Gentile direttore, sono triste e deluso. E anche amareggiato. Per due fatti riportati dal suo giornale.
I due accadimenti causa del mio scoramento sono questi: il sindaco in una occasione ha dato del pezzo di merda ad un consigliere comunale e, in altra circostanza, un altro consigliere comunale ha dato al sindaco dell’immorale.
In tutti e due i casi, la persona offesa ha ritenuto di dover adire le vie legali ed ora si attende che un giudice si esprima sull’accaduto stabilendo se vi siano stati o meno elementi di reato.
Ma si può? Ma nel 2014, dopo secoli di storia e di letteratura, dopo gli sforzi sovrumani che abbiamo fatto per uscire dalle caverne, dopo le migliaia di anni che ci son voluti per diventare sapiens sapiens, dopo Dante Alighieri e San Francesco, dopo Giambattista Vico e Machiavelli, dopo Leopardi e D’Annunzio, dopo Ungaretti e Baricco, ce ne possiamo uscire con “pezzo di merda” e “immorale”?
Sapendo di avere una platea pronta ad ascoltare le nostre parole in quanto rappresentanti del popolo, ci si può limitare ad un singolo aggettivo o, al massimo, ad un rozzo complemento di specificazione?
Ma si può insultare in modo così banale e scontato?
Che tristezza! Che delusione! Che amarezza! E che ignoranza!
La tecnica dell’insulto è antica, preziosa e raffinata; è un’arte e, come tutte le arti, ha le proprie regole da osservare e le proprie tecniche da studiare ma, soprattutto, per essere davvero efficace deve uscire fuori dall’ordinario e dallo scontato, deve denotare gusto, intelligenza, ironia, intuito e profonda padronanza della lingua.
E, perché no, cultura e raffinatezza.
Il grande, nobile, presuntuoso, innamorato, dolce Cirano di Bergerac non sfida a duello e poi ferisce a morte il visconte di Valvert per un insulto – Voi avete un naso .. ecco un naso … molto grande – ma per la mancanza di fantasia del visconte .
E’ quella banalità che urta Cirano ed ecco perché la vera vendetta verso quell’insultante improvvisato non è batterlo in duello ma insegnargli ad insultare – Eh no ! E’ un po’ poco ragazzo mio. Ce n’erano di cose da dire sul mio naso, diamine, e di toni da sfoggiare. Per esempio, vediamo – E da qui seguono venti modi diversi di insultare chi ha un grosso naso che Cirano declama mimando le diverse sfumature dell’insulto facendo sghignazzare tutta la plebe che assiste alla discussione passando da un tono descrittivo – E’ una montagna, un picco, un promontorio ! … Ma che dico un promontorio? E’ una penisola – ad uno drammatico – Quando sanguina, sembra il mar rosso – e poi ancora dal tono aggressivo – Io signore, se avessi un naso simile, me lo farei tagliare – a quello più semplice – Quando si può visitare il monumento ? – .
A quel punto il visconte ha già perso la partita e Cirano è libero, circostanza minore ed occasionale, di ferirlo a morte con la sua spada; la vera lezione era quella semantica.
Se la citazione appare troppo datata veniamo agli insulti di cui sono fatti oggetto sia Brunetta che Berlusconi.
Non c’è corteo di ignorantelli sinistrorsi che non affibbi ai due l’aggettivo nano; e questo dovrebbe dispiacere a due furbacchioni del genere?
Cioè, davvero qualcuno pensa che chiamare nano Brunetta possa essere considerato un insulto? E soprattutto che riesca ad offendere l’insultato?
Ciò che pensa Brunetta quando viene chiamato nano è che se l’insulto è tutto lì probabilmente si trova di fronte un insultante affetto da nanismo cerebrale.
La stessa cosa Brunetta non avrà potuto pensare invece di D’Alema quando si sentì dare dell’energumeno tascabile, perfetto e lapidario ossimoro da lasciare senza risposta ben altri fisici.
Ecco perché i giovinastri di sinistra non se li caca nessuno e Massimo D’Alema è Massimo D’Alema; perché sa insultare.
Anche Checco Zalone non scherza – evviva Brunetta, persona come si deve, evviva tutti e sette, evviva Biancaneve – anche se l’apoteosi dell’insulto ad una persona di bassa o bassissima statura rimane segnata dai versi di De Andrè – è una carogna di sicuro, perché ha il cuore troppo, troppo vicino al buco del culo -.
Lo so che a questo punto qualcuno obietterà che la situazione, la rabbia, l’emozione del momento non permettono simili finezze linguistiche e che per certe persone in alcune circostanze è meglio l’aggettivo secco, unico, stringato: stronzo, scemo, farabutto, traditore, verme, a seconda della categoria che si vuole evidenziare.
Quello che si richiede all’insultante, anche in simili circostanze di obnubilamento momentaneo, è però un piccolo sforzo che se scemo, stronzo o altro deve essere , almeno che ci sia un piccolo condimento del tipo di quelli di Totò – Lei è un cretino ! Si informi! – laddove l’imperativo categorico che segue la prima affermazione serve a convincere l’insultato che essere un cretino è oramai giudizio ampiamente diffuso e condiviso dalla generalità dei concittadini.
Dimmi come insulti e ti dirò chi sei insomma, e se non proprio chi sei, dai tuoi insulti si potrà capire quanto tu sia osservatore, arguto, fulmineo, colto.
Il fatto che rappresentanti del potere politico di questa città insultino con pezzo di merda e immorale è già grave in sè, ma ancora peggio è che l’insultato al posto di provare misericordia per un insultante così sprovveduto lo citi pure in tribunale costringendo un giudice a certificare non già il reato penale dell’ingiuria ma quello ben più grave della banalità.
Va da sè che, a mio parere, in queste due specifiche occasioni, dovrebbero essere proprio gli insultanti ad essere condannati. ma tant’è … … …
Insulto d’autore insomma.
La storia e la cronaca ne sono piene, basta saperli cercare.
Gli attori
– Nicole Kidman intervistata da Vanity Fair a proposito del suo divorzio da Tom Cruise : “E adesso, Nicole, cosa farai ?” risposta “Ricomincerò a mettere le scarpe con i tacchi”.
I nostri padri costituenti
– Vittorio Emanuele Orlando aveva più volte punzecchiato Francesco Saverio Nitti per la sua camminata da vecchio inabile e il Nitti aspettò l’intervista buona per dichiarare “La vecchiaia: a qualcuno prende le gambe ed ad altri la testa. Orlando cammina benissimo”.
I grandi autori
– racconta Borges che durante una accesa discussione di natura teologica, un tale ricevette in faccia un bicchiere di vino. L’aggredito non battè ciglio e disse all’offensore “Questa, signore, è una digressione: aspetto la sua argomentazione”.
I grandi autori e i grandi politici
– telegramma del commediografo George Bernard Shaw a Winston Churchill “Le ho riservato due posti a teatro. Venga con un amico, se ne ha uno”. La risposta di Churchill fu velocissima e affidata ad altro telegramma “ Grazie. Verrò alla seconda rappresentazione. Se ci sarà”.
Si potrebbe andare avanti all’infinito ma dobbiamo fermarci qui elaborando una citazione di Mark Twain “Lettore, supponi di essere un idiota; e supponi di essere un consigliere comunale: ma oggi mi sto ripetendo”.
Absit iniuria verbis
A.Serni
No Comments