May 2, 2025

Legambiente dice NO al progetto Ecoergite di A2A Edipower. Lo fa – oltre che con comunicati stampa e note di suoi autorevoli dirigenti – anche in via ufficiale attraverso le proprie osservazioni alla Valutazione di Impatto Ambientale.

Il no all’impianto è motivato dal Legambiente con l’esistenza di indubbie difformità alle norme di legge vigenti e con la completa assenza di “benefici ambientali”.

 

Di seguito riportiamo integralmente il testo delle osservazioni alla Via sottoscritte dal Presidente di Legambiente Brindisi Fabio Mitrotti e dal prof. Francesco Magno-

 

 

Premessa:
La A2A Spa, in data 25 marzo 2014, presenta alla Provincia di Brindisi, al Comune, all’ARPA, all’ASL, al Consorzio ASI ed al Comando Provinciale dei VV.FF.: “Istanza di Valutazione di Impatto Ambientale e contestuali istanze di Autorizzazione Paesaggistica e di Autorizzazione Unica alla realizzazione e all’esercizio di un impianto di trattamento di rifiuti speciali non pericolosi, sito nella zona industriale di Brindisi”.
Nell’istanza la “A2A” chiede, ai sensi del D.Lgs. 152/2006 e smi, della L.R. 11/2001 e smi e del D.Lgs. 42/2004 e smi la Valutazione di Impatto Ambientale e contestuali Autorizzazione Paesaggistica e Autorizzazione Unica ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs. 152/2006 e smi alla realizzazione e all’esercizio di un impianto di trattamento rifiuti speciali non pericolosi, situato in Viale Albert Einstein nella Zona Industriale di Brindisi (BR), finalizzato alla produzione di CSS-combustibile ai sensi del D.M. 22 del 14/02/2013.
In questo ultimo decreto nazionale si evidenzia la “mano pesante” della politica che pur di incentivare la combustione dei rifiuti, contravvenendo alla gerarchia comunitaria sui rifiuti, contravviene anche all’art. 193 del Trattato di Funzionamento dell’Unione Europea (TFUP) che non impedisce agli Stati membri di adottare misure più rigorose rispetto a quelle comunitarie sulla protezione dell’ambiente; sembra un eufemismo ma in Italia siamo anche capaci di ciò e nessuno dei nostri eminenti rappresentanti politici ha detto nulla.
Tornando al problema che ci occupa, appare opportuno rilevare che l’area di localizzazione dell’impianto è all’interno dell’attuale perimetro della centrale termoelettrica a carbone di Edipower Spa, nota come “centrale di Brindisi Nord”e nella quale verrà portato in co-combustione il CSS-combustibile che A2A intende realizzare come “prodotto”, fatta salva la verifica qualitativa, e portare in co-combustione nell’adiacente centrale a carbone.
Tale precipua destinazione del CSS-combustibile che si intende produrre, risulta, in maniera programmatica, adeguata al contesto azionario della A2A ed alla necessità di mantenere in esercizio una centrale a carbone destinata da precedenti norme ed accordi a terminare il proprio “ciclo di vita” già da oltre un decennio.
Tutto ciò, comunque, in un contesto autorizzativo che vede la centrale Edipower non ancora autorizzata all’utilizzo del CSS-combustibile in una quantità di sostituzione al carbone dichiarata nel 10% in input termico.

 

Anche il contesto normativo ed autorizzativo, richiamato nell’istanza presentata da A2A e nella documentazione presentata, risulta non attinente alla normativa vigente e non esaustiva nella richiesta delle autorizzazioni necessarie all’esercizio. Per i motivi che si esporranno, Legambiente Brindisi, Circolo “Tonino Di Giulio”, ritiene che la richiamata istanza di A2A non possa essere accettata sia dal punto di vista normativo che della totale mancanza di “benefici ambientali“.

 

 

Cap. 1: Nel merito della richiesta di rigetto dell’istanza.

