Arrivano i primi effetti negativi del processo di decarbonizzazione della centrale Enel di Cerano.
Al cambio del contratto di appalto, la ditta Sir ha dichiarato 38 lavoratori in esubero, su 83 unità impiegati nella suddetta attività nel porto di Brindisi, effettuata per conto di ENEL.
La notizia ha subito portato le segreterie di CGIL, Cisl e Uil a chiedere con urgenza un incontro in Prefettura.
Questa la nota congiunta sottoscritta dai segretari Antonio Macchia, Francesco Solazzo e Tonino Licchello.
L’azione di presidio dello Stabilimento ENEL di Cerano, iniziata questa mattina alle prime luci del giorno, da parte dei Lavoratori del Servizio di logistica che gestiscono lo sbarco carbone, imbarco ceneri /gessi e trasporto, rappresenta la punta dell’iceberg di un avvenimento che, in realtà, esprime complessivamente la crisi di un sistema “malato” di appalti che sta mettendo in discussione la tenuta occupazionale, con il rischio che le conseguenze siano durissime per il nostro territorio. È bene precisare che altre commesse stanno arrivando al termine.
Come è noto, al previsto cambio del contratto di appalto, la ditta Sir ha dichiarato 38 lavoratori in esubero, su 83 unità impiegati nella suddetta attività nel porto di Brindisi, effettuata per conto di ENEL, eludendo la prevista clausola sociale poiché le Parti Sociali non hanno accettato le modifiche contrattuali proposte, che falcidiavano i salari dei Lavoratori destinati ad una ricollocazione in altri segmenti operativi.
Si tratta di un atto illegittimo ed intollerabile. Il cambio d’appalto, in presenza di una clausola sociale, non può in nessuna forma configurare il licenziamento dei lavoratori, che debbono passare alle dipendenze del soggetto subentrante come previsto dalla normativa, così come è inaccettabile che venga applicato un differente contratto collettivo che incide pesantemente sulla retribuzione dei Lavoratori che acuisce il processo di impoverimento, reale e percepito, accanto al dato negativo dell’occupazione, presente nel nostro territorio.
La decarbonizzazione è una oggettività dalla quale non si può tornare indietro, ma serve una “road map” anche nel sistema degli appalti che porti al migliore degli esiti possibili, in termini di occupazione, sostenibilità e ritorno economico per il territorio; può rilevarsi una grande opportunità solo se verranno contestualmente programmati adeguati investimenti per lo sviluppo economico e produttivo. È da qui che nasce l’obbligo di non lasciare dietro nessuno, per evitare che siano i lavoratori a pagare i costi della transizione.
In questa fase, c’è bisogno di grande responsabilità nel gestire la transizione energetica, se invece si continua a voler decidere di adottare unilateralmente provvedimenti tesi a perseguire la corsa al ribasso sui servizi appaltati, il risultato appare scontato: a risentirne sono i diritti dei Lavoratori, col rischio di una grave implosione sociale. E questo noi non ce lo possiamo permette, anche in considerazione degli indicatori socio – economici presenti sul territorio che esprimono una profonda crisi.
Pertanto, si chiede un urgente incontro, finalizzato a trovare le giuste soluzioni.
Si muove anche il Sindacato Cobas che ha dichiarato lo stato di agitazione di tutto il personale delle ditte appaltatrici e dell’Enel”.
Questa la nota pervenuta agli organi di informazione:
“La ditta SIR ha vinto la gara per la movimentazione del carbone della Centrale di Cerano con la clausola da parte Enel di utilizzare solo la vecchia platea storica composta di 45 lavoratori.
In questi anni i lavoratori impegnati per le attività di movimentazione del carbone sono stati oltre 80 e la SIR, dopo l’ultima gara vinta, ha quantificato gli esuberi in 38 unità per i le quali ha avanzato una proposta di ricollocazione ad altre attività.
Sono 16 i lavoratori di questa platea di espulsi dal processo produttivo della centrale Enel di Cerano che hanno rifiutato a diverso titolo la proposta di ricollocazione e di conseguenza sono interessati da una procedura di licenziamento collettivo da parte della SIR.
Inizia così ufficialmente il processo di dismissione della Centrale alla quale come al solito Cgil-Cisl-Uil arrivano sempre in colpevole ritardo.
E’ arrivato il momento di unire tutti i lavoratori della Centrale di Cerano nella lotta per trovare soluzioