August 4, 2025

CAFFE’ E SIGARETTA: UN BINOMIO ASSAI CLASSICO. MA QUAL E’ LA STORIA DI QUESTI DUE PECCAMINOSI PIACERI? VE LA RACCONTO IO, A MODO MIO…
II parte
Di Gabriele D’Amelj Melodia

 

 

CURIOSITA’, AFORISMI, CANZONI E RIFERIMENTI LETTERARI
Vedete Professo’, io prendo na tazzina di caffè tranquillamente qua, fuori o balcone…Il caffè va fatto con zelo, con amore, con tutte le regole. Sul becco ci metto nu cuppitiello di carta per non far disperdere il fumo denso… prima di versare l’acqua all’interno della cupola bucherellata, bisogna cospargere mezzo cucchiaino di polvere appena macinata,… io me lo tosto da me, e deve avere il colore a manto di monaco…
(Eduardo in “Questi fantasmi”)

La pratica del caffè, come del resto quella del fumo, ha qualcosa di iniziatico, di religioso, e quindi di filosofico… uno dei più lirici sonetti di G. Belli, da non confondersi con la quasi totalità degli altri, volgari e spesso osceni in quanto “dedicati al popolo”, si intitola “Er caffettiere filosofo” e ha il seguente incipit : “L’ommini de sto monno so ll’istesso / che vvaghi de caffè nner mascinino,/ C’uno prima, uno doppo, e un antro appresso,/ tutti cuanti però vvanno a un distino./”
INTELLETTUALI & CAFFE’
Di caffè hanno parlato e scritto in molti, da Goldoni (la bottega del caffè ma anche La sposa persiana (“…Ecco il caffè, signore, caffè in Arabia nato,/ E dalle carovane in Ispaan portato“, dice la schiava di nome Curcuma), a Voltaire (“Non potrei rinunciare ai miei quaranta caffè al giorno”), da Beethoven, che lo preparava con sessanta chicchi per tazza, a Balzac, a Kirkegaard.

Il grande J.S.Bach, non solo dedicò una cantata al caffè “ …è dolce più di mille baci, più del vin moscato“, ma non mancò di dedicarne anche una al tabacco, suggellando artisticamente questo storico, felice accoppiamento.
VALENZA SOCIALE DEL CAFFE’
Se bere da soli, ad occhi chiusi, ‘na tazzulella e cafè (Pino Daniele, buonanima ) non ha prezzo, bere la diabolica bevanda in compagnia è ancora meglio: si socializza, ci si confronta, si scambiano idee e progetti, insomma ci si arricchisce umanamente e culturalmente: non a caso sono nati i “caffè letterari”, a partire dal locale parigino dove si incontravano Rousseau e Voltaire, fino ai leggendari caffè Greco e Rosati (Roma ), Giubbe rosse (Firenze), Petrocchi (Padova). Caffè storici sono anche il Carignano, il Forio e il Baratti di Torino, il Gambrinus di Napoli, il Florio di Palermo, il Florian di Venezia, il San Marco di Trieste, frequentato da Svevo, Joyce e Claudio Magris, che gli ha dedicato il primo capitolo del suo fortunato “Microcosmi”.

A proposito di legami tra caffè e cultura, non dimentichiamo poi che, nel 1764, i fratelli Verri, Pietro e Alessandro, fondarono a Milano la prestigiosa rivista “Il caffè”, palestra per l’intera intellighenzia illuminata meneghina.

 

IL CAFFE’ NEI LIBRI, NEL CINEMA, NELLE CANZONI
In letteratura, restano bene impressi i caffè di provincia descritti da Piero Chiara nei suoi romanzi e il mitico “Bar Sport” immortalato da Stefano Benni, nel cinema spicca il Caffè Margherita di Pupi Avati, nelle canzonette il famoso “caffè della Peppina” ( 1971 ) che, come tutti i bimbi sanno, “non si beve alla mattina “, e il caffè cantato da Fred Bongusto, il quale asseriva di prenderlo dopo spaghetti, pollo e insalatina.

