Con l’avvicinarsi della data del 4 dicembre si susseguono sempre più frequenti anche nella nostra città gli incontri promossi dai vari comitati favorevoli o contrari alla riforma istituzionale.
Vengono spesso usati toni apocalittici soprattutto dal cosiddetto fronte del NO che parla apertamente di deriva autoritaria e di pericoloso stravolgimento della costituzione.
Saremmo per costoro alla vigilia di una nuova “marcia su Roma” che si può ancora fermare bocciando la riforma nella trincea delle urne e mandando a casa il luciferino imbonitore fiorentino.
E’ evidente che la vera battaglia che si sta combattendo in questi giorni (che vede allearsi tra loro un fronte variegato e promiscuo che va dalla Lega a SEL da Fratelli d’Italia ai tranfughi del PD) non sta nel merito della riforma ma nell’obbiettivo prioritario di chiudere definitivamente ed in fretta la carriera politica di Renzi.
Pur di raggiungere questo obiettivo si è disposti a mantenere in vita il bicameralismo perfetto, a non ridurre il numero dei senatori, a non abolire il CNEL, a lasciare che le Regioni continuino a gestire in autonomia promozione turistica, trasporti ed energia. Si decide ottusamente di fermare le lancette del tempo al 1947 senza accorgersi che in 70 anni sono cambiati 63 governi e che i continui compromessi al ribasso tra partiti e partitini con relativo potere di veto hanno contribuito in buona parte a creare una debito pubblico enorme che grava come un macigno sul futuro delle nuove generazioni.
Dobbiamo davvero segare il ramo su cui siamo seduti pur di far dispetto a Renzi? La necessità di velocizzare le scelte ai nostri giorni dove tutto corre “on-line” può essere davvero essere la stessa degli anni in cui si cantavano le canzoni di Rabagliati e si sorrideva ai film di Tina Pica?
Al di la dei tecnicismi va spiegato ai tanti indecisi che non viene stravolta la “Costituzione più bella del mondo” i cui principi fondanti rimangono inalterati ma se ne modifica solo la seconda parte rendendola più adeguata ai tempi.
Abolire il bicameralismo perfetto non potrà che semplificare e velocizzare l’iter legislativo.
Il ridimensionamento del numero dei senatori (dagli attuali 315 a 95) e l’abolizione di enti consultivi inutili quali il CNEL (Consiglio Nazionale Economia e Lavoro) inizierà a ridurre i tanti vituperati costi della politica.
Il rafforzamento dello stato centrale intorno a materie strategiche (trasporti, energia, promozione turistica) sottraendoli alle Regioni (dove spesso ha regnato lo spreco ed il malaffare) non potrà che ridurre i continui contenziosi tra lo Stato stesso e Regioni davanti alla Corte Costituzionale anche perchè troverà nel Senato la sede in cui tali conflittualità saranno dibattute e risolte.
Parlare di deriva autoritaria poco si concilia con i futuri referendum abrogativi per l’approvazione dei quali non sarà più necessario un quorum del 50% più uno degli aventi diritto al voto (come accade adesso) ma unicamente un quorum ridotto e pari alla maggioranza dei votanti nelle ultime elezioni politiche.
Anche il consegnare il governo ad una minoranza è un falso problema in quanto ricalca quello che accade a livello locale nei comuni (non ultimo il nostro) dove di fatto, con il premio di maggioranza, è sempre una minoranza numerica a governare avendo però come vantaggio una capacità d’intervento che almeno sulla carta dovrebbe essere rapida ed efficace.
A meno che non si voglia ritenere che tutti i comuni italiani siano governati in spregio alla democrazia ed alla rappresentatività.
Certo nessuno è così sprovveduto da non rendersi conto che la riforma, specie per quanto riguarda la legge elettorale, non sia perfettibile ma se l’Italia si lascia sfuggire questa occasione di ammodernamento mantenendo uno eterno ed inefficiente “status quo” che risale ai tempi ormai lontani della guerra fredda avremo arrecato un ulteriore grave danno alle attuali ed alle future generazioni.
Salvatore Valentino
già consigliere comunale PD
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