May 12, 2025

È fin troppo evidente come l’argomento Olimpiadi non rientri nella linea editoriale di questa testata online. Non del tutto, però. Perché il dibattito in corso sull’opportunità di avere le prossime  Olimpiadi a Roma, indirettamente, porta a qualche riflessione anche su vicende a noi più vicine. Tanto per non menare il can per l’aia, intendo riferirmi a “quer pasticciaccio” ­ come direbbe Carlo Emilio Gadda ­ della ristrutturazione del PalaPentassuglia.

 

Prima di queste considerazioni, però, è bene inquadrare l’argomento Olimpiadi riportando dapprima le voci dei suoi più convinti sostenitori. Che ­ e non potrebbe essere diversamente ­ sono Giovanni Malagò, il Presidente del Coni, e Luca Cordero di Montezemolo, il Presidente del Comitato promotore Roma 2024.

 

Malagò, al giornalista che gli fa notare come un elemento a sfavore dell’Italia sia la “conclamata permeabilità alla corruzione”, risponde seraficamente che è stato «preparato un protocollo sui criteri di realizzazione delle opere. Cantone distaccherà un suo uomo di fiducia per le Olimpiadi. Vogliamo prevenire, evitare riparazioni in corso d’opera o inchieste a posteriori».

 

Ma come? “Mafia Capitale” non sta insegnando niente? Entro questo mese il ministero dell’Interno deciderà sul commissariamento del Comune di Roma e qui si vuole affidare a un protocollo e a un uomo di fiducia del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione il compito di evitare che si apra un’altra falla nelle casse dello Stato? A questo punto mi trovo d’accordo con Oscar Wilde quando diceva: «Siamo tutti immersi nel fango, ma alcuni di noi guardano le stelle»!

E quali saranno le opere nuove di cui ci sarà bisogno? Malagò non ha dubbi: «Un villaggio per gli atleti, un altro Palazzo dello Sport, una struttura coperta multidisciplinare, un impianto per canottaggio, canoa, nuoto di fondo e triathlon, un velodromo, un centro per i media…». Insomma, un trenta per cento in più rispetto agli impianti già esistenti!

 

Naturalmente sulla domanda più tosta, la spesa (ipotizzata tra i sei e i venti miliardi), Malagò glissa. «Potrò rispondere a gennaio ­ afferma ­ quando sapremo quali strutture esistenti potremo utilizzare. E poi ci sono i ricavi da marketing, merchandising e diritti tv…».

 

Luca di Montezemolo, dal canto suo, dopo la parentesi Ferrari (comprensiva di una discreta buonuscita), si lancia ora in quest’altra impresa. “L’Olimpiade ­ dice ­ è uno straordinario veicolo di marketing per un Paese che ha nell’internazionalizzazione della propria economia e nel turismo le due fondamentali leve di crescita. Nei prossimi 15 anni il numero dei turisti/consumatori aumenterà di 800 milioni. Raggiungerli con i nostri prodotti e con i servizi di un turismo sempre più evoluto è per l’Italia una sfida cruciale…”.

Senza essere un super manager come lui mi chiedo se veramente si debba ricorrere alle Olimpiadi per rendere il nostro turismo più concorrenziale. O se non sia il caso d’impiegare queste ingenti  risorse, anziché nella costruzione di opere faraoniche, nella manutenzione del nostro vastissimo patrimonio ambientale e artistico. Pompei cade pezzo dopo pezzo, musei e biblioteche di prestigio internazionale chiudono, il dissesto idrogeologico sta riducendo il Paese un colabrodo e qui si pensa a costruire ancora e ancora.

 

Luca di Montezemolo (tra i mille incarichi ricoperti è stato anche Direttore generale del Comitato organizzativo dei Mondiali di calcio Italia ’90) ammette, bontà sua, che la missione per Italia ’90 fallì “perché al successo sportivo e organizzativo degli eventi non corrispose la capacità di mettere in campo progetti infrastrutturali utili e un adeguato controllo dei costi. La politica nazionale e locale, già fortemente compromessa, usò al contrario i Mondiali per distribuire risorse a pioggia (…). Ora invece ci sarà un vero e proprio Collegio dei Garanti per assicurare la completa trasparenza e il rispetto del codice di condotta del Cio (Comitato Olimpico Internazionale)”.

