In questi giorni – ed in particolare nel pomeriggio di oggi – dalle torri del petrolchimico si sono levate fiamme alte una decina di metri visibili anche da molti chilometri di distanza.
Il “fenomeno” si è verificato più volte negli ultimi anni, soprattutto nel periodo estivo.
Nella maggioranza dei casi, le sfiammate sono dovute ad un blocco inatteso della produzione che fa scattare il “sistema di sicurezza”. In pratica, in casi di pericolo o di situazioni di emergenza, come l’interruzione del normale processo produttivo, si verifica che alcune sostanze utili alla produzione delle materie plastiche vengano deviate in torcia affinché possano bruciare.
Tale procedimento garantisce la sicurezza dell’impianto ed evita eventuali esplosioni ma prevede che una notevole quantità di sostanze chimiche venga bruciata nelle candele sparse a sud-est di Brindisi, a poche centinaia di metri dal centro abitato.
La spiegazione tecnica non ha mai soddisfatto le associazioni ambientaliste e da più parti si sono levati appelli per conoscere davvero cosa succede quando una torcia del petrolchimico è in fiamme, se viene alterata la qualità dell’aria, se vengono emesse sostanze nocive in grado di provocare danni alla salute dei cittadini e quali sostanze vengono librate nell’aria.
Qualche anno fa Medicina Democratica ha denunciato che in occasione della grosse fiammate delle torri del petrolchimico fa spesso seguito un’impennata nella concentrazione del Benzene nell’aria. In particolare nel Novembre del 2009 si registrò il passaggio da circa 1-2 microgrammi/metro cubo a 16,2 (ben sopra il limite di legge di 6 microgrammi/m3).
Anche l’Agenzia Regionale per l’Ambiente ha più volte evidenziato che il fenomeno comporta aumentati di IPA e PM10.
La magistratura ha aperto diverse inchieste ma dal Petrolchimico hanno sempre controbattuto evidenziando gli ingenti investimenti eseguiti per evitare al massimo il verificarsi di tali anomalie.
L’indagine più importante, quella che nell’ottobre del 2010 portò la procura a chiedere ed ottenere il sequestro delle sette torri delle società Polimeri Europa (oggi Versalis) e Basell, fu condotta dagli agenti della Digos e si concluse con il pagamento in oblazione di una somma complessiva pari a 116 mila euro, 24mila euro a testa per due dirigenti di Basell assistiti dall’avv. Massimo Manfreda e 34mila euro a testa per i due dirigenti dell’azienda Versalis difesi dall’avvocato Cataldo Motta.
Angela Gatti
Pubblicato il: 11 Ago, 2014 @ 17:19
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