 

QUANTE TAZZINE DI CAFFE’!
Il caffè è buono, fa bene, è na goduria, che sia senza zucchero (non c’è niente di più dolce di un caffè amaro), ben zuccherato, espresso, espressino, macchiato,schiumato, ristretto, lungo, con ghiaccio, con panna, con panna e whisky (all’irlandese), decaffeinato, in vetro, con ginseng, all’americana, alla turca, alla brasiliana, alla napoletana, shakerato, marocchino, babyccino ecc., come ogni paziente barman ben sa.

Gli unici caffè che hanno fatto male a qualcuno sono quelli offerti a Pisciotta e a Sindona, ma questa è tutta un’altra storia …

 

Ora facciamo un passo indietro guardando a cosa succedeva nella Belle Epoque.
Dopo la tremenda guerra tra Francia e Prussia (1870-71), grande era nei francesi la voglia di riprendersi, di recuperare la joie de vivre. Ci misero un ventennio, ma infine scoppiò la frenesia del divertimento e della spensieratezza frou frou. Il primo Café chantant, dove nacque la mitica figura della chanteuse, quella che subito dopo a Napoli divenne la “sciantosa”, fu l’Apollon, messo su nel 1791, e ancora l’Ambassadeur e lAlcazar. Da noi questi templi del piacere si chiamarono “Café concerto”.
A Napoli, nel 1890, i fratelli Marino aprirono in galleria il famoso “ Salone Margherita “, più tardi fondato anche a Roma dagli stessi proprietari. Un altro locale del genere, sempre nella capitale, stava in via Nazionale e aveva lo strambo, provocatorio nome di “ Cassa da morto “.

Poi c’erano anche la sala Umberto e l’Acquario. Nella città partenopea, oltre al già citato Salone Margherita, i caffè teatro più in voga furono L’Eden, il Gambrinus, il Diodato, il Trianon. E’ lì come nell’Urbe, che si esibivano la tarantina Anna Fougez e la ciociara Lina Cavalieri, casarecce etoile di quegli anni dorati.

 

Che tempi! E ora ci siamo ridotti agli squallidi Web cafe e al recente Bike cafe ( B.C. Salento-Gallipoli), ultimissima tendenza …
Una chicca ( e non un chicco ) per i più curiosi … la macchina per espresso venne fondata nel 1884 non a Napoli ma a Torino, e non da un ingegnere ma da un albergatore-ristoratore, il Monsù Angelo Moriondo. Fu poi perfezionata nel 1901 a Milano, dal meccanico-.congegnatore Luigi Bezzera.

 

IL CAFFE’ E’ UNA COSA SERIA
Da sempre, ognuno prende il caffè nel suo bar di fiducia, perché è affezionato al locale, al barista, ma anche a quel tipo di miscela. Diceva Courteline che “si cambia più facilmente religione che caffè“, e aveva ragione. Il caffè è un rito, una magia, una voluttà, specie se ad esso si fa seguire l’appagante, ristoratrice boccata di fumo, del quale vi parlerò a breve, nella prossima puntata.
CONSIGLIO FINALE
Per ora consentitemi di darvi un piccolo suggerimento. Se capitate a Roma, e magari andate in piazza Navona, allungate il passo fino a piazza dei Caprettari, a due passi da palazzo Madama, alzate la testa e vedrete una bella insegna che sovrasta l’ingresso di una piccola-grande caffetteria che sta lì dal 1938: IL SANT’EUSTACHIO.
Mettetevi pazientemente in fila (c’è sempre un serpentone di intenditori  e, quando siete di fronte all’imponente bancone, ordinate senza indugio “ un “ Gran caffè “. Vi costerà tre euro, ma ne varrà la pena., Specie poi se lo prendete di buon mattino. Tutti sanno che il mattino ha l’oro in moka…
(continua)

Di Gabriele D’Amelj Melodia

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