La riforma costituzionale Renzi-Boschi, anche per il suo intreccio con la nuova legge elettorale detta Italicum, è rivolta a legittimare il processo di svuotamento della nostra democrazia, che negli ultimi tempi ha avuto un’allarmante accelerazione.
Accentuando un percorso degenerativo del costume democratico, la riforma sancisce il passaggio da una concezione di democrazia rappresentativa e partecipativa ad una democrazia formale e d’investitura, tale da consentire al Governo e al Presidente del Consiglio dei ministri di esercitare un potere destinato a diventare sempre più ampio. Si tratta dello stravolgimento dei fondamenti del nostro Statuto che all’art.1 recita: “La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti previsti dalla Costituzione” e aggiunge all’art. 3 che: “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
La riforma costituzionale (che trasforma il Senato in un consesso dall’indecifrabile fisionomia introducendo norme che verticizzano il potere), in sintonia con la nuova legge elettorale (che disciplina l’esercizio e gli effetti del voto introducendo un esorbitante premio di maggioranza e “regalandoci” un Parlamento di “nominati”), cancella la centralità del Parlamento nel quale tutti gli orientamenti politico-ideali devono essere rappresentati e favorisce l’affermazione dell’arbitrio del più forte, col conseguente rifiuto nei fatti del principio della sovranità popolare. Sarà quindi ancora più difficile se non impossibile la difesa dei diritti del lavoro, dei beni e degli spazi pubblici nonché l’esercizio dei diritti sociali come quello all’istruzione e alla salute. E sarà favorito, secondo le attese di tutti i poteri forti, il percorso di legittimazione e di ampliamento delle disuguaglianze.
Per difendere i diritti politici e sociali sanciti dal nostro Statuto e per rilanciarne principi, valori e direttive votiamo NO al referendum del 4 dicembre.
Michela Almiento; Marco Alvisi; Bobo Aprile; Pasquale Barba; Nando Benigno; Federica Bruno Stamerra; Giovanni Calcagno; Marco Calò; Gabriele Canuso; Giancarlo Canuto; Vincenza Cappelli; Omero Carbone; Mario Carolla; Vincenzo Casone; Andrea Casamassima; Giuseppe Cellie; Nicola Cesaria; Gabriella Ciccarone; Libera Clemente; Mario Crisumma; Franco Colizzi; Teresa Cutrone; Valerio D’Amici; Maria De Guido; Maria De Mauro; Maria Grazia Di Giulio; Michele Di Schiena; Carmelo Di Giuseppe; Francesca Distante; Giovanni Dovizioso; Daniele Dragone; Rita Fagiano; Salvatore Filotico; Francesco Fistetti; Alessandro Francavilla; Simona Franco; Elio Galiano; Giuseppe Genghi; Emilio Gianicolo; Giovanni Giodice; Giuseppe Giordano; Carlo Graniti; Amleto Grassi; Aurora Grassi; Liborio Graziuso; Antonio Greco; Vincenzo Intermite; Anna Chiara Intini; Pietro Lacorte; Cosima Leccese; Francesco Legrottaglie; Angelo Leo; Salvatore Lezzi; Mario Liso; Carmela Lomartire; Vincenza Luprano; Manuela Maggi; Maria Domenica Maggiore; Doretto Marinazzo; Grazia Marseglia; Oronzo Martucci; Claudia Massaro; Annamaria Mingolla; Fabio Montefiore; Alba Monti; Teresa Nacci; Leonardo Nannavecchia; Imma Palmisano; Stefano Palmisano; Ferdinando Parlati; Donato Peccerillo; Maria Pia Pedone; Francesco Perrucci; Paolo Piccinno; Ciccio Pinto; Paola Pizzi; Michele Polignano; Maurizio Portaluri; A. Ferdinando Quarta; Riccardo Rossi; Luca Ruggiero; Francesco Salonna; Lucia Scarafile; Giorgio Sciarra; Mario Scivales; Fortunato Sconosciuto; Angelo Semerano; Tea Sisto; Alessandra Solimeo; Suma Giulia; Nicola Trinchera; Grazia Trizio; Adolfo Tundo; Vito Uggenti; Anna Vitale; Antonella Zellino
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