Legambiente ritiene che gli elementi normativi che conducono alla richiesta di rigetto dell’istanza presentata da A2A sono connessi a cinque aspetti essenziali:
Cap. 1.1: Difformità rispetto al D.Lgs 46 del 4 marzo 2014.
Cap. 1.2: Difformità rispetto alla “Gerarchia dei Rifiuti” di cui alla Direttiva 98/2008/CE;
Cap. 1.3: Difformità rispetto al Piano Regionale dei Rifiuti.
Cap. 1.4: Difformità rispetto alle prescrizioni di caratterizzazione dell’area inserita nel SIN.

Inoltre, nella documentazione progettuale non si fa alcun cenno alla:
Cap. 1.5: Ottemperanza alla Direttiva Comunitaria 2010/75/UE in merito alle “Emissioni Industriali” ed alla “Prevenzione e riduzione integrale dall’inquinamento” .

 
Cap. 1.1: Difformità rispetto al D.Lgs 46 del 4 marzo 2014.

A2A richiede la realizzazione e l’esercizio di un impianto per la produzione di CSScombustibile a corredo dell’istanza di VIA e contestuali Autorizzazione Paesaggistica e Autorizzazione UNICA ai sensi dell’art. 208 del DLgs 152/2006 e ss. mm. ed ii. .

La richiesta non può essere accettata con il semplice riferimento al D.Lgs 152/2006 e ss. mm. ii. in quanto il recente D.Lgs 46/2004 del 4 marzo 2014 (G.U. n. 72 del 27/03/2014) modifica la richiesta che non può essere limitata alla VIA, alla AP ed alla AUA, ma deve prevedere anche l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) in quanto il richiamato Decreto 44/2014 all’art. 26 ha introdotto la modifica all’Allegato VIII della Parte II del Dlgs 152/2006 relativa, appunto alla VIA-VAS e AIA.

In particolare, la modifica ESTENDE le attività di AIA ad impianti che trattano rifiuti  “non pericolosi”, come quello presentato da A2A, definendone i quantitativi giornalieri da trattare.

Infatti, la modifica all’Allegato VIII, al punto 5.2 e relativa al recupero dei rifiuti “non pericolosi” in impianti di “Co-Incenerimento”, come dichiarato da A2A, sono soggetti ad AIA se hanno una capacità produttiva superiore a 3 Mg/h (3 t/h) equivalenti, con un ciclo di lavorazione pari a 24 h, e pari a 72 Mg/g (72 t/g).

Questa è l’ipotesi peggiore per A2A in quanto al punto 5.3 lettera b), relativa al “recupero” di rifiuti “non pericolosi”, con capacità superiore a 75 Mg/g (t/g) che comportano il ricorso ad un’attività fra le quali, quelle dichiarate da A2A sono: trattamento biologico, pre trattamento per la destinazione a co-incenerimento.

In definitiva se vi è “trattamento e recupero” di rifiuti non pericolosi e/o speciali oltre il
limite giornaliero di 75 t/g, l’impianto DEVE ESSERE ASSOGGETTATO A PROCEDURA DI Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA).

La A2A Spa, dichiara di trattare 95.000 T/a di rifiuti in ingresso, con una stima di “perdita di processo” e smaltimento dell’ordine del 20%, per cui ritiene di produrre 75.000 t/a di CSScombustibile.

Tale quantitativo comporta un ingresso giornaliero di 95000/365 = 260t/g > 75 t/g. per cui è necessaria l’applicazione del D.Lgs 46/2014 e quindi la procedura di AIA.

combustibile MANTIENE LA PREROGATIVA DI RIFIUTO (CER/ERR 19.12.10) FINO AL RICONOSCIMENTO DELLE CARATTERISTICHE COMPOSIZIONALI E LA RELATIVA CLASSIFICAZIONE secondo il DMA 22/2013 (la peggiore è la classe 3.3.2).

Ne’ è ipotizzabile il fatto che essendo l’istanza della A2A datata 25/03/2014 ed il Decreto 46/2014 pubblicato sulla G.U. del 27/03/2014, valga la non ottemperanza al Decreto stesso.

