ed i sintetizzatori. Lo spazio suonato dai norvegesi non è riflessivo ma palpitante e volutamente “giocoso”, con pesanti influenze videoludiche iniettate da tastiere che ripescano melodie dell’era 8 e 16 bit. Durante l’ascolto di “Big City Music” è difficile non rimanere catturati dall’atmosfera esotico-fantascientifica, in alcuni passaggi sembra di trovarsi all’interno di un videogioco rimanendo però colpiti dalla capacità dei norvegesi di calare tali sonorità in un contesto colto e complesso, che riesce a funzionare alla perfezione.

“Shinkanses” è un pezzo schizofrenico, sorta di Giano Bifronte musicale in cui i Jaga Jazzist tornano ai lidi post-rock del riuscito “What We Must”, con i fiati intenti a disegnare melodie bucoliche per poi virare bruscamente verso la cosmic music più spinta. Il passaggio è surrettizio e spiazzante, forse un tantino azzardato, ma nell’economia del brano funziona egregiamente.

La successiva “Oban” alza ancora di più il tiro, se la parte iniziale è una sintesi della prima e della terza traccia, parte centrale del brano si è assaliti da aggressivi beat sintetici, provocando un effetto a dir poco straniante, mitigato dalla coda quasi dance.

Starfire” si conclude con l’atmosferica ed orientaleggiante (per quanto possa essere “orientale” lo spazio), “Prungen”, che, come di consueto in ambito Jaga Jazzist, si trasforma in divenire in un tripudio di distorsioni e ritmiche schizzate per recuperare il motivo dominante poco prima della fine del pezzo.

Starfire” è un disco strano, difficilmente vi capiterà di ascoltare qualcosa di analogo. I Jaga Jazzist giocano a fare i cuochi e cucinano per le nostre orecchie una pietanza a base di cosmic music jazzata pesantemente condita con “barocche ed eccessive” melodie fantascientifiche. Un disco che difficilmente vi lascerà indifferenti. Da ascoltare.

James Lamarina

No Comments