April 30, 2025

Era venuto il tempo, per Ulisse, di ritornare alla propria vita di sempre; ma cosa avrebbe trovato rientrando ad Itaca?
Cosa ne era stato di suo figlio Telemaco?
E di Penelope?
Era stata capace di mantenere intatto il suo regno o quei principi di cui aveva sentito appena parlare erano riusciti a portargli via tutte le ricchezze?

 

Accompagnato da un buon vento, fra poche settimane lo avrebbe saputo; fra poche settimane sarebbe tornato nella sua Itaca.

 

Fra poche settimane avrebbe riabbracciato Penelope e con lei avrebbe trascorso il resto della vita.
Fra poche settimane avrebbe riabbracciato suo figlio Telemaco e lo avrebbe finalmente visto crescere .
Fra poche settimane la guerra, gli omicidi, le astuzie, i tradimenti, le lotte, i duelli, i pianti, gli odii, le gesta degli eroi, le morti degli amici, le albe colorate di sangue sarebbero state solo un ricordo.
Il resto della propria vita sarebbe stato laggiù in quell’isola dolce e solitaria con una moglie innamorata ed un figlio affezionato.
… … … …
Era questo che voleva Ulisse?

Era davvero questo il desiderio di quell’uomo “che a differenza degli altri eroi, sapeva pensare”?

Era davvero un viaggio di ritorno sicuro e rapido ciò che quell’uomo “scaltro, tarchiato e veloce” stava iniziando?

Cosa era più forte? Il desiderio di rivedere Itaca o la bramosia di un nuovo viaggio?

 

Ciò che Ulisse in quel momento si augurava per quel viaggio era una strada lunga, fertile in avventure e in esperienze; si augurava invece che i mattini d’estate fossero tanti nei quali indugiare e acquistare madreperle, coralli, ambre, profumi, andare in molte città egizie ed imparare una quantità di cose dai dotti, provare il limite della paura sbeffeggiando giganti figli di dei, provare sino in fondo la capacità di resistere alla seduzione dei sensi, spingersi fino a penetrare il segreto della morte e dell’aldilà, incontrare seduttrici e ninfe ammiccanti, ascoltare suoni celesti mai uditi prima da uomo …
Questo si aspettava Ulisse e questo, infatti, fu il suo viaggio: un ritorno lungo dieci anni alla fine del quale, vecchio e saggio, approdò, da “sconosciuto”, nella sua isola.

 

Poi, ciò che Ulisse “dovette” fare, ciò che “doveva accadere”, ciò che “necessità”, Ananke, decise che accadesse, accadde: i corpi dei pretendenti si ammassarono smembrati e fatti a pezzi nella sala del trono e le dodici ancelle infedeli penzolarono impiccate sulla piana appena fuori dal palazzo reale.

Era stato fatto ciò che doveva esser fatto.

 

Quando Euriclea, la vecchia nutrice di Ulisse, svegliò Penelope e le disse che Ulisse era tornato ed aveva ucciso tutti i suoi nemici la regina non mostrò nessuna emozione e si preparò ad incontrare il suo sposo accogliendolo come sapeva che lui avrebbe voluto.

 

Mentre Ulisse teneva gli occhi bassi Penelope lo guardava tratto per tratto, sfiorando appena, come se li studiasse, il viso, il collo, le spalle, gli occhi di quell’uomo forte e bello.

 

Si erano riconosciuti ma il loro incontro doveva essere ancora una volta l’incontro di due ”cuori di ferro”, l’incontro di due menti superiori.
Dovevano mettersi alla prova.
Si guardavano desiderandosi ma sembrava a loro che abbracciarsi e amarsi dando sfogo alla giusta gioia, al sacrosanto desiderio, sarebbe stato “imperfetto”.

 

Dovevano darsi delle prove.

Si guardarono, si sorrisero, distolsero gli occhi dagli occhi quando temettero che una scintilla avrebbe fatto capire all’altro quale gioco segreto ognuno dei due stesse giocando e quando Penelope decise che era giunto il momento diede ordini ad Euriclea di spostare il letto matrimoniale nella sala grande.
(Segue)

 

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