Il movimento degli extropiani prende il suo nome dall’extropia, un termine coniato nel 1988 da Tom Bell e definito da Max More, entrambi attivi divulgatori di questa filosofia. La parola indica l’energia che “si manifesta nella vita umana, come ragione, scienza, tecnologia e come qualunque compulsione evolutiva che costringe l’essere umano ad imparare nuove cose, a superare i limiti fisici e psicologici, ad amplificare la coscienza, a costruire magici marchingegni ed a sognare sulle possibilità del futuro.”1
L’extropia è dunque la conoscenza, l’impulso a sapere, il motore del progresso umano, un termine creato più per voglia di ottenere attenzione, che per fare chiarezza.
Obiettivo del credo extropiano è quello di liberare l’uomo dagli impedimenti derivanti dalla sua natura biologica, consegnandolo all’immortalità, sconfiggendo la nemesi per eccellenza: la morte. Qui il fattore tecnofilo è preponderante più che mai, le idee, i progetti, i sogni che la tecnologia ispira, sono in grado di rivaleggiare ad armi pari con i più visionari romanzi di fantascienza. Il dogma nietzschiano secondo cui “l’uomo è un qualcosa che deve essere superato” viene spogliato del suo originale carattere metaforico, per assumere tutto il rigore di un traguardo scientifico.
Le teorie extropiane sono imbevute di liberismo e volontà di potenza (quella concreta, derivante dal maneggiare la tecnica, non un’astratta forza polimorfa), profondamente avverse a qualunque modello collettivo o statalista. In quest’ottica “i programmi sociali, le legislature […] soffocano tutta la forza in evoluzione dell’extropia, impedendoci di guastare una reale esplosione cambriana di valori differenti e incredibili opportunità per la crescita dell’economia.”2
Il liberismo non è solo politico ma anche, soprattutto, biologico; il credo extropiano esalta ogni tecnologia in grado di abbattere gli scogli dell’esistenza umana, tutto ciò che di sgradevole la natura comporta, la tecnica deve (si badi bene, deve, non, può) spazzarlo via.
Max More nel suo Extropian Principles 2.5, un manifesto elettronico del movimento spiega: “liberandoci dei limiti che ci vengono imposti dal nostro patrimonio naturale, noi applichiamo il talento evolutivo della nostra intelligenza razionale ed empirica per superare i confini della nostra umanità, per attraversare le soglie che conducono agli stadi transumani e postumani che ci attendono.”3
Le parole di More, riassumono sinteticamente il nocciolo della filosofia extropiana: mutare ad ogni costo, grazie alla tecnica, per abbandonare il corpo terreno, destinato a perire.
Ma, come è possibile sbarazzarsi del proprio involucro biologico?
La risposta a questa domanda è il pilastro, che sostiene la traballante architettura di questa filosofia. Secondo gli extropiani tutto è informazione, l’intero universo, l’uomo, i pianeti e l’energia, altro non sono che configurazioni di dati. L’immortalità è dunque a portata di mano, ciò che l’uomo deve “limitarsi” a fare, è sviluppare una tecnica, che permetta di trasferire il “dato” coscienza da un supporto biodegradabile come il corpo umano, ad uno più duraturo, se non eterno: il silicio e tramite esso accedere alla vita digitale. La virtualità è il santo graal extropiano, il paradiso tecnologico della postumanità.
Un disegno di questo tipo ha trovato un acceso sostenitore nello scienziato Hans Moravec, il quale ha pubblicato un libro, Mind Children, in cui illustra un processo, fantasioso e sinistro, attraverso cui sarebbe possibile “travasare” la coscienza umana, in una sua rappresentazione digitale. Davis, nel suo libro, spiega questo procedimento: “per primo, un chirurgo robot asporta la sommità del vostro cranio e comincia ad esplorare la vostra materia grigia con nanosonde hi-tech che rilevano minuscole misurazioni della risonanza magnetica. Il dottore robot poi programma un simulacro ad alta risoluzione del vostro cervello nel computer, un modello così accurato che “voi” [ virgolette nell’originale] vi trovate improvvisamente proiettati all’interno di una macchina.”4
Quello immaginata dalla fervida mente di Moravec, altro non è che un “downloading” della coscienza umana nella realtà virtuale. Una progetto che si nutre del più puro pensiero meccanicista, secondo cui la mente è “solo una macchina di carne [e] l’equivalenza fra uomini e macchine è quindi semplicemente un problema di capacità di calcolo.”5
Lo scienziato si è spinto anche oltre, ipotizzando la possibilità di creare infinite copie della personalità virtuale, così da evitare eventuali bug o la morte elettronica derivante dalla cancellazione del simulacro.
