Tra le stagioni e i mesi del calendario l’accoppiata estate-agosto è certamente la più chiacchierata, quella su cui i giudizi sono i più contrastanti. Così Gesualdo Bufalino (“Diceria dell’untore”) ne (s)parlava: «Ed io (…) non riesco ad amare l’estate. È un tempo di ulcere e sfregi, collerico, tracotante; il tempo che nuoce di più a chi sente avvicinarsi la fine e vorrebbe muoversi nella penombra di decenti omertà, con un ordine nei suoi pensieri, e il sangue in pace, finalmente».
Diametralmente opposta l’opinione di Claudio Magris: «Come gli indiani nei romanzi di Cooper, anch’io indico istintivamente gli anni non come primavere ma come estati, perché è soprattutto in estate che si sente la vita…».
Ma è Guido Ceronetti (“Il più crudele dei mesi”) che va giù pesante: «Un gran vuoto civile: il mese di agosto. Il suo “conatus” nichilistico può protrarsi fino a mezzo settembre. Ahimè, mi è toccato nascerci, ma in quel tempo era un mese normale (…). I dentisti avevano sempre i trapani al fresco (…). La parola stress non era ancora entrata nell’uso universale (…) il medico rispondeva al telefono perfino nel giorno dell’Assunta. L’agosto era una belva che si svegliava di quando in quando: sbranava qualcuno e si riaddormentava (…). Oggi è diventato normale, e accettato da tutti, essere sbranati dalla malignità essenziale di agosto (…). Il vuoto civile è in special modo micidiale per cani e vecchi (…). Un Paese ove chi abbia riguardi per gli altri è perduto, addirittura perseguito, per eccesso di civiltà (…). Dopo il tormentone Vacanze, la fine di agosto arriva carica di indicibile malinconia. L’accendersi dei grilli al primo buio t’impiomba di tristezza che non si placa».
A riscattare agosto dal giudizio catastrofico di Ceronetti è Francesco Guccini che (“Canzone dei dodici mesi”) così canta: «Agosto: nelle stanche tue lunghe oziose ore mai come adesso è bello inebriarsi di vino e di calore».
Per quanto mi riguarda, da salentino, non posso non schierarmi con Mario Rigoni Stern (“Stagioni”) quando ricorda: «Un’estate calda e asciutta fu tra Puglia e Lucania, nel Basento, dove ascoltavo quasi interrotto il canto delle cicale e sentivo l’odore buono della liquerizia. Lì conobbi il tempo dei Greci (…) intesi le cose della storia e dell’arte che solo l’altissima poesia sa comunicare (…) camminavo lungo la spiaggia con queste sensazioni e questi odori e questi canti di cicale senza incontrare persona vivente nel sole della Magna Grecia».
Ma è possibile fare dei paragoni tra questa estate, questo agosto, e quelli del tempo passato? I soloni della meteorologia ci avevano annunciato che sarebbe stata un’estate di fuoco. Tre mesi di sole verticale, temperature sahariane, ingresso ufficiale nel Tropico senza neanche un minimo di apprendistato. E invece le perturbazioni si stanno susseguendo quasi con la stessa cadenza del periodo invernale e, soprattutto per colpa delle micidiali bombe d’acqua, i danni provocati al precario sistema idrogeologico sono rilevanti.
Così, invece di esagerare con gli stressanti e costosi eventi estivi (meno circenses, direi, e più panem!), sarebbe forse il caso di trarre da queste anticipazioni invernali l’ammonimento a mettere mano a lavori che non si possono più differire. Milano e le ripetute esondazioni del Seveso insegnano… Ma anche noi non siamo messi tanto bene.
Anche perché il territorio, nel passato, era controllato dai contadini. Mentre oggi non si ara più e sono sempre più numerosi i terreni abbandonati, con la conseguenza che su queste superfici indurite l’acqua, anziché essere assorbita, defluisce.
Un discorso a parte merita il nostro Seveso, alias Canale Patri. Proprio là dove, con molta perspicacia, sono stati spostati gli uffici della nuova Questura…
Intanto va detto che se il cittadino è libero dai laccioli di programmazioni e pianificazioni, lo stesso non vale per i signori amministratori. Che già in primavera, per esempio, devono pensare alla pulizia dei litorali e al programma di disinfestazioni; d’estate, invece, a quello della sistemazione dei canali che nella stagione invernale si trasformano in torrenti in piena, con grave danno agli immobili, alla circolazione stradale e, talvolta, anche alle persone.
Il Canale Patri, con la sua ricca e folta vegetazione che lo fa somigliare a un paesaggio amazzonico, ha bisogno ˗ adesso e non quando è troppo tardi! ˗ di quegli interventi (allargamento degli argini, taglio della sterpaglia, innalzamento delle passatoie di cemento, eliminazione degli insediamenti urbani abusivi, ecc.) atti a scongiurare le sistematiche sciagure invernali. Contro le quali a poco o niente servono le videocamere di sorveglianza e monitoraggio…
È scritto nel Libro dei Proverbi dell’Antico Testamento: «Chi raccoglie d’estate è previdente; chi dorme al tempo della mietitura si disonora»…
E, sempre a proposito di questo mese particolare, si deve abbandonare anche il tradizionale stereotipo degli italiani come popolo mediterraneo, caratterizzato da una naturale pigrizia e dunque sempre disposto a fare vacanza. Intendo riferirmi all’orario estivo ridotto, quello del “lungo agosto” che inizia a metà luglio e finisce a settembre inoltrato. Quanti, in questi giorni, non si sono sentiti rispondere: «Ne riparliamo a settembre…»?
Si tratta di un’idea che corrisponde a un’Italia che non c’è più. Quella degli anni 60 e 70 del secolo scorso, che regolava i suoi tempi su quella sorta di solstizio d’estate artificiale rappresentato dalla chiusura delle grandi fabbriche, con i telegiornali che mostravano le automobili degli operai emigrati al Nord in fila per tornare ai loro paesi per le ferie.
Oggi, ancora nel bel mezzo della crisi economica, quella lunga pausa nella vita collettiva non possiamo più permettercela. Del resto oramai non corrisponde più alle esigenze di milioni di italiani stretti dalla morsa della revisione della spesa pubblica (la “spending review”).
Per questo motivo non sarebbe male se le varie branche dell’amministrazione pubblica abbandonassero finalmente i loro vecchi orari “mediterranei”. E si evitasse anche la chiusura scriteriata (in quanto non programmata) dei negozietti sotto casa, con grave danno soprattutto per gli anziani che non hanno molte possibilità di muoversi.
Insomma se l’estate sta subendo così significative modificazioni dal punto di vista meteorologico, è bene anche cambiare il nostro habitus mentale e adattare le nostre radicate abitudini a un diverso modo di vivere la vita. Più rispettosa dell’ambiente e in maggiore sintonia con lo spirito europeo.
E, soprattutto, viviamola questa estate. Non si pensi che debba ancora arrivare. È proprio questa! Quella che, a giorni alterni, ci sta sfidando con l’afa e la pioggia torrenziale, con il sole cocente e le trombe d’aria, con il dolce ponentino e le gragnole della grandine. Non continuiamo a pensare a quella d’un tempo che, probabilmente, non tornerà più.
Guido Giampietro
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