Ho deciso di non leggere più nulla sulle dichiarazioni dei candidati sindaci e di non seguire più i talk show televisivi e ciò in quanto quasi tutti, apoditticamente, non avendone alcuna reale competenza e solo “pappagallando”, blaterano programmi di “sviluppo sostenibile” e “bonifiche” che interesseranno la zona industriale.
Alla “fiera delle sciocchezze” non manca mai, a distanza di 16 anni dal Decreto (10/01/2000) con il quale il Ministero dell’Ambiente ha perimetrato il Sin di Brindisi, il beota di turno che continua a parlare della “perimetrazione” fra le più estese d’Italia; bastava verificare l’estensione del SIN di Taranto, senza sforzarsi di verificare Marghera, Priolo-Augusta, ecc., per accertarsi che quella di Brindisi è inferiore (113,2 Kmq rispetto a 116,93 Kmq)!
Di certo costoro non hanno considerato che su un’estensione di 5.733 Ha di terreni del SIN, ben 3.241 Ha sono costituiti dai terreni agricoli compresi fra la zona industriale e la centrale di Cerano e che dei restanti 2.492 Ha, costituenti la zona industriale, ben il 35,5% (884 ha) risultano ancora liberi da costruzioni industriali.
Di certo costoro non si sono posti il quesito: per quale motivo la zona industriale di Brindisi è la 14^ per estensione in Italia? Vi erano forse interessi privati da consolidare?
Costoro chiedono, senza cognizione di causa, la riduzione della “perimetrazione” basandosi solo ed esclusivamente su quella che appare un’eccessiva dimensione e non conoscendo le procedure normative che possono portare ad una “restituzione all’uso legittimo” dei terreni che, nella sostanza, equivale ad una “riduzione” dell’area vincolata.
Nel corso di questi 16 anni si è registrata anche l’ipotesi che la zona industriale potesse essere stata perimetrata a “macchia di leopardo”, garantendo con ciò, presumibilmente, i soliti e beceri interessi della politica e di qualche potente notabile; bene ha fatto, a mio avviso, il Ministero a perimetrale l’intera area industriale e conoscere concretamente le reali condizioni di contamina-zione ed inquinamento; del resto non poteva fare diversamente da quanto riportato alla L.426/1998, art. 1 comma 4 che individuava, nei comuni, solo un parere consultivo.
Resta il fatto, che la “perimetrazione”, effettuata dal Ministero dell’Ambiente (e non da altri), tanto vituperata per estensione, guarda caso, ha permesso di individuare, con fondi pubblici, nella zona agricola una “contaminazione acuta” delle matrici ambientali pari a circa il 71% per il suolo e sottosuolo e di circa il 61% per la falda freatica; zona agricola per la quale una delle “analisi di rischio” effettuate da ARPA ha interdetto la presenza dei lavoratori per solo 120 giorni all’anno!
Costoro si chiedano: se non ci fosse stata quella “perimetrazione” estesa alla zona agricola, avremmo mai avuto cognizione dello stato di contaminazione esistente? Avremmo mai pensato di provvedere alla “bonifica” delle matrici ambientali contaminate, per evitare che i prodotti agricoli bio attraenti i metalli pesanti (lattughe, cavoli, ecc.) continuino a far parte della catena trofica alimentare umana, incrementando la morbilità registrata?
In merito alla zona industriale va detto che la caratterizzazione chimica, effettuata dal Consorzio ASI (per delega) con fondi pubblici e per qualche decina di Me, ha interessato ben 733 Ha di cui, come riportato dalla stesso Consorzio, ben 638 Ha di privati ma di “pubblico interesse” e solo 95 Ha di “pubblica proprietà”.
Si chiedano i candidati sindaco e gli aspiranti consiglieri quale è il “pubblico interesse” per il quale sono stati caratterizzati, con fondi pubblici, terreni di privati? E chi sono questi privati? Personalmente mi auguro che prima o poi qualcuno faccia chiarezza.
Vi è, inoltre, la richiesta (condivisa) di effettuare la caratterizzazione chimica del Quartiere/Villaggio residenziale San Pietro che però, guarda caso, non rientra nella perimetrazione del SIN di Brindisi, costituendone un ampliamento! Non è questa un’incongruenza rispetto alla blaterata enorme estensione della “perimetrazione”?