Ciò che qui preme segnalare, è che questa teoria, al di là della sua velleità scientifica e morale, è espressione del riacutizzarsi del famoso dualismo fra anima e corpo, dio cartesiana memoria. Gli extropiani, nella loro incessante lotta contro la biologica, hanno travestito il mito dell’anima immortale, con gli abiti intessuti dei bit del nuovo mito dell’informazione. Cambia la forma ma la sostanza rimane la stessa.
Assimilare la natura intima dell’uomo a quella di un dato, equivale a riconoscere l’esistenza di un qualcosa che trascende il mero empirismo, poco importa se si tenta di dare una base scientifica a questo concetto. Soffermarsi sul sogno extropiani, privandolo di tutti i trucchi scenici scientifici, con cui viene presentato, permette di individuare la sua natura profondamente religiosa. Davis parla giustamente di tecnognosticismo, riguardo la filosofia in questione, poiché essa è animata dall’infatuazione per nuovi iperuranei tecnologici, improntati sulla dualità fra anima e corpo, dove “la trascendenza attraverso la tecnologia [è] il desiderio di un estasi da informazione o un impulso a progettare e perfezionare la scintilla immateriale del sé.”6
L’amore per la trascendenza e il dato puro sono perfettamente sintetizzati dalla figura dell’infomorfo, l’essere idealizzato dall’extropiano Alexander Chrislenko, frutto dell’interazione fra l’uomo e la macchina. Come spiega Formenti, Chrislenko ipotizza un futuro prossimo caratterizzato dalla creazione di robot, in grado di scambiarsi informazioni in tempo reale, l’uomo pur di non soccombere nella lotta evolutiva contro queste macchine, “sarà costretto a trasformarsi in cyborg, ibridandosi con tecniche capaci di estenderne prodigiosamente il suo potenziale fisico, mentale e comunicativo.”7 Il passo successivo è quello che vede la nascita di una nuova creatura: l’infomorfo, il quale perde ogni natale naturale, diventando indistinguibile dalla sua controparte tecnica. La macchina però, è solo un supporto fisico, gli infomorfi operano solo a livello delle pure informazioni, compenetrandosi all’insegna della contemporaneità, dando luogo ad un’unica grande mente, la cui dimensione costitutiva è esclusivamente psichica.
Chrislenko parla anche di un tema poco interessante per gli extropiani: quello della dimensione comunitaria, una tappa forzata del percorso delineato dallo scrittore, poiché questo culmina con la nascita della mente collettiva. Lo scienziato immagina, dunque, un cervello globale, caratterizzato da personalità modulari in grado di mantenere una certa indipendenza.
Le teorie sin qui analizzate dimostrano come il movimento extropiano, sia caratterizzato dal riaccendersi di sentimenti religiosi atavici, i quali non sono mai scomparsi nel corso della storia, sono solo diventati meno visibili.
Il paradosso del postmodernismo: la riproposizione di spinte trascendentali che puntano all’immortalità, sfruttando la scienza, per definizione laica ed empirica, è evidenziato egregiamente dalla filosofia presa in esame, che mostra più le caratteristiche di una superstizione, che quelle di una scienza. Come ha giustamente notato Mark Dery: “i sogni postumani sulla liberazione della mente, sulla terra che si rimpicciolisce fino a ridursi a un puntino blu nello specchietto retrovisore, sono una fantasia sulla fine dei limiti che viene collocata (almeno per ora) in un mondo pieno di limiti […] Per quanto possano cercare di liberarsi dai loro agganci sociali e lanciarsi verso le stelle, le finzioni scientifiche millenaristiche di postumanisti “trascendentali” [virgolette originali] come Moravec […] Rimangono vincolate alla terra, prese in un groviglio di problemi filsofici.”8
La religione, filosofia extropiana è dunque un credo che si nutre di chimere, un sintomo dell’antica predisposizione umana, ad appellarsi a qualunque stratagemma pur di eludere l’inevitabile fine.
Case il protagonista di Neuromante, disgustato dalla sua carnalità ed ossessionato dal paradiso di silicio, potrebbe tranquillamente essere un comune extropiano, le sue angosce, paure e frustrazioni sono le stesse di coloro che aderiscono a questa filosofia. Un’ulteriore prova di come nel cyberpunk, il confine fra realtà e finzione sia molto labile, poiché questo è stato eretto dalla tecnologia, la quale con i suoi sviluppi imprevisti, potrebbe abbatterlo o irrobustirlo in ogni momento.
1 Erik Davis, Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione, tr. it., Ipermedium, Napoli, 2001, p.133
2 Ibidem, pg.134
3 Ibidem, pg.134
4 Ibidem, p.137
5 Mark Dery, Velocità di fuga, tr. it. Feltrinelli, Milano, 1994, p.327
6 Erik Davis, Techgnosis. Miti, magia e misticismo nell’era dell’informazione, tr. it., Ipermedium, Napoli, 2001, p.117
7 Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, p.93
8 Mark Dery, Velocità di fuga, tr. it. Feltrinelli, Milano, 1994, p.343
James Lamarina
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