Per quanto detto prima non sono affatto convinto che un Comitato di Garanti possa allontanare il pericolo ­ purtroppo realistico ­ del malaffare, degli inciuci, dello sperpero, dell’ennesima offesa all’ambiente. E questo malgrado le ultime, accorate parole del Nostro: «Rinunciare per paura di non  riuscire non può essere un’opzione accettabile per una grande nazione e la sua Capitale».

 

Personalmente nutro molti dubbi in proposito. Il primo riguarda le previsioni circa i costi dei Giochi. Tanto per fare un esempio, per l’ultima Olimpiade di Londra i costi, inizialmente stimati in circa 5 miliardi di sterline, sono poi diventati 12 (alcune stime parlano addirittura di 20!).

Quanto ai benefici, si era detto che i posti di lavoro creati a Londra sarebbero stati all’incirca 70 mila. Sembra, invece, che si siano fermati a 10 mila, e molti di questi, essendo precari, non esistono più.

 

E che dire dell’afflusso turistico? Anche qui il numero dei turisti attratti nel periodo dei Giochi dalle due ultime Olimpiadi di Pechino e di Londra sarebbe stato inferiore al numero di quelli che visitarono le due città nello stesso periodo degli anni precedenti.

Infine le infrastrutture. Quelle, sportive e non, che i Giochi lasciano alle città che li ospitano, passata la festa, sono in abbandono (Atene è il caso limite) ovvero hanno richiesto un surplus di denaro per la manutenzione.

 

Ora, considerata la delicata situazione economica-finanziaria in cui versa l’Italia, il duro impatto con l’esodo biblico dai Paesi africani e, per ultimo, l’incognita di una possibile Grexit, non mi pare proprio il caso di avventurarci in quest’altra impresa.

Il mondo, fortunatamente, ci conosce molto bene e non c’è certo bisogno delle Olimpiadi per accrescere i flussi turistici. Semmai c’è da pensare ad una migliore accoglienza degli stranieri e a lasciare aperti e agibili i luoghi della cultura quando sono qui.

 

E il PalaPentassuglia cosa ha che vedere con le Olimpiadi del 2024? Una relazione ci sarebbe. Il Consiglio comunale di Roma, pur inguaiato  com’è, senza pensarci due volte approva la candidatura della città, ovvero si esprime favorevolmente all’arrivo di miliardi di euro destinati a mettere in piedi l’ennesimo albero della cuccagna (come se non bastassero l’Expo Milano 2015 e il prossimo Giubileo). D’accordo, non si tratta di denaro che esce dalle casse comunali, ma pur sempre di denaro dei cittadini italiani si tratta.

A Brindisi, invece, nonostante i tanti progetti tecnici e le innumerevoli delibere adottate dalla Amministrazione comunale si naviga ancora in mare aperto per la ristrutturazione del palazzetto. Un altro campionato sta per iniziare nell’insufficiente impianto di Masseriola e, per la prossima Eurocup, si ipotizza l’utilizzo di quello barese. Possibile che le Leggi di stabilità e le spending review valgano solo per le realtà più piccole e non inquinate come la nostra?

 

E come extrema ratio, visto che la novità di questa Olimpiade è quella di potere essere “spalmata” su più sedi (si pensa a Firenze e a Napoli, ma anche a 6 o 8 città per il calcio, e così per la vela…), perché non candidare Brindisi per lo svolgimento di alcuni incontri e farsi così sovvenzionare la spesa per un palazzetto completamente nuovo? Nel 2024?! Sicuro! Tanto il tormentone della ristrutturazione ­ statene certi ­ ci accompagnerà lo stesso fino a quella data…

 

Guido Giampietro

 

 

 

 

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