 

Cap. 1.2: Difformità rispetto alla “Gerarchia dei Rifiuti” di cui alla Direttiva 98/2008/CE.

combustione al carbone, risponde alla “Gerarchia dei Rifiuti” indicata nella Direttiva 98/2008/CE; tale considerazione è sostanzialmente rigettata da Legambiente in quanto vi è una sostanziale difformità fra quanto dichiarato e quanto riportato nella Direttiva.

Infatti, a tal riguardo, la Direttiva riporta in maniera esplicita due aspetti essenziali che riguardano l’impianto proposto da A2A quali: la “gerarchia” sull’utilizzo dei rifiuti ed il “recupero” dei CSS;

1°. la “gerarchia” dell’utilizzo dei rifiuti, riportata all’art. 4 della Direttiva, si applica nel seguente ordine:
1) prevenzione;
2) preparazione per il riutilizzo;
3) riciclaggio;
4) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;
5) smaltimento.
E’ del tutto evidente che la co-combustione è successiva al “recupero” e “riciclaggio” di tutte le componenti del CSS e quindi, sostanzialmente, non VIENE RISPETTATA LA GERARCHIA individuata dalla Direttiva.

Del resto nella stessa “Relazione Illustrativa” della A2A, alla pag. 10, nell’indicare le varie fasi di lavorazione che portano alla produzione di CSS-combustibile, si riporta uno schema nel quale, in forma estemporanea ma nel rispetto della Direttiva, si rappresentano le varie fasi, quali:
1°. “Riduzione delle quantità e pericolosità dei rifiuti“: a tal riguardo la “pericolosità” può essere intesa in termini “ambientali” e solo come eliminazione dei polimeri pesanti clorurati contenuti nei rifiuti “non pericolosi” da trattare e recuperare;
2°. “Recupero di materia“: intesa come “recupero” di tutte le componenti costituenti il CSS;
3°. ” Recupero di energia“: nel qual caso intesa come co-combustione al carbone;
4°. “Smaltimento finale“: nel qual caso solo ed esclusivamente per i “sovvalli” prodotti dall’impianto.

 

In definitiva, A2A, a prescindere da quanto enfatizza, ammette che la “gerarchia” voluta dalla Comunità Europea nella produzione di CSS NON E’ RISPETTATA.

 
2°. La Direttiva 98/2008/CE riporta, inoltre, che il “recupero energetico” con l’utilizzo di rifiuti e nel qual caso il CSS, passa attraverso la “efficienza energetica” dell’impianto di incenerimento e/o co-incenerimento, calcolata attraverso un coefficiente 0,60 o 60%.

La centrale EDIPOWER-A2A è ben lontana dal possedere tale efficienza e nella stessa procedura di VIA attivata per portare in co-combustione il CSS-combustibile, dichiara che l’efficienza energetica, intesa come “rendimento” della centrale è dell’ordine del 33-34%.

Ove la Edipower e la stessa Commissione ministeriale dell’AIA dimostrino che la “efficienza energetica” della centrale di Brindisi Nord è superiore allo 0,60 e/o 60%, potrebbe ipotizzarsi l’utilizzo di CSS.

Quindi, in definitiva, due aspetti che non dimostrano affatto di rispettare quanto voluto e ratificato dalla Comunità Europea nella Direttiva 95/2008/CE, in merito alla produzione e trattamento del CSS ed alla “gerarchia dei rifiuti”.

 

 

Cap. 1.3: Difformità rispetto al Piano Regionale dei Rifiuti.
Il progetto presentato da A2A non riporta, nel Quadro di Riferimento Normativo, l’adozione, con Delibera di Giunta Regionale n. 959 del 13/05/2013 del “Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani” (PRGRU) che è lo strumento di riferimento normativo per la produzione e l’utilizzo anche del CSS-combustibile.

Il progetto presentato da A2A è totalmente difforme dal “Piano Regionale” e dalla volontà dello stesso governo regionale di promuovere in Puglia la così detta “Società del Riciclo”; tale Piano, infatti impone, come suggerito anche dal Rapporto Ambientale di Arpa Puglia, il  recupero di materia dal CSS prodotto in Puglia come azione prioritaria.