Infine, nessuno fa riferimento a quanto sta avvenendo circa i 25 Milioni di euro che il CIPE, con Delibera n. 66 del 06.08.2015, ha destinato, con titolarità al Comune di Brindisi, per l’Accordo di Programma per la bonifica del 2007.
Ebbene, nel nuovo Accordo di Programma Quadro (APQ), alla tabella n. 4, sono riportati gli interventi previsti e concordati fra Comune, Provincia e Consorzio ASI ed elaborati dallo stesso Consorzio ASI, così ripartiti:
– “Analisi di rischio” sito specifica sui soli 121 “punti d’indagine” (di cui 30 per il Cillarese) che superano le Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) per un importo di : 1.959.730,04 €;
– “Caratterizzazione del Villaggio residenziale S. Pietro”; importo di: 306.200,00 €;
– “Impianto di Costa Morena per bonifica della falda”; importo di: 13.969.700,00 €;
– “Impianto di Fiume Grande per bonifica della falda”; importo di: 8.764.369,96 €.
L’Accordo di Programma Quadro è stato recentemente approvato dalla Regione Puglia con D.G.R n. 449 del 06/04/16 (BURP n. 46 del 26/04/16) e nella Conferenza dei Servizi, prevista presso il Ministero dell’Ambiente per il prossimo 9 maggio, vi è al primo punto dell’ordine del giorno: “ Consorzio ASI: Stato delle attività di caratterizzazione ed analisi di rischio”.
Si chiedano tutti i candidati, quali siano i reali motivi per i quali risulta così urgente “chiudere”, in tempi stretti, l’Accordo e non attendere l’insediamento della nuova amministra-zione? Per quale motivo, avendo il Comune la titolarità dei 25 Me del CIPE, il Consorzio ASI deve conferire circa le “caratterizzazioni” e le “analisi di rischio”? Chi ha fretta in tutto ciò?
E’ giunto il momento di rivendicare il peso del “Comune” che è l’unica amministrazione che rappresenta gli elettori Cittadini, altro che Consorzio ASI!
Ed allora, bene ha fatto il Commissario prefettizio (dopo 16 anni) a bloccare l’uso irriguo dei pozzi freatici inseriti nella zona industriale e bene farà se non sottoscriverà l’Accordo di Programma Quadro, così come farebbe bene la R.P. a rivedere la deliberazione d’approvazione.
La proposta, della quale faccio dono ai candidati, mira a restituire in tempi stretti i terreni della Z.I. al legittimo uso e passa attraverso l’inutile ed incongruente realizzazione di indagini (perforazioni, campionamenti, analisi, ecc. ecc.) finalizzate alla determinazione delle “Analisi di Rischio” sito specifiche e delle relative “Concentrazioni Soglia di Rischio” (CSR).
Inutili in quanto sarà comunque necessario effettuare la “bonifica” su quei punti che risultano realmente “contaminati” e quindi là dove la concentrazione del terreno (CSC) è maggiore della CSR che verrà definita dalla “Analisi di Rischio”.
Sono perfettamente a conoscenza che l’art. 242, comma 5, del D.Lgs 152/06 e s.m.i individua la procedura della “Analisi di Rischio” quale unica per definire se un sito è realmente contaminato ma, l’esperienza mi porta ad affermare che se sono solo 91 i “punti di indagine” della zona industriale che presentano “concentrazioni difformi”, solo pochissimi di questi non risulteranno “contaminati” e saranno soggetti, però, alle prescrizioni riveniente dall’analisi di rischio.
Ed allora, perché aspettare ancora due anni (minimo) perché si facciano le “Analisi di Rischio” e non intervenire subito con la “bonifica” e “ripristino ambientale” mediante la tecnica della rimozione della porzione di terreno, il conferimento in discarica (ex situ) ed il ripristino con terreno “sterile”? Con ciò potremmo disporre, in pochi mesi, di ben 678 Ha di Z.I.!
Solo in questa maniera può essere giustificata la necessità di liberalizzate i terreni dal vincolo ministeriale e proiettare la zona industriale, parte integrante del Comune di Brindisi, verso quegli auspicati interventi di “green economy”, necessari e prodromici a quel tanto impropriamente citato “sviluppo sostenibile”.
prof. dott. Francesco Magno
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