Ieri la Capitaneria di Porto di Brindisi ha diramato un comunicato stampa precisando che, “di concerto” con l’Autorità Portuale, è stato fatto tutto il possibile per trovare una soluzione per i 560 turisti lasciati a terra dalla motonave Larks.
Oltre a monitorare la situazione ed assicurare che il terminal passeggeri rimanesse aperto h24, gli enti brindisini si sono attivati in tutti i modi per cercare ogni possibilità che potesse risolvere l’increscioso inconveniente.
Non è mia intenzione mettere in dubbio la volontà e l’impegno profuso per affrontare le emergenze, soprattutto quando parlo di una Capitaneria di Porto e del suo Comandante impegnati ogni giorno a salvaguardare la sicurezza dei cittadini ed a salvare vite umane.
In dubbio, però, è l’intera credibilità del Porto di Brindisi, quello che una volta era una Istituzione che dettava legge nell’Adriatico.
E così Brindisi, in poche ore, ha incassato una serie di rifiuti da far impallidire i camion della Monteco (o, se preferite, della Aimeri).
Prima ha subìto il blocco tecnico/amministrativo di una nave; poi ha ricevuto il NO delle autorità greche per l’utilizzo della Red Star, in servizio di linea per l’Albania; come se non bastasse, si è vesto pure negare l’imbarco dei turisti su due navi dell’armatore Grimaldi (con il quale, occorre ricordare, questa città è in netto credito); infine, ha subito la mazzata definitiva con l’assoluta indisponibilità ad utilizzare collegamenti in partenza dai porti di Bari ed Ancona.
Se la situazione non fosse seria, verrebbe da sorridere al pensiero che mentre gli enti preposti si affannano per cercare una nave, la Ionian Spirit resta bloccata nel bel mezzo della città di Brindisi, a pochi metri dall’Autorità Portuale e dalla Capitaneria, continuando a nascondere la vista del porto a tutti quelli che passano da Via del Mare.
Allo stesso modo, se la situazione non fosse veramente seria, verrebbe da sorridere leggendo i comunicati stampa di quei politici sempre pronti a cavalcare l’attualità per conquistare un minino di spazio sui giornali e sui social network, anche quando hanno poco o nulla di coerente da dire.
Ad esempio, Mauro D’Attis sostiene–legittimamente – che sia un atto doveroso chiedere il risarcimento per i danni di immagine prodotti dall’armatore della Larks. Egli, però, dimentica di parlare dei danni (di immagine, sociali ed economici) prodotti da tutti quegli uomini che hanno avuto parte attiva e rilevante nella politica brindisina degli ultimi 15 anni. E dimentica di citare quali conseguenti atti doverosi occorrere aspettarsi da tutti quei soggetti che hanno permesso, senza colpo ferire, che il porto di Brindisi passasse dal milione di passeggeri della fine degli anni ’90 agli appena 520mila del 2011, asservendolo a tutte quelle lobby che privilegiano il traffico merci a quello passeggeri (non ultima quella Grimaldi che ieri ha rifiutato l’imbarco dei turisti).
Viene davvero da sorridere. Ma la terribile verità è che mentre tutti noi parliamo, i fatti sentenziano che Brindisi ha subito un’ennesima onta a livello nazionale. Una vergogna che certamente non rappresenta il primo fallimento gestionale di un porto che avrebbe in sé tutti i germi di una possibile ripresa, come dimostra quella piccola crescita del traffico passeggeri segnata nei mesi scorsi.
E che la situazione è davvero seria, direi disperata, lo si comprende constatando che – secondo molti, me compreso – una possibile soluzione per rilanciare il Porto di Brindisi è quella di prendere atto del fallimento di ogni politica autoctona e di provare a copiare il modello di successo del “Sistema Aeroporti di Puglia“, mettendo le nostre infrastrutture sotto l’ala protettrice dell’Autorità Portuale di Bari. Un ente che, giorno dopo giorno, risultato dopo risultato, ha dimostrato di privilegiare i fatti alle chiacchiere.
Oreste Pinto
Mi spiace per i vacanzieri lasciati “a nuoto” ma purtroppo… cash is king. A nessuno importa delle frotte di napoletanotti in viaggio bivacco verso corfù. Turismo povero e caciaro. Si pagassero un aereo, lasciando le navi al trasporto merci.