Vi è quindi un forte contrasto normativo e di volontà politica fra quanto proposto nel progetto di A2A e quanto, invece, ratificato e normato dalla Regione Puglia che individua per il Combustibile Solido Secondario (CSS) solo ed esclusivamente il recupero ed il riciclo delle varie componenti che lo caratterizzano (plastiche, carte, cartoni, fibre tessili e legnose , ecc.).

La Regione Puglia, quindi, ha seguito attentamente le politiche comunitarie e nazionali in materia di gestione dei rifiuti, orientate nella direzione di rispettare realmente la “gerarchia delle azioni” che prevede di favorire, in ordine di priorità: la prevenzione, la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero di altro tipo e lo smaltimento.

In definitiva la Regione prevede nel Piano che tutti gli impianti di trattamento degli RSU e delle raccolte differenziate e, comunque, dei rifiuti “non pericolosi e/o speciali”, siano dotati di trattamento a freddo, in grado di prevedere il quasi totale recupero della varie componenti e limitando al solo 5% il conferimento in discarica ed al 18% il quantitativo non direttamente riciclabile.
Per quest’ultima componente non direttamente riciclabile e riferibile appunto al CSS, la Regione ha ritenuto che questa possa ancora essere, con adeguati trattamenti, riciclabile e quindi con recupero di materia, non contemplando la possibilità di realizzare nuovi impianti pubblici dedicati al trattamento termico/combustione.

Vi è forte contrasto, quindi, fra le previsioni del Piano Regionale e la richiesta di A2A di produrre e portare in combustione il CSS-combustibile.

Sfugge, presumibilmente ad A2A che sul RSU vi è privativa pubblica e quindi ad oggi non vi è alcuna possibilità di reperimento di RSU, considerando che non può esserci, per tali rifiuti, trasferenza regionale.

Inoltre, pur non vigendo per i “rifiuti speciali” limiti di trasferenza regionale, la A2A nel produrre CSS-combustibile nel nuovo impianto proposto, non potrebbe utilizzarlo in cocombustione con il carbone per il vincolo del “Piano Regionale” che, invece, opta per la corretta “gerarchia” del rifiuto e punta al recupero di tutte le componenti costituenti il CSS.

Anche per tale ragione Legambiente ritiene che vada rigettata la richiesta avanzata da A2A per la produzione di CSS-combustibile che abbia la destinazione di sostituire, in parte, il carbone della centrale termoelettrica adiacente all’impianto e sita a Brindisi Nord.

 

Cap. 1.4: Difformità rispetto alle prescrizioni di caratterizzazione dell’area inserita nel SIN.

Per ammissione della stessa A2A, al punto 3.6 della “Relazione Illustrativa” avente titolo “bonifiche”, si riporta testualmente che: ” L’area in cui sorge l’impianto non è attualmente e non è stata sottoposta in passato a procedure di cui al D.Lgs 152/2006 e s.m.i in materia di bonifiche, ma si trova all’interno di un’area SIN costituita da tutta l’area afferente la centrale elettrica (oggi Edipower). Nel momento in cui si deciderà di smantellare l’impianto si provvederà a redigere ed a presentare agli Enti competenti il Progetto/Piano di caratterizzazione nonché il progetto di intervento ed eventualmente di bonifica per restituire all’uso urbanistico industriale le aree occupate“.

In definitiva, l’area sulla quale la A2A ha presentato il progetto e verifica di VIA NON E’ STATA SOTTOPOSTA A CARATTERIZZAZIONE, anche se prevede l’esecuzione di scavi per la realizzazione delle vasche di raccolta dei rifiuti e quindi una movimentazione di terreno la cui composizione chimica è del tutto sconosciuta.

E’ questa una procedura del tutto anomala che non può essere accettata e che impedisce, anche in un’ipotetica valutazione positiva del progetto, la restituzione dei terreni agli “usi legittimi” e, quindi, la realizzazione dell’intero impianto. Evidentemente sfugge ad A2A che, anche in mancanza del progetto presentato, deve, in quanto proprietaria dell’aria e di Edipower, effettuare la caratterizzazione del sito industriale sul quale per decenni ha operato la centrale termoelettrica a carbone.

