I MIGLIORI LIBRI DELLA NOSTRA VITA
Ove si (s)parla di libri che hanno influenzato il nostro io, illuminandolo d’immenso.
Di Gabriele D’Amelj Melodia
(IV parte)
IL MOSTRO ANDREA CALOGERO CAMILLERI
Camilleri meriterebbe un saggio a parte. E’ uno dei più prolifici narratori di sempre. Credo abbia pubblicato una cosa come centodieci libri. Io prediligo il Camilleri saggista e quindi lavori come “Biografia del figlio cambiato”, “Il cielo rubato”, “La moneta di Akragas”, “Acqua in bocca”, “La Vucciaria”, e romanzi orfani di Montalbano quali “La presa di Macallè”, “La mossa del cavallo”, “La scomparsa di Patò” e, su tutti, “”La concessione del telefono”, una vera chicca che è un crogiolo di giallo, parodia, critica sociale e fine umorismo.
Quella che invece a me piacce di meno è l’ infinita serie con il commissario, con tutti i suoi topoi un po’ frusti: lo slang vigatese, la macchietta Catarella, l’ineffabile Livia, le triglie al cartoccio ecc. Da non perdere anche “La creatura del desiderio”, “Donne” e “Esercizi di memoria”.
Ma chissà quanti altri regali ci farà questo ragazzo di ben novantatrè anni!
DOVEROSO OMAGGIO A UN ACUTO NAPOLETANO
Di lui non ne parla più nessuno. Perché ha ormai 90 anni e non sta bene. Ma Luciano De Crescenzo è stato un grande, che ci ha fato sorridere ma anche riflettere, ed io mi sono goduto quasi tutti i suoi libri, a cominciare dal suo primo lavoro “ Così parlò Bellavista “ ( 1977 ) fino all’ultimo “ Stammi felice “ ( 2015 )
ALTRI LIBRI ED AUTORI … DI MODA
Beh, i libri pubblicati e diffusi sono un infinità, non si può né averli e leggerli tutti ( il sogno dei bibliofili ), né citarli tutti, fasciamo allora solo una carrellata di quelli che sono andati per la maggiore: A. De Carlo, A. Vitali, Moccia, Baricco, Murgia, Gamberale, Volo, Veronesi, Malvaldi, Lucarelli, Carlotto, Carrisi, N.Lagioia,C. Tani, E. Ferrrante, Allende,Coelho, Follett, Ruiz–Zafon, J. Safran-Foer.
Di questi romanzi più o meno da spiaggia ne ho letto diversi, ma nessuno mi ha davvero entusiasmato, tranne forse “Ogni cosa è illuminata” di Safran-Foer e “Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Haddon, sofisticato giallo del 2003 vincitore di numerosi premi letterari internazionali. In genere, tra un poliziesco di un Durrenmatt ed uno contemporaneo, c’è la stessa differenza che passa tra un assolo di Carlos Santana ed uno di Vinicio Capossela e, tra una narrazione di Tabucchi ed una di Baricco, lo stesso divario che ci può essere tra l’immensa “Emozioni” di Battisti e la scipita “Non mi avete fatto niente” del duo Meta-Moro.
Insomma, chi ha il palato abituato ad una scrittura letteraria, densa, pregnante, basata non solo su di uno stile peculiare che non usi un linguaggio omologato e plastificato, ma anche su strutture narrative solide, che reggono il peso di personaggi autentici, forti, ricchi, difficilmente può adeguarsi ai requisiti medi della produzione massificata imposta dall’industria editoriale.
I LIBRI CHE NON HO LETTO E QUELLI CHE HO DETESTATO
Intanto voglio fare outing e confessare i grandi libri che non ho letto oppure ho solo leggicchiato malamente: La Bibbia, Guerra e pace, Moby Dick, Don Chisciotte, I Miserabili, La storia (di E. Morante), Il dottor Zivago (ma in compenso ho visto tre volte il film), Cime tempestose, Il capolavoro sconosciuto (di Balzac), Padri e figli (di Turgenev), J. Austen.
Ignoro anche la decantata E. Ferrante, cantora di Napoli (ma perché Serao, Malaparte, La Capria, Ortese, Rea, De Luca non ce l’hanno illustrata sufficientemente?) e il vincitore dell’ultimo Strega P. Cognetti, autore de “Le otto montagne”.
