E il nostro sarà, l’8 marzo, uno “sciopero operoso” all’interno di un movimento di donne, inclusivo di tante soggettività portatrici di esperienze diverse. Creativo, non semplicemente rivendicativo, ma progettuale.
La presenza di tante donne durante il percorso della costruzione dell’assemblea e dei tavoli tematici, ci dice che da qui si deve cominciare, se si vuole “cambiare lo stato di cose esistenti” la società, la cultura e il linguaggio, ma ancor di più se si vogliono mutare i rapporti, le relazioni tra i sessi che tanta parte hanno nella vita sociale e simbolica di ognuno e ognuna di noi.
Aderire allo sciopero globale delle donne “Non Una di Meno”, è la “scelta obbligata” per ribellarsi, disobbedire. Vivere praticamente “l’astensione da ogni forma di lavoro”, ma anche emotivamente con la costruzione di un percorso critico rispetto al patriarcato e alle sue varie forme di esercizio di potere.
La società deve molto al femminismo. Le donne nel sovvertire l’ordine patriarcale hanno posto uno sguardo “altro” sul mondo, un cambio di prospettiva, facendo ricollocare un altro “pensiero di società”, nuovi schemi, per un’intera comunità.
Il femminismo lo sappiamo, non è un’ideologia, è un punto di vista mentale, esistenziale, politico. E’ un cambio di passo, è discontinuità, è “rottura” col pensiero maschile, è capovolgimento, è rovesciamento, è essere “liberamente donne”
Niente più è stato come prima. Ma non è bastato, il patriarcato anche se messo in crisi dalla disobbedienza delle donne, non è stato però eliminato, come il capitalismo, si modifica e si rigenera.
Noi quindi, scioperiamo contro un “ordine” patriarcale che ci vuole ancora sottomesse, complici, complementari, vittime di abusi, di violenze, di discriminazioni, malpagate, col doppio lavoro, una vita di precariato. Le donne nel mondo, continuano a morire di delitti patriarcali compiuti da mariti, amanti, fidanzati, padri, fratelli.
Scioperiamo perchè per le donne è ancora impossibile decidere sul proprio corpo e su chi amare e dove vivere, quando si è fuggite dalle guerre e dalla povertà di terre lontane.
Scioperiamo contro chi tenta d’ingabbiare la libertà delle donne in un destino di maternità senza scelta e pensiamo che non applicare una legge dello stato e nascondersi dietro l’obiezione di coscienza sia “violenza di genere”. Riteniamo inoltre indispensabile che sia fatta una “mappatura” di tutte quelle donne che vengono”respinte” dalle strutture sanitarie, negando così il loro diritto di abortire. Per i tempi ristretti in cui è consentito l’aborto, alcune diventano mamme negando così la loro libera scelta, altre sono costrette ad emigrare spostandosi in diverse strutture, ma il resto” si perde”, si disperde negli aborti clandestini, per poi magari tornare nelle strutture ospedaliere con gravi emorragie.
Noi scioperiamo per loro, perchè vogliamo dati, vogliamo i numeri, vogliamo sapere, vogliamo conoscere quale è stato il destino di queste donne a cui è stato negata la libertà di scelta da medici obiettori di coscienza.
Scioperiamo contro chi usa il corpo delle donne come terra di conquista e “luogo pubblico” su cui poter legiferare. “Normare i corpi” significa voler addomesticare, intervenire sulla libertà di contraccezione, sulla sessualità, ma anche sui comportamenti, i desideri delle donne, la loro libertà di scelta di autodeterminarsi, la loro libertà.
Scioperiamo perchè è necessario affermare la propria “differenza” di genere, che è prima di tutto “politica”, praticando “l’attraversamento” del pensiero maschile, soffermando il nostro punto di vista femminista su tutto, sul mondo e non ponendosi accanto al maschile in maniera acritica, a lato, traducendone le parole in maniera mimetica. Questa pratica in/differente non giova alla soggettività femminile, ma la relega e la condanna all’insignificanza.
Scioperiamo perchè ci capita sempre di rado d’incontrare uomini che fanno un percorso di “critica al proprio genere maschile”, mettendo così in atto pratiche per cambiare realmente comportamenti, modi di pensare se stessi e come stare al mondo. C’è poca riflessione su questo tema, che è invece, il cuore del conflitto nella violenza di genere. Pochi uomini hanno avviato una critica politica ed esistenziale alla “maschilità”, una discontinuita’ con il pensiero maschile e quando l’hanno fatto, hanno scelto la rottura con il patriarcato non solo come un obbligo etico, ma anche come nuovo modo di vivere un’opportunità di liberazione.
Ci sembra questo il modo migliore da parte degli uomini d’interpretare le domande di libertà e di autonomia delle donne e ci sembra questo, anche il modo migliore per rompere la solitudine individuale e sociale di quegli uomini che vogliono discostarsi da un modello di mascolinità oppressivo e violento che non li rappresenta.
L’abbiamo detto ….il nostro sarà uno sciopero operoso!
Gruppo “Comizi Femministi” e Collettivo Femminista Maistarezitte
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