 

Cap. 1.5: Non ottemperanza alla Direttiva Comunitaria 2010/75/UE relativa alle “emissioni industriali” ed alla “Prevenzione e riduzione integrale dall’inquinamento”;

Fa specie che nell’elenco delle normative prese in considerazione per lo sviluppo del progetto e della relativa VIA, la A2A abbia escluso totalmente la Direttiva 2010/75/UE.
Ciò sembra come un’apparente furbizia in quanto:
alcune attività sviluppate nell’impianto proposto (bioessiccazione, trattamenti, ecc.) rientrano nell’allegato 1 dell’art. 10 della Direttiva e con quantitativi non conformi rispetto a quelli presentati;
all’art. 11 ed in merito alla produzione di rifiuti si riporta testualmente: “nel caso si producano rifiuti, questi ultimi, in ordine di priorità e conformemente alla direttiva 2008/98/CE, sono riutilizzati, riciclati, ricuperati o, ove ciò sia tecnicamente ed economicamente impossibile, sono smaltiti evitando e riducendo ogni loro impatto sull’ambiente“. Dalla presentazione del progetto risulta, invece che il 20%, fra perdite di processo e rifiuti prodotti vadano per buona parte in discarica, pur essendo questi del tutto recuperabili.

– ecc.

In definitiva, senza entrare ulteriormente nel merito della Direttiva, fra l’altro recepita ed entrata in attuazione attraverso il richiamato D.Lgs 46/2014 del 4 marzo 2014, appare strano che possa sfuggire alla progettazione di un impianto industriale quanto prescritto per la prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento.

L’ottemperanza a tale Direttiva ed al relativo D.Lgs 46/2014, si ritiene sia elemento prescrittivo per l’autorizzazione all’esercizio richiesta ai sensi dell’ex art. 208 del D.Lgs 152/2006.

 

Cap. 2: Osservazioni in merito al progetto presentato.
Qui di seguito si riportano alcune succinte considerazioni in merito al progetto presentato da A2A che, ove fosse utilizzato solo ed esclusivamente per il recupero di tutte le componenti del CSS, salvo alcune integrazioni che di seguito si riportano, sarebbe in grado di produrre occupazione ed elevata redditività, con una sostenibile “impronta ecologica”.

In merito al progetto e fatta salva la richiamata improcedibilità della richiesta per le notevoli inottemperanze richiamate al Capitolo n. 1, qui di seguito e succintamente si riportano alcune considerazioni sul progetto presentato da A2A.

 

Cap. 2.1: In merito all’impianto di “biostabilizzazione”.
In primis risulta poco produttivo, nell’economia globale dell’impianto, introdurre rifiuti che hanno la necessità di essere biostabilizzati e che quindi contengono una elevata quantità di materiale organico; né il solo utilizzo dei “sovvalli”, rivenienti da impianti di biostabilizzazione aerobica del rifiuto organico (umido) proveniente da raccolte differenziate e/o selezionate, può essere molto utile, vista la scarsa e/o limitata (mai superiore al 10/15%) presenza di componenti che concorrono alla realizzazione di un buon CSS.

Questa considerazione prescinde dalla rispondenza dei rifiuti, mediante i codici CER/ERR, al DMA 22/2013 e quindi dalla possibilità di utilizzare rifiuti che appartengono al Capitolo 19 ed in particolare al Sottocapitolo 1905: “rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi”, del tutto legittimata dalla norma, ma va oltre in quanto rispetto al progetto presentato si rileva che:

1. L’unico “biofiltro” considerato e per il quale non risulta adeguatamente sviluppata né la progettazione e né la tipologia dei reflui gassosi introdotti, si ritiene insufficiente per abbattere totalmente gli inquinanti, senza produrre rischi di inquinamenti odorigeni.
L’efficienza del trattamento del gas prodotti con la sola biofiltrazione è variabile dall’83% per i VOC al 92-94 % per gli altri composti; tale rendimento è oggettivamente possibile solo ed esclusivamente in condizioni di perfetto funzionamento del biofiltro, cosa che non sempre si ha.

