Il cyberfemminismo è un movimento filosofico, letterario e sociale che affonda le sue radici nella convinzione secondo cui, la tecnologia è in grado di eliminare le discriminazioni derivanti dai conflitti fra gli opposti, garantendo la democrazia politica e sociale.
Principale esponente è la pensatrice Donna Haraway, la quale analizza con occhio critico i nuovi sviluppi della tecnica, senza cadere preda di entusiasmi mistici o superomistici. La filosofia della Haraway, spiega Formenti,“ si rivela “rivoluzionaria” [virgolette originali] solo nella misura in cui l’ibridazione fra esseri umani e tecnica costituisce un’esperienza di “apertura” [virgolette originali] dei soggetti nei confronti del proprio ambiente -naturale artificiale -, apertura che, a sua volta rappresenta il presupposto di una vera e propria comunione con il mondo.”1
La Haraway muove una dura critica al movimento tecnognostico, contrapponendo alla teologia del seggiolino eiettabile, una filosofia terrena e immanente, nella quale il cyborg è il simbolo di un nuovo modo dio vivere la propria carnalità; un mondo in cui la dimensione biologica è inalienabile da quella spirituale.
Per la pensatrice tutti gli uomini oggi sono dei cyborg e questo status si dipana su due piani differenti: quello biologico dove la medicina ha creato nuovi ibridi e quello metaforico nel senso che, “ il nostro è un tragitto che porta da una società organica e industriale a un sistema informatico polimorfo.”2
La simbiosi uomo macchina è il pretesto per mettere in discussione una società patriarcale, figlia di tempi ormai remoti, che mostra tutto il suo anacronismo nella società cyborg, una dimensione in cui l’ibrido impone una ridefinizione della realtà e delle sue categorie. “Essere cyborg significa accettare la simultanea parentela con l’animale e con la macchina. Ma le macchine, diversamente dagli antenati animali, mutano a una velocità spaventosa. Una volta accettata la parentela con la macchina, davanti agli esseri umani si apre una prospettiva di identità sempre sempre parziali e variabili […] L’informatica e la biologia si pongono nei confronti del mondo in maniera diversa dalla filosofia, in cui gli organismi esistevano in quanto oggetti della conoscenza. Ora le scienze sono alla ricerca di un linguaggio comune con il mondo, di un modo per renderlo accessibile al controllo strumentale.”3
Il cyborg è un novello Adamo cibernetico, chiamato a dare nuovi nomi a ciò che lo circonda ed è in questo processo, che si innerva la possibilità di scardinare le ataviche differenze di genere, religione e cultura, adottando un atteggiamento più aperto nei confronti del mondo. Si badi bene però che, come ha correttamente puntualizzato Formenti, “Donna Haraway non fa mistero in merito alla propria matrice culturale cattolica e alla influenza che essa […] Continua ad esercitare sul suo approccio al tema del cyborg [ecco perché] Il suo concetto di “sessualità neutra” [virgolette originali] va in tutt’altra direzione rispetto al feticismo neopagano di Perniola: per Haraway sessualità neutra significa rapporto erotico di apertura nei confronti del mondo che supera la relazione sessuale fra i generi.”4
Le teorie presentate hanno evidenziato come il concetto di cyborg sia un campo aperto ad ogni possibile definizione: campione di una nuova progenie umana dedita alla conquista dello spazio (Sterlac), simbolo dell’umanità che inconsciamente si lascia schiavizzare dalla tecnologia (Therrien) e chance di reinterpretare le categorie su cui si fonda la società, in favore di una maggiore democrazia fra i sessi e comprensione del mondo e delle sue differenze (Haraway).
Il cyborg è, senza ombra di dubbio, la nuova sfida evolutiva della postmodernità, dimostrazione di come, oggi, la tecnologia sia talmente pervasiva da aver introdotto un nuovo paradigma ontologico e gnoseologico.
Significativo è il fatto che, questa figura abbia usato “l’ingresso secondario” della fantascienza cyberpunk, per fare la sua comparsa sul palcoscenico dell’opinione pubblica. Ciò dimostra come questo genere letterario sia contemporaneamente figlio ed interprete dei suoi tempi, poiché come questi fugge da qualunque recinto ermeneutico, affondando le proprie radici in un indistinto amalgama culturale, che definisce e da cui è definito.
1 Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, p.126
2 Mark Dery, Velocità di fuga, tr. it. Feltrinelli, Milano, 1994, op. cit. p.270
3 Antonio Caronia, Domenico Gallo, Houdini e Faust. Breve storia del cyperpunk, Baldini&Castoldi, Milano, 1997, op. cit. p.175
4 Carlo Formenti, Incantati dalla rete, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2000, p.127
James Lamarina
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