Mi chiedo se può essere vero che gli analisti economici delle grandi banche internazionali, per illustrare il persistente spreco di denaro pubblico nel nostro Paese, utilizzino le foto dell’Europa prese dai satelliti di notte. Immagini da cui appare una Italia più illuminata di altri Paesi. Questo afferma Carlo Cottarelli, colui che ricopre l’ingrato incarico di commissario alla Revisione della spesa pubblica nell’era Renzi.
E se invece questi analisti fossero dei sentimentali dal cuore tenero? Tenero come il tonno che si lascia tagliare da un grissino?
Bisogna fare sempre riferimento al vile denaro, anche se ci troviamo in un clima di congiuntura senza fine?
E se questi cervelloni la pensassero invece come Vivian Lamarque quando scrive: «Con questa luce forte / si vede a prima vista che l’amore mio non c’è / l’amore mio manca così tanto che non vedo l’ora che sia buio / buio pesto per non vederci più / Al buio certe volte / l’amore mio col suo profilo appare / non mi dice parole / né si lascia toccare / comunque al buio certe volte / l’amore mio col suo profilo appare»?
Se anche loro ˗ questi aridi analisti ˗ per una volta tanto parlassero male delle luci al solo scopo di vedere, al buio, il profilo dei loro amanti?
Nossignore, ˗ insiste testardo Cottarelli ˗ si tratta proprio di una denuncia di spreco. E lui è d’accordo con quei signori. Basterebbe ˗ dice ˗ spegnere le luci “non necessarie” per risparmiare 100-200 milioni nell’immediato. Nelle foto che circolano, l’Italia, specie il Nord, sembra in piena luce come solo il Belgio, Londra, parti dell’Inghilterra e Parigi.
Risultato: il consumo annuo pro capite per illuminazione pubblica in Italia è di 107 kWh, più del doppio di Germania e Gran Bretagna e un terzo in più della Francia.
«Questo ˗ prosegue il commissario ˗ comporta uno spreco di denaro pubblico (l’illuminazione stradale costa circa due miliardi di euro e grava prevalentemente sui Comuni) e un inquinamento luminoso i cui danni non vanno sottovalutati». E qui sono perfettamente d’accordo specie per quanto riguarda l’inquinamento che, nelle città, impedisce di vedere le stelle in tutta la loro brillantezza e nelle campagne vicine ai centri abitati ci priva della poesia delle lucciole.
All’obiezione che l’eccessiva illuminazione derivi dalle «abitudini latine di passare all’aria aperta le serate» Cottarelli replica che l’Italia appare molto più luminosa anche all’una e trenta di notte, «quando si può presumere che la maggior parte degli italiani stia ormai a letto».
Qui, invece, dissento. Evidentemente il commissario non ha figli o nipoti che, in qualsiasi stagione dell’anno, escono intorno a mezzanotte e si ritirano quando il sole è già alto all’orizzonte. A meno che, anche da noi, non si voglia fare come in Francia dove, in molte cittadine, le autorità hanno introdotto un “coprifuoco” (dalle 23 alle 6) per gli adolescenti (sotto i 13 o i 16 anni) per sottrarli ai pericoli e istituire una sorta di protezione sociale.
E ˗ sempre lui, il commissario ˗ afferma che non è nemmeno dimostrato il legame tra intensità dell’illuminazione stradale e tasso di criminalità. Sarà! Ma se adesso la malavita agisce con i caterpillar per asportare interi bancomat, figurarsi il regalo che si farebbe loro se facessimo calare il buio per le strade.
Cottarelli ritorna coi piedi per terra quando precisa che non si tratterrebbe di spegnere realmente le luci, ma di sostituirle con tecnologie Led, riducendo l’illuminazione di strade a scorrimento veloce, di aree ad uso industriale o artigianale e di zone urbanizzate non edificate. Insomma, secondo lui, per risparmiare fino a un miliardo è possibile investire sull’ammodernamento dell’illuminazione attraverso forme di partenariato pubblico, privato o utilizzando fondi europei.
Questa discussione in margine alla Spending review mi fa tornare alla mente la descrizione che il massimo poeta dell’India moderna, Rabindranath Tagore ˗ Premio Nobel per la Letteratura nel 1913 ˗ fa, ancora 17enne, al suo arrivo a Brindisi nel 1878, prima tappa di un viaggio in treno verso l’Inghilterra:
«L’Italia fu il mio primo contatto con l’Europa. In quei giorni le navi a vapore si fermarono a Brindisi e ricordo ancora quando approdammo, era mezzanotte con una grande luna piena. Corsi velocemente sul ponte dalla mia cuccetta e non dimenticherò mai la scena meravigliosa che mi si presentava prendendo forma nel silenzioso mistero del chiarore lunare, la vista di un’Europa addormentata come una giovane donna che sogna di pace e di bellezza. Era una fortuna per me che Brindisi fosse una piccola città, non dissimile dalle scene abituali della mia infanzia. Ebbi la certezza che il mio cuore si schiudeva a me per accogliere il ragazzo poeta che, benché giovane, si sentiva in quei giorni un sognatore senza tempo. Provai una grande emozione appena scesi dalla nave per trascorrere le notti di quei giorni di rinascita in un albergo di terza classe, senza luce elettrica e altri servizi. Sentii di essere tra le braccia della grande madre Europa e il mio cuore sembrava percepire il calore del suo rassicurante petto».
Ne è passata di acqua sotto i ponti, o meglio, attraverso il Canale Pigonati, ma la visione che ne ebbe Tagore non dev’essere stata molto dissimile da quella che avrebbe avuto oggi. A parte l’abbaglio che ai giorni nostri viene dall’impatto dei fasci dei proiettori con l’antico marmo greco delle Colonne romane.
Quanto a Cottarelli dobbiamo rassicurarlo che a Brindisi non abbiamo paura del buio e che siamo d’accordo con lui per quanto riguarda i tagli all’illuminazione.
Credo che nessuno possa negare lo spreco di luci accese in pieno giorno nelle piazze e nelle vie urbane ed extraurbane della città. Per non parlare dei faretti sistemati, per motivi di sicurezza, sulle facciate degli edifici pubblici e non (tra i tanti, anche quelli a protezione di Palazzo Montenegro…). Cattivo funzionamento dei crepuscolari? Sicuramente. Ma questo non può costituire una giustificazione al dispendioso spettacolo di luminarie diurne.
Comunque per rassicurare del tutto Cottarelli dobbiamo raccontargli la storia di quando, al Castello Alfonsino, furono realizzati gli interventi di illuminazione Artistica & Design ad opera di Enel Sole, affinché cittadini e turisti potessero godere della sua bellezza anche durante le ore notturne.
E bisogna spiegargli che non sono stati i ladri di rame e l’assenza di controlli a rispedire il Castello al buio. Nossignore. Si è trattato della prima applicazione, in Italia, di una cosciente politica di risparmio energetico!
Non solo! Nella decisione di chi ha provveduto ˗ per il bene della città ˗ a portare via i cavi di rame ha pesato anche una sensibilità artistica fuori dal comune. Volete mettere l’effetto artificiale creato dalle lampade con quello che è in grado di fornire ˗ senza costi per la bolletta elettrica ˗ un chiaro di luna sulle pietre di càrparo che per tutto il giorno si sono imbevute dei raggi del sole, fino a diventare d’un magico color rosso?
Se poi, come sottofondo, aggiungessimo anche le note della sonata di Beethoven, la magia sarebbe veramente completa…
Guido Giampietro
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