Resta il fatto che le percentuali di abbattimento dell’inquinamento odorigeno derivante anche dai punti di “emissioni concentrate” sono del tutto insufficienti per garantire la salubrità dell’area dell’intorno e dell’interno dell’impianto.

A ciò si aggiunga che la progettazione del biofiltro prevede la sostituzione del materiale costituente il “biofiltro” solo ogni 5-7 anni; tale periodo è decisamente molto elevato al punto che il rendimento richiamato precedentemente si abbatte notevolmente e si ha la quasi totale certezza di produrre un inquinamento odorigeno.

Non va inoltre dimenticato (e non considerato nella VIA) che tutta l’area nell’intorno della centrale subisce, in particolari condizioni anemometriche, un forte inquinamento odorigeno riveniente dall’impianto di depurazione dei reflui organici posto a poche decine di metri.

Non è possibile ipotizzare una ulteriore fonte di inquinamento odorigeno.
2. Acquisizione di due abbattitori primari (scrubber).

Onde evitare del tutto problemi d’inquinamento odorigeno, come si ritiene possa indurre il solo biofiltro considerato, sarebbe stato opportuno prevedere l’utilizzo di “abbattitori primari” ed immettere i gas trattati, solo successivamente, nel biofiltro esistente.

L’utilizzo di abbattitori primari è necessario in considerazione del fatto che gli “odori” vengono, in massima parte, diffusi perchè trasportati da “supporti molecolari” di dimensioni minime (micro-polveri dell’ordine di millesimi/cen-tesimi/decimi di micron), oppure sono diffusi da molecole di gassificazione e che tali “supporti” sono costituiti da molecole maggiormente idrosolubili quali: ammoniaca, alcoli, acidi grassi volatili, mentre quelle più difficilmente idrosolubili sono sostanze come: ammine, acido solfidrico, chetoni, aldeidi.

E’ evidente, quindi, che le micro-polveri che trasportano i contaminanti odorigeni devono essere abbattute evitando che possano essere immesse in atmosfera.

Gli “scrubbers” sono “abbattitori primari”, quindi posti a monte della successiva fase di abbattimento nei “biofiltri” e sono costituiti da torri verticali in cui avviene il lavaggio dei fumi o dei gas.

Il funzionamento di queste torri di lavaggio pone le radici nel principio di assorbimento; in questi macchinari infatti, avviene il trasferimento dei componenti inquinanti idrosolubili costituenti veicolo di trasporto per le molecole odorose.

Il liquido assorbente usato in maggiore quantita e l’acqua che pone tuttavia limiti all’efficienza dei sistemi in presenza di fonti di odore provenienti da composti scarsamente idrosolubili.

Le molecole che non sara possibile solubilizzare sono costituite, per lo più, da composti solforati fortemente odoriferi come: dimetildisolfuro, terpeni, idrocarburi aromatici. Per questo tipo di composti e necessario intervenire attraverso l’utilizzo di reagenti chimici volti a provocare l’idrolisi o l’ossidazione in fase gassosa o liquida dei composti, in modo tale da abbattere gli odori.

Proprio nella difficoltà di abbattere alcuni composti, così come riportato, gli scrubber fungono da “prefiltri” e/o “abbattitori primari”, prima di inviare lo stesso fluido di abbattimento al letto biofiltrante.

E’ stato testato, con analisi private, che l’abbattimento odorifero del biofiltro aumenta esponenzialmente se il fluido maleodorante viene prima “lavato” all’interno di uno Scrubber e poi inviato al letto del biofiltro.

In definitiva, appare del tutto incomprensibilmente il motivo per il quale è stato escluso l’abbattitore primario dall’attuale lay-out impiantistico.

3. La valutazione in merito ai 2 ricambi d’aria ora appare scarsa rispetto ai più utilizzati per efficienza 3 o 4 ricambi/ora.

 

Cap. 2.1: In merito alla Linea di raffinazione dell’impianto.

