July 15, 2025

COME ERAVAMO, NOI GENERAZIONE DEGLI ANNI ‘60
Viaggio alla ricerca delle cose, delle storie e delle emozioni vissute sotto la dolce ala della giovinezza
di Gabriele D’Amelj Melodia

 

IV- LA SERA ANDAVAMO IN VIA SPARANO
Se Eugenio Scalfari andava in via Veneto, noi andavamo in via Sparano. Egregio messer giudice Sparano da Bari, insigne giurista, ma chi te lo doveva dire che saresti diventato così famoso perché, proprio a te e non per esempio al tuo collega e sodale Andrea, avrebbero intitolato la strada più nota della città? Bah, anche da morto ci vuole culo… Facevamo molte vasche, sempre appresso a donzelle ridanciane, e qualche volta ci si fermava davanti alle vetrine della “Laterza” per vedere chi c’era dentro. A volte riuscivamo a scorgere le teste canute di Fabrizio Canfora o di Tommaso Fiore. Poi ci si sedeva sui gradini di San Ferdinando e si parlava di tutto. Di politica, di calcio, di ciclismo, di cinema, di ragazze. Quel Sivori era un mago, Maldini uno dal piedino vellutato, Schnellinger un cavaliere romantico della difesa, forse a causa del suo cognome che faceva tanto“Sturm und drang”. E Gimondi, guarda che quando è in forma non lo fotte nessuno..Chi Mimma? No, è fuori portata,quella se la fotte Pino… Dite quello che volete ma quel Pasolini è un poeta! Che soltanto il fatto che ha scoperto Matera come set, uè dico, questo ha portato alla ribalta i sassi, ha fatto recitare alla madre la parte della Madonna ,quello spagnolo sconosciuto nel ruolo di Gesù: oh, sarà pure dell’altra sponda, ma questo qui è un genio!” (Vangelo secondo Matteo).
Il film che invece non ci piacque affatto fu “Deserto rosso” di Antonioni. Il film era del ’64, ma noi lo vedemmo un paio di anni dopo al comunale di Bitonto, città con una singolarità riguardo alla fruizione degli spettacoli cinematografici. i bitontini infatti, almeno in quegli anni, erano usi manifestare il loro parere a fine proiezione. In genere applaudivano ma quella sera ci furono pochi applausi, molti mugugni e qualche fischio. Troppo sofisticato il concetto di “incomunicabilità” per quella pragmatica gente abituata a cavar olio e non fumo, e pure per noi studentelli di belle speranze. Eravamo al primo anno di università e avevamo imparato a “posare” con “Paese Sera” infilato nella tasca dell’ eskimo. Ma poi ci affezionammo davvero a quel giornale, che era eccezionale. Portava, tra le altre, la firma di Peppino Fiori e di Sandro Curzi, e nella pagine sportiva di un tale Gianni Ranieri, penna brillante ed ironica oggi dimenticata. Inoltre, udite udite, fu il primo quotidiano a pubblicare strips di fumetti! Molti di noi acquistavano anche il settimanale Espresso, allora nel formato lenzuolo, specializzato in inchieste molto toste (Il caso Sifar, la battaglia per il divorzio ecc.)
AVVIAMOCI ALLA CONCLUSIONE DEL LUNGO VIAGGIO…
E così siamo arrivati all’ultima curva del lungo percorso-amarcord che ha visto il mio galoppare fantastico alla ricerca del tempo perduto e ritrovato. La croccante focaccia dei panifici “Papa” fu la nostra “madeleine” quando, una decina di anni fa, organizzammo una bella rimpatriata stringendosi tutti a coorte, ma di una ricca tavola in bandita di un noto ristorante di via Putignani. Il vino, come il rimpianto, scorse a fiumi. Ci furono vari brindisi, mentre i più loquaci si producevano in dettagliate carrellate di riesumazioni di fatti, luoghi, vecchi film, canzoni… Qualcuno tirò fuori addirittura le imitazioni che facevamo dei professori più ridicoli, Mariangela, l’intellettuale per antonomasia, subito partì con “Tìtire tù patulàe /recubàns sub tègmine fagi (Chissà, Maestro Virgilio, se componesti questi versi nella nostra ventosa Brundisium ), si tirarono poi fuori vecchie polemiche (la Gilera era più ganza del Morini?, la vespa GS molto più scattante della Lambretta 175?