Lo so, è un limite, una grossa lacuna, ma nemmeno un lettore borgesiano può leggere tutti i libri del mondo! In quanto ai romanzi che proprio non mi sono piaciuti, la classifica è aperta dal troppo osannato “Stones” di Williams un romanzo con un encefalogramma quasi piatto, con tono e ritmo monotoni, il tutto corredato da sfumature di grigio, ben superiori alle cinquanta … Seguono a ruota “La solitudine dei numeri primi” scritto da tal Giordano, sicuramente buon matematico e fisico … e basta, “El specialista di Barcellona” di A. Busi , ben lontano dalle sue creazioni migliori, e, non mi vergogno a dirlo, nemmeno “Il Piccolo Principe” del de Saint Exupery mi è mai andato giù e così “Il vecchio e il mare “di Hemingway, autore dalla prosa scarna, paratattica, giornalistica, del quale ho apprezzato solo “Fiesta” (del resto lo stesso Ernest diceva che, secondo lui, la prosa è architettura, non disegno d’interni).
Pari delusione per “L’amante” della Duras, forse troppo sopravvalutata, e “Gita al faro” di V. Woolf, della quale avevo invece gradito la lettura di qualche suo saggio.
ED ECCOCI AL GIOCHINO DI SOCIETA’
Il gioco, abusatissimo, è quello di indicare i soli dieci libri che si possono portare con sé in un fantomatico isolotto del Pacifico. Ecco subito la mia selezione:
1) Gargantua e Pantagruel di Rabelais
2) Il ritratto di Dorian Gray di Wilde
3) Detti e Contraddetti di Kraus
4) Lolita di Nabokov
5) Auto da fé di Canetti
6) Il fu Mattia Pascal di Pirandello
7) Cecità di Saramago
8) Gli sdraiati di Serra
9) Il Maestro e Margherita di Bulgakov
10) La cognizione del dolore di Gadda
(Oh che peccato che nella decade non si possano infilare a forza, come maglioni in valigia, almeno altri due-tre capolavori “ Viaggio al termine della notte di Céline “, “Le memorie di Adriano “ della Yourcenar e “ L’illusione di Dio “ di Dawkins)
CONCLUSIONI CHE NON CONCLUDONO NULLA
Come si può chiudere un discorso che non può che rimanere aperto, visto che siamo tutti maniaci gutenberghiani ? Lasciando sempre una porta aperta, per fare transitare le idee, per dare ricambio all’aria, alle pagine dei libri e ai nostri cervelli.
Anche uno dei romanzi più significativi del 900, “ L’uomo senza qualità “di Musil, finisce senza fornire il classico finale, la convenzionale “ Chiusa “ che i prof. pretendono per i temi. Musil anticipa l’intuizione di U. Eco ( “ Opera aperta “ è del 1962 ) e degli strutturalisti francesi, in primis di Roland Barthes, il grande studioso che concluse tragicamente la sua vita investito da un furgoncino, proprio l’anno in cui Eco debuttava come romanziere con “ Il nome della rosa “ ( 1980 ).
Parafrasando il vecchio Feuerbach, possiamo dire che noi siamo ciò che leggiamo. E’ chiaro che, se ci sforzassimo tutti di non accontentare sempre la pancia ma di mirare anche a nutrire la materia grigia, ci sarebbe una migliore circolazione di idee e un superiore appagamento intellettuale.
Ma va bene comunque, perché ognuno do noi ha un suo particolare daimon ispiratore, perché leggere sempre un atto di libertà, un affrancamento dal bruto schiavismo del P.C., degli stupidi social e dell’elettrodomestico più invasivo del mondo (la TV) il quale, favorendo la conoscenza solo attraverso le immagini, depriva l’intelletto del gratificante piacere dell’immaginazione da lettura.
Il nostro motto è dunque “Leggo ergo sum”. Ci illudiamo così di partecipare in modo attivo al processo culturale del Paese. Ora, l’ultima querelle-provocazione degli intellettuali è: “Ma la cultura ci rende migliori?”
Io non so se ci rende tali, so però che sicuramente ci rende “diversi”, e noi andiamo fieri di questa diversità.
Cicerone scriveva che una casa senza libri è come un corpo senz’anima, il già citato Barthes diceva che la letteratura forse non fa cammina, ma fa “respirare”.
Noi rivendichiamo orgogliosamente la “ librodipendenza” (morbo assai meno grave della nomofobia e della “feisbukdipendenza”), commiserando tutti coloro che nella propria scialba vita si sono privati di questa autentica gioia, e rivolgendo loro il medesimo appello che i napoletani scrissero sul muro del cimitero della città partenopea all’indomani della conquista del primo storico scudetto di calcio (1987) “Uagliù, nun sapit che vi sit pers!”
Gabriele D’Amelj Melodia
( Fine )
I migliori libri della nostra vita. Parte I
I migliori libri della nostra vita. Parte II
I migliori libri della nostra vita. Parte III
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