May 8, 2025

Non so dire se tra le funzioni proprie di Confindustria vi sia anche quella di assumere le vesti di difensore d’ufficio di una propria associata (con tutti i limiti propri delle difese d’ufficio…), quel che è certo è che le precisazioni del presidente Marinò si prestano a rilievi non proprio trascurabili o marginali.

 
Intanto tengo a puntualizzare che la mia personale cultura politico-economica m’impedisce di essere schierato nelle falangi antindustriali. Al contrario, continuo a ritenere che, al di la delle evanescenti utopie che periodicamente fanno capolino all’interno del dibattito sui temi dello sviluppo, ancora oggi è l’industria che più di altri settori può assumere il ruolo di motrice della crescita del territorio.

 
Una industria, però, capace di far sua la riflessione di qualche giorno fa di Sergio Marchionne circa i limiti e le possibili devastanti conseguenze di un capitalismo amorale in cui il conseguimento del Dio Profitto sia il frutto di una mera ed esclusiva avidità di guadagno, spregiudicata e senza freni, e quindi non coincidente con quella metodologia di gara “ad asta inversa” che, nel concreto, molto spesso costringe i concorrenti a superare, e di molto, la soglia al di la della quale non vi è più la seppur minima redditività d’impresa.

 
Può anche essere, come dice Marinò, che tale metodologia sia utilizzata nel mondo delle imprese. Ma se ciò dovesse corrispondere al vero non saremmo al cospetto di una attenuante, ma del suo esatto contrario. E comunque, almeno sotto questo profilo, credo di poter vantare una sicura coerenza, essendo stato colui che negli anni trascorsi in Parlamento condusse impegnative battaglie riguardo le cosiddette gare on line, e tutto ciò nonostante il convinto apprezzamento, che rimane, per il colosso elettrico.

 
Comunque le finalità della nota erano molto più complesse in quanto volevano procurare una discussione seria su come “oggi”, non ieri né domani, Enel intende stare sul territorio che ospita la più grande centrale elettrica italiana.

 
Nella già richiamata difesa (d’ufficio) si afferma la positività delle attuali cosiddette relazioni industriali. Sarà pure così, ma in tal caso mi si dovrebbe spiegare se i rilievi posti qualche giorno fa dalla Uil sono il frutto della fantasia di Curto, oppure la spia di un malessere che, per quanto mi riguarda, ritengo debba essere ben compreso prima e superato poi.

 
Onde, la necessità di aprirsi ad un dibattito serio sull’ideale modello di sviluppo che dovrebbe caratterizzare un territorio, quale quello brindisino, ridotto economicamente e socialmente allo stremo.
Ovviamente nulla da obiettare rispetto all’intervento, sia pure critico, di Confindustria, sempre che lo stesso profilo di tutela delle aziende associate sia mantenuto erga omnes e non solo nei riguardi del più importante degli associati.
Perché questa riflessione? Perché qualche mese fa gli organi d’informazione ebbero a dare notizia di un altro mio intervento con cui stigmatizzavo il modo con cui un altro grosso gruppo industriale operante a Brindisi aveva fatto fuori un’azienda leader del proprio settore avvicendandola con un’altra la cui gestione era affidata a soggetti dalle discutibili performance.

 
Allora sì che attesi, infruttuosamente, che chi di dovere intervenisse. Ma purtroppo sulla vicenda calò il silenzio!

 

 
Avv. Euprepio Curto
Commissario provinciale Udc Brindisi

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