Nessun mito regge al ritorno. Quando finisce il viaggio comincia la verità. Domenica 20 luglio alle ore 21, in piazza Duomo a Brindisi, di fronte al museo archeologico “Francesco Ribezzo”, va in scena “Itaca per sempre”, con Enrico Lo Verso e Alessia D’Anna, per la regia di Alessandra Pizzi. Alle ore 20.30 la compagnia incontra il pubblico. È il primo appuntamento della rassegna estiva di musica e teatro “Verdi in Città”, giunta alla terza edizione e organizzata dalla Fondazione Nuovo Teatro Verdi con il sostegno del Comune di Brindisi e la collaborazione di Puglia Culture e del Polo Biblio-Museale di Brindisi. L’ingresso è libero. Al termine dello spettacolo, il pubblico sarà invitato a una degustazione di vini a cura delle cantine “Otri del Salento” e “Vignuolo”.
“Itaca per sempre”, rilettura teatrale del romanzo di Luigi Malerba, comincia là dove l’Odissea finisce: quando Ulisse torna a casa. Ma il suo non è un ritorno trionfale. Nessuna festa, nessuna riconciliazione. Solo silenzi, esitazioni, sguardi che non trovano appiglio. È la storia di due persone che si sono aspettate a lungo e che ora faticano a riconoscersi. Ulisse è un uomo cambiato. Non ha più la sicurezza di chi parte, né l’ardore di chi combatte. È stanco, diffidente, disilluso. Porta addosso i segni del viaggio ma anche quelli di un’identità che si è sgretolata lungo il cammino. Penelope non è la figura statica e devota che la tradizione ha cristallizzato. È una donna lucida che ha imparato a vivere nell’assenza. Quando lui torna, lo riconosce subito ma sceglie di fingere. Asseconda il gioco di Ulisse che si presenta come uno sconosciuto e lo conduce fino al limite, senza cedere. Inizia così un sottile confronto, fatto di parole trattenute, strategie, attese, smentite.
La scrittura di Malerba, ironica e tagliente, è una lama che incide la superficie del mito. Lo smonta con precisione, pezzo dopo pezzo, per mostrarne l’ossatura umana. E Alessandra Pizzi, con una regia asciutta e rigorosa, fa di questo testo un campo di tensione emotiva in cui ogni gesto ha un peso, ogni silenzio diventa parola. La scena è spoglia, essenziale. Lo spazio è quello di una casa qualsiasi dove due persone provano a ricostruire un linguaggio comune dopo troppa distanza. I costumi sono atemporali. I corpi parlano quanto le battute. È l’esitazione la cifra emotiva di questo spettacolo: il passo incerto di chi non sa più dove mettere i piedi, nemmeno in casa propria.
Lo Verso e D’Anna si muovono con precisione dentro questa dinamica. Lui tratteggia un Ulisse vulnerabile, tormentato, a tratti impaurito. Lei dà a Penelope una fermezza che non è durezza ma consapevolezza. I due si osservano, si parlano, si feriscono. Cercano di ritrovarsi ma non sanno più come. La distanza non è solo geografica, è interiore. Non è la lontananza dei corpi ma quella delle aspettative, delle immagini che ciascuno si è fatto dell’altro. È lo scarto tra ciò che si desiderava e ciò che si trova davvero.
A sostenere la tensione drammaturgica, la musica dal vivo di Mirko Lodedo: partiture originali che accompagnano il racconto sottolineando la frattura, la nostalgia, il dialogo tra Ulisse e Penelope. Il suono diventa l’invisibile che scorre tra i silenzi, i gesti, le attese. “Itaca per sempre” mostra ciò che accade quando la fine del viaggio non coincide con l’inizio della pace. Quando il ritorno non basta a sanare le fratture. Quando l’amore, per quanto forte, non è sufficiente a ricucire le identità spezzate. È un racconto che disinnesca l’eroismo e lo sostituisce con la vulnerabilità. Che rinuncia al simbolo per restare ancorato alla materia viva delle relazioni. Ed è forse questo il suo potere: dire qualcosa di noi, delle nostre storie, dei nostri ritorni. Chiunque abbia aspettato qualcuno, chiunque sia stato lontano, chiunque abbia provato a tornare – e abbia scoperto che nulla è come prima – si ritroverà in questo dialogo teso, in questa ricerca muta, in questa malinconia che non si lascia spiegare. Perché Itaca non è un luogo. È una possibilità. E qualche volta, una possibilità mancata.
No Comments