L’impianto per come progettato sarebbe in grado di produrre un buon recupero delle varie componenti costituenti il CSS ed in particolare, con l’aggiunta di ulteriori macchine a tecnologia “NIR”, potrebbe differenziare i vari polimeri presenti nel rifiuto e fare reddito certo. Non vi sono, quindi, molte osservazioni da fare se non quelle sommariamente di seguito riportate:
1. Non si evince se il trasporto notturno fra l’impianto e la centrale del CSS prodotto avvenga su nastro trasportatore coperto e/o scoperto;
2. L’impianto prevede un solo punto emissivo (E1) ma non si riporta l’altezza del relativo camino; inoltre appare strano che con la presenza di tre trituratori vi sia solo un punto emissivo, quando sarebbe opportuno, in virtù del monitoraggio delle polveri da effettuare, che ogni trituratore abbia il proprio punto emissivo.

Sul camino, come da prassi, va realizzata un’apposita apertura per permettere, a 2/3 dell’altezza, ad ARPA ed alla stessa A2A di effettuare i prelievi relativi al monitoraggio delle emissioni di PTS.

3. E’ da rigettare, oltre che nei termini ambientali anche in quelli normativi, l’ipotesi avanzata da A2A di riutilizzo delle “polveri” prodotte dall’impianto di raffinazione nella combustione ed in aggiunta al CSS.

Le polveri, infatti, costituiscono rifiuto (se della stessa composizione del CSS) e come tali devono essere trattate.

Inoltre, in una situazione ambientale critica, quale quella di Brindisi per la presenza, a volte oltre i limiti previsti per le PTS e per la sottoclasse delle PM10, ipotizzare di portare in co-combustione con il carbone CSS-combustibile e polveri di CSS, parafrasando, è come immettere alcol su di un fuoco acceso.

4. La registrazione ECHA effettuata da A2A per il CSS-combustibile prodotto in altro impianto è relativa al “peggiore” CSS e, quindi, a quello di classe 3-3-2; questo aspetto non denota sicuramente bene nella capacità dell’impianto di produrre un CSS migliore. E’ pleonastico affermare che il CSS prodotto sarà “ALMENO” di classe 3-3-2.

5. In merito al PCI del CSS-combustibile prodotto, si riporta che sarà di 4.000 Kcal/Kg; nulla si riferisce in merito al caso in cui si produce un CSS con potere calorifico (PCI) inferiore e/o molto inferiore a 4.000Kcal/Kg.
6. Vi è opposizione rispetto al concetto di un “beneficio ambientale” ottenuto con l’utilizzo in co-combustione di CSS; si ritiene che il reale “beneficio ambientale” possa derivare dal totale recupero delle varie componenti del CSS prodotto.
In merito al “recupero” di alcune componenti (plastiche clorurate, materiali ferrosi e non ferrosi) non è stato sviluppato alcuno “scenario”, anche se la sottrazione della componente inorganica avviene “normalmente” nella produzione di CSS.
7. Nella richiesta di autorizzazione avanzata alla Provincia di Brindisi titolare per delega regionale, del rilascio ai sensi dell’art. 208 del D.Lgs 152/2006 e s. m. ed i., vengono riportate solo “operazioni” da svolgere in R3-R12 ed R13.
Si ritiene che per quanto previsto nell’impianto, debbano essere anche richieste autorizzazioni in merito a: R4 (Riciclo e riutilizzo dei metalli e dei composti metallici) ed R5 ( Riciclo e riutilizzo di altre sostanze inorganiche); questa ultima per l’eventuale presenza di vetro, inerti, ecc.
Risulta impropria l’operazione in R12 (scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni da R1 ad R11) in quanto tale operazione non soddisfa la funzionalità dell’impianto; infatti, una cosa è, nella gestione dei rifiuti, lo “scambio” (R12) ed altra cosa è il “recupero”.

 
Per tutte le ragioni richiamate in queste “osservazioni”, Legambiente ritiene che vada rigettata la richiesta avanzata da A2A e relativa al progetto presentato.rcizio richiesta ai sensi dell’ex art. 208 del D.Lgs 152/2006.

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