Oh, ricordate le ‘500 e le ‘600 Fiat, la prima col raffreddamento ad aria e col campo non sincronizzato? A voglia! E che dire della ‘600 multipla, quell’orribile bruco brutto come l’auto delle suore…aspè, come si chiamava…ah sì, la Prinz! Però la multipla era un cesso ma spazioso! Ti ricordi che andavamo a mare in sette, qualche volta in otto..E parlando di lidi, di estate, il discorso non poté che cadere sulla mitica “Rotonda” di S.Spirito, un luogo di culto, proprio come S. Apolinare lo è stato per i brindisini. Vi giuro che, se chiudo gli occhi e mi concentro, sento ancora l’odore intenso, pungente di quel mare di scogli. Le ciambelle fritte con lo zucchero che vendeva Raffaele costavano 30 lire cadauna, mentre le “pelose” che arrivavano verso mezzogiorno assieme alla focaccia, mi pare costassero 40 lire l’una (Non debbo certo spiegare ai brindisini che si trattava di caùri lessi). In quegli anni il lido era frequentato dai germani Michele e Margherita Mirabella e dai suoi genitori che avevano una villetta poco distante, a due passi da villa Ciofffrese-D’Amelj. Michele era alto, magrissimo, con sulla testa un nido di capelli rossi. Serio e taciturno, sempre con un libro in mano. Noi lo sfottevamo un po’ chiamandolo il “Cohn Bendit”di Bitonto…amava Pirandello e Brecht, infatti si laureò con una tesi sull’agrigentino e, quando arrivò a dirigere il C.U.T barese (Centro Universitario Teatrale), uno dei primi lavori che mise in scena fu “Tamburi nella notte”, in seguito portato anche a Brindisi dove andò in scena nel sottano del Museo Ribezzo(1971?). Eravamo arrivati al dolce e l’atmosfera goliardica, ben lubrificata dai vini e dai liquori, non poté che sfociare in una sigla di coda a base di canzoni d’antan. Spuntò una chitarra chissà da dove e fu tutto un tripudio di cuori pavoneschi, di pregherò celentaniani, di lacrime sul viso,di granelli di sabbia, di sapori di mare, di watussl, gli altissimi negri…la solita ex secchiona tirò fuori addirittura una dimenticata versione italica della Little Darling del grande Elvis che, nella parte sussurrata faceva pressappoco così “Piccola cara, anche se l’azzurro del cielo mi ricorda i tuoi occhi e il rosso del tramonto le tue palpide labbra, scrivi a me che son tanto lontano.

Sai, il mormorio del vento non è quella tua splendida voce, ecc.” ( quell’aggettivo “palpido”, di provenienza spagnola, non l’avrei più sentito in vita mia). Bene,q uella scoppiata di Mariangela l’accennò nella traduzione latina che aveva fatto all’epoca:”Parva cara, etiamsi cerulum coeli me obliscit oculos tuos et rubrum occasi tua tenera labia, scribi mihi qui tantum longe sum…
Sì, è proprio passato un secolo dai tempi della nostra gioventù, troppi i cambiamenti nel costume, nella società, troppi i progressi della tecnologia, ma…ma nel cuore dei ragazzi albergano sempre gli stessi sentimenti, perché le emozioni umani possono anche subire condizionamenti esterni però, nel loro nucleo, rimangono immutabili. Questa generazione che Michele Serra ha immortalato con la felice definizione di “Sdraiati”, non è in fondo molto diversa dalla nostra o da quella dei nostri figli. E se noi, garzoncelli scherzosi di allora fossimo vissuti nella liquida realtà del mondo d’oggi ci saremmo comportati esattamente come loro, forse perché, come aveva intuito Montale, “ la storia non contiene il prima e dopo…la storia non è magistra di niente che ci riguardi”. Staremmo anche noi tutto il dì con le cuffiette e la testa piegata sul display. Avremmo anche noi orecchini, piercing e braccia tatuate, leggeremmo solo Hanry Potter e la sera ci faremmo qualche spinello e qualche drink, andremmo a ballare non più negli scantinasti o sulle terrazze ma nei disco pub e nelle discoteche. Ognuno è figlio del suo tempo, deve vivere la propria socialità, non può certo isolarsi in un eremitico dissenso totale. Può solo attuare le difese che scaturiscono dalla sua educazione e intelligenza, moderando per quel che è possibile comportamenti e stili di vita.
Prima o poi i ragazzi d’oggi realizzeranno il loro equilibrio e spiccheranno il volo verso la maturità e il senso di responsabilità, proprio come avviene al giovane protagonista della bella favola serrana. E quando avranno voglia di farsi quattro risate potranno sempre ricorrere ai vecchi nonni e ai loro “pazzeschi” racconti sui favolosi anni sessanta.
(fine)

 

Gabriele D’Amelj Melodia

Come eravamo, noi generazione degli anni ’60. I Parte. Di Gabriele D’Amelj Melodia

Come eravamo, noi generazione degli anni ’60. II Parte. Di Gabriele D’Amelj Melodia

Come eravamo, noi generazione degli anni ’60. III Parte. Di Gabriele D’Amelj Melodia

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