“L’Unione Europea è nemica dell’America, per le sue politiche commerciali”, anche più della Russia, anche più della Cina: queste le parole di Mr. Trump. E così cento anni di cooperazione e relazioni internazionali tra una sponda e l’altra dell’Atlantico finiscono per vacillare.
Nell’era del populismo e della politica della pancia, dove le emozioni più oscure vengono infiammate e strumentalizzate per voti e sostegni mediatici, la politica quella in bianco e nero dei tempi costituenti è ormai un ricordo lontano. Lo stesso concetto di democrazia che non vuol dire dare voce a tutto, ma dare a tutti voce per raggiungere il giusto mezzo è ormai sorpassato. E così lo stato di natura prende il sopravvento e la politica dell’un contro l’altro armato, mette in crisi diritti, doveri e ragionevolezza.
C’è una certa similitudine tra i tempi che stiamo vivendo e gli anni Trenta, di certo, non c’è la Germania nazista, un Giappone imperialista e un’Italia fascista, ma alle crisi, quelle profonde che incidono direttamente sulla vita delle persone segue sempre un malcontento che da economico, rischia di diventare sociale, istituzionale e alla fine di diritto. La stessa Rivoluzione Francese, ha insegnato che a non prendere le dovute precauzioni si finisce nel “Terrore” e a far saltare la testa anche a chi all’inizio aveva le intenzioni migliori è davvero un passo.
E cosi, in un certo senso, se Di Maio non sta attento, rischia che Salvini gli tagli la testa (metaforicamente parlando). Il bello della storia è che pur non ritornando mai uguale a sé stessa in qualche modo si ripropone e c’è una legge che alla fine guida l’agire umano, errare perché è umano e poi perseverare, perché è diabolico.
Gli anni Trenta del Novecento hanno dimostrato che il protezionismo, la corsa all’autocelebrazione, la spesa sempre maggiore per gli armamenti – in questo senso Trump ha richiesto agli Stati membri della Nato, organizzazione che lui detesta, la destinazione del 4% del PIL per la Difesa – possono condurre a una strada senza ritorno di conflitti e a una pericolosa escalation di violenze.
Per di più, lo stesso consenso veniva costruito intorno a notizie false, video in bianco in nero, ma a loro modo virali e che oggi chiamiamo fake news e che troviamo a portata di pollice quotidianamente. Il tema e la risoluzione cambiano, ma le modalità restano le stesse: la paura dell’invasione, la debolezza delle opposizioni, il nazionalismo.
Fortunatamente oggi sopravvive ancora una struttura sovrannazionale che nonostante le sue debolezze e enormi lacune, quando la situazione sembra aggravarsi ha un occhio vigile sull’operato dei singoli Stati, almeno fino a quando tutto ciò che si sta mescolando nel calderone non traboccherà improvvisamente.
E comunque in tutto questo marasma di dichiarazioni pericolose, la Francia, unico Paese che nel braccio di ferro tra populismo ed europeismo ha visto prevalere quest’ultimo, ha vinto i mondiali e Macron contestato e uscito comunque sconfitto dagli ultimi summit internazionali se la ride vittorioso.
Mentre in Italia? Basta Cristiano Ronaldo per far dimenticare tutto, perché si sa nel Bel Paese, l’importante che c’è il pallone e poi vedrai che tutto passa.
Vanessa Gloria
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