Come, a volte, semplici suggerimenti, potrebbero alleviare le difficoltà finanziarie della Fondazione Nuovo Teatro Verdi
di Gabriele D’Amelj Melodia
Sì, lo sappiamo, la gestione del Teatro Verdi costa un occhio della testa, le spese per il personale sono a rischio , il fantasma della Provincia non ha fondi per sé, figuriamoci poi per la Fondazione, e anche il gigante Enel si è chiamato fuori dai giochi, evidentemente ritenendo più redditizio, nel ritorno d’immagine, il solo impegno profuso per sponsorizzare la locale squadra di Basket.
I finanziamenti pubblici sono insufficienti e, in questi tempi di vacche magre, sempre più orientati verso la riduzione.
Il bacino d’utenza resta più o meno invariato e non è certo con gli introiti dei biglietti che si può risanare un bilancio così complesso e gravoso.
D’accordo, la problematica è molto critica, ma allora che si fa, si vende ai …cinesi?
E’ già da un pezzo che sentiamo geremiadi di dolore, sfoghi di fondata preoccupazione conditi da un serpeggiante pessimismo, forse è giunto il momento di tentare qualche mossa spiazzante per uscire dal cul de sac.
Io non conosco i termini dello statuto fondante, i vari protocolli, le convenzioni ecc. ma mi pare strano che non siano state previste clausole di salvaguardia e di tutela, fondi di riserva o piani straordinari per far fronte ad eventuali situazioni di pre default.
Premesso che il direttore artistico del Verdi, dottor Carmelo Grassi, che conosco e stimo da almeno trent’anni, è persona seria, competente e con un bagaglio di precipue esperienze nel settore, vorrei cimentarmi nell’avanzare un pacchetto di proposte, a largo spettro proprio come un antibiotico, per cercare di curare l’illustre ammalato: il nostro giovane, amato Teatro Verdi, di salute assai cagionevole e con un futuro a rischio.
Qui occorre inventarsi qualcosa, oltre che innescare una mobilitazione, direi popolare, visto che personalmente aborro la locuzione “di massa”. Certo l’élite culturale, professionale e imprenditoriale, ha il dovere di lanciare il cuore oltre l’ostacolo e fare da traino ai cittadini di buona volontà, perché questo è un classico “Bene Comune” che rappresenta una grande e inesauribile risorsa da tramandare ai posteri, ma non basta, tutti si devono sentire coinvolti e partecipi del progetto “Salva Verdi”.
Si cominci allora a pianificare una vera e propria campagna promozionale per affittare i posti di platea per lunghi periodi da definire (sarebbe opportuno prevedere pacchetti da cinque, dieci o più anni, con i relativi costi da corrispondere anche tramite versamenti rateali a tassi agevolati, previsti da un apposito prodotto offerto da un Istituto di Credito di partenariato.
Insomma, torniamo, almeno in parte, alla vecchia idea del “palchettismo” con cui sono nati alcuni teatri, non solo in Italia.
Questa proposta sembra molto utopica, ma tentare non nuoce: a Bari, per il Petruzzelli, ci sono state donazioni da privati per circa 400.000 euro…
Noi cittadini dobbiamo metabolizzare il concetto che è da tempo terminata la pacchia dei finanziamenti pubblici che coprivano la gran parte degli oneri dei teatri e degli enti lirici.
Bisogna che ogni fruitore metta mano al portafogli, ovviamente secondo il principio, spesso inapplicato, della propria capacità contributiva.
Basta con i concerti offerti indiscriminatamente a tutti “gratis et amori Dei”.
L’offerta gratuita deve essere riservata ai soggetti deboli, con formule d’accesso che vanno individuate e ben definite. Inoltre, forse non sarebbe sbagliato incrementare la donazione del 5 x 1000 a favore della Fondazione, perché è pur vero che ci sono enti e istituti con bisogni prioritari, ma si tenga presente che questi ultimi beneficiano di elargizioni pubbliche abbastanza congrue.
Si insista nel ricercare aziende di tutto il territorio che vogliano entrare nel pool dei sovvenzionatori della Fondazione, assicurando loro la massima pubblicità possibile tramite i relativi logo che dovranno apparire su brochure, programmi, retro dei biglietti, cartelloni pubblicitari pubblici e locandine esposte non solo nel foyer, ma anche negli spogli corridoi- ingressi di platea e di galleria.
Si potrebbero anche vendere spazi per targhe commemorative da affiggere in un angolo del foyer in una sorta di “bacheca della memoria”, creare una linea di gadget (portachiavi, penne, sciarpe, agende ecc.) con la griffe del Verdi, chiedere l’autorizzazione ad istituire una speciale lotteria di sostegno.
Non so se davvero sarà varata una piccola tassa di soggiorno per turisti ma, in tale evenienza, che le somme vadano a confluire nel bilancio della Fondazione.
A livello politico, si cerchi di far approvare una legge a favore della Fondazione, ma non solo per quanto afferisce il mero stanziamento ministeriali ma anche in relazione ad altri tipi di benefici diretti e indiretti. E la Regione fa tutto il possibile per salvare il nostro Verdi?
Il teatro deve essere vivo e attivo anche nei mesi di giugno-luglio e di settembre. Si facciano convenzioni con i tour operator per far sì che i turisti che visitano Brindisi possano assistere a spettacoli ad hoc a loro riservati, anche in lingua inglese, e si dia spazio alle più qualificate formazioni teatrali locali che sono davvero di buon livello e ben in grado di allestire spettacoli a costi ridotti. Non vedo inoltre perché l’uso del teatro debba essere negato alle compagnie minori locali, quelle che presentano commedie vernacolari, tanto per intenderci. Il Verdi deve assumere i connotato del classico contenitore culturale polifunzionale.
Il ridotto del teatro è inspiegabilmente un ramo secco, una risorsa del tutto ignorata e non sfruttata nelle sue potenzialità. Credo dia giunto il momento di liberalizzarlo per ogni uso, anche non propriamente riconducibile alla destinazione istituzionale. Se c’è necessità di fare cassa, allora che lo si fitti per serate di cabaret, di feste di laurea e di cerimonie varie, conventions, concerti da camera, jazz o pop, e anche per una forma corretta di ballo da discoteca. Di personale che può attendere alle funzioni di sorveglianza, apertura e chiusura, servizio bar, c’è n’è a iosa, visto che il numero di hostess e Stewart è pari almeno al doppio di quello necessario.
Queste semplici idee che ho sinteticamente avanzato, rappresentano solo un modesto ausilio per l’edificazione di un progetto solido ed esaustivo, ma, come recita il noto proverbio indice di profonda saggezza popolare, “Ogni tufo aza pareti”.
Sta a chi ha la responsabilità della gestione, della programmazione e della sopravvivenza del prestigioso teatro, adottare un piano straordinario di intervento, magari prendendo spunto da questi abbozzi di proposte per poi ampliarli, integrarli e renderli organicamente fattibili.
Noi cittadini seguiremo con interesse e partecipazione quanto sarà concretamente fatto.
Gabriele D’Amelj Melodia
No Comments