Impara l’arte e mettila da parte.
Il celeberrimo proverbio, valido in altre circostanze, non calza per una città come Brindisi, che ha molto da imparare dall’arte e che ha assoluto bisogno di coltivarla, non certo di metterla da parte.
Invece, in queste ore, la città sta mettendo da parte una delle poche iniziative artistiche private, l’unica che ha avuto il merito di scuoterla dall’atavico torpore.
Parliamo del MAP, il Museo dell’Arte Presente.
Nei giorni scorsi è rimbalzata la notizia che l’Arcidiocesi, proprietaria della Chiesa di San Michele Arcangelo, ha sfrattato il Museo curato dal prof. Massimo Guastella, l’iniziativa che, in breve tempo, è riuscita a rappresentare un punto di riferimento per l’universo culturale dell’intero Salento.
Il Map è un vero e proprio orgoglio per Brindisi, uno dei luoghi artistici più visitati dai turisti, una delle poche strutture pensate per affiancare alla mera esposizione artistica, la didattica e la diffusione del messaggio artistico e civile.
La sua esperienza (anche sul versante della promozione e diffusione dell’arte ai ragazzi e alle categorie protette) non può morire sol perché l’Arcidiocesi ha deciso di riprendersi un luogo che, solo grazie ai privati, ha ripreso quella dignità e quella riconoscibilità che merita.
La Chiesa di San Michele Arcangelo, sede del MAP, era diventato un presidio culturale d’eccellenza in una città che ha fame di cultura, una città che ha necessità di riappropriarsi del concetto di arte e bellezza, una città che tenta di svegliarsi dal “torpore e dall’incuria”. Una città in cui se esiste un minimo sentimento di appartenenza alla comunità e se balena nell’anima l’orgoglio di poter vantare eccellenze sociali e culturali, si comprende che non è possibile accettare passivamente che si perda l’esperienza del MAP.
In queste ore si stanno susseguendo diverse riflessioni sulla rilevanza del ruolo del MAP all’interno della comunità brindisina (e salentina) e moltissimi appelli tesi ad evitare la chiusura del Museo sollecitando le autorità (ecclesiastiche e civili) ad offrire una sede consona al valore socioculturare del Museo curato dal prof. Guastella.
In questa pagina riportiamo tre riflessioni: quella del regista brindisino Simone Salvemini e quelle dell’architetto Fulvio Tornese e dell’artista e professore Andrea Buttazzo, due leccesi che raccontano il MAP come eccellente presidio culturale della città di Brindisi.
Il Map rappresenta (mi rifiuto di parlare al passato) un simbolo di libertà artistica ed un punto di riferimento culturale importantissimo per questo nostro difficile territorio.
L’opera di Massimo Guastella, la sua capacità di valorizzare il nostro patrimonio artistico, storico ed umano, il suo impegno quotidiano, la passione che egli mette in ogni suo progetto, le sue qualità sono note a tutti, in maniera incontestabile.
Vi prego, non continuiamo a suicidarci…
Il baratro della coscienza è molto, molto vicino.
Mostriamo tutti un po’ di amor proprio.
Il MAP è di tutti, viva il MAP!
Simone Salvemini
– Il MAP non c’è?
– Com’è che il MAP c’era?
Quando nel lontano 2010 sentì parlare per la prima volta del MAP ne rimasi subito affascinato. Era ancora un progetto, si parlava di Brindisi, a due passi dal Duomo, in una Chiesa inattiva. Per prima fu Eleonora, poi incalzava Giuseppe ed infine l’autorevole Lucio, ero ad una mostra a Lecce in una di quelle gallerie che aprono per il tempo di due Natale. Mi si parlava di scultura, solo di scultura. In un contesto sud pugliese sordo e cieco all’arte delle forme.
Conobbi, qualche mese dopo, quasi per caso Massimo Guastella al Must, gradiva dei progetti, site-specific. Con estrema gioia assistemmo insieme al parto di “Maneggiare con cura”.
Poi inaugurazione e qualche mese dopo laboratorio intensivo per la realizzazione di una natività in collaborazione con gli studenti del Liceo Scientifico “Fermi Monticelli” dove amici del MAP come Amedeo ritraevano immagini, Giovanni catturava note e suoni, Angelo interpretava forme in costumi. Insomma posso dire di aver vissuto quegli spazi come fossero stati miei per un po’. O meglio, come se io fossi stato parte di quel progetto. Ho visto sempre un gruppo che lavorava, che si affaticava, che si affannava in nome di una cultura autoprodotta dove i potenti mezzi erano riposti solamente nell’energia dell’utopia.
E che utopia.
Quella stessa utopia che cerco di infondere nei miei alunni, quella che provo a far inseguire ai miei figli, quella che vivo quando supero, in entrata, la soglia del mio laboratorio.
Del resto Massimo lo disse subito, siamo provvisori! Ora ne resta l’energia che mi auguro porti a nuove avventure, nuovi spazi e, se proprio di utopia dobbiamo parlare, nuovi riconoscimenti.
“Maneggiare con cura” lo dice lei stessa come trasferirla.
Con orgoglio, grazie
Andrea Buttazzo
È un triste momento per una città che pure negli ultimi anni ha tentato di risollevarsi dal torpore e dall’incuria. Appare incredibile che una meritoria e disinteressata attività di promozione e valorizzazione culturale venga spazzata via in un solo momento neanche fosse un’ anonima attività commerciale. Il dramma, evidentemente incomprensibile ai cinici proprietari, è che a fronte della barbarie culturale che incombe, la valorizzazione di un edificio, di un quartiere non è un processo che si può interrompere e riprendere in qualsiasi momento.
Questo processo se lo fermi lo uccidi.
Mi sarei aspettato che l’ impegno profuso dal Prof. Gustella e dai tanti amici che lo hanno sostenuto fosse addirittura premiato e che le Autorità Ecclesiastiche, l’Arcidiocesi immagino, decidesse di destinare alle attività del MAP finalmente delle risorse vere per il prosieguo e lo sviluppo delle attività culturali.
Per puro paradosso e in un solo istante, viene dato un colpo mortale alla crescita e alla speranza di una comunità di liberarsi di decenni di storia marginale.
Tutta questa vicenda è circondata in un’ incredibile aura di anacronismo, proprio nel momento in cui la Chiesa punta a valorizzare e condividere le conoscenze aprendosi al Laicismo, é triste pensare che ciò possa venire dappertutto, ma non a Brindisi.
Fulvio Tornese
In questo momento di pianto culturale per la città di Brindisi, mi sarei atteso un cenno consolatorio dal vescovo. Restauro della Chiesa di San Michele? Ma se sembra perfetta, anche perché non da molto restaurata. Sta crollando? Ma perché allora tanta assenza e lontananza dalla città che lo ospita, forse che lo sopporta? Non sono le sue omelie o gli incontri nelle segrete stanze, ma soltanto la vicinanza e il dialogo (vedi papà Francesco) con i bisogni della città giustificherebbero il reale significato evangelico della sua missione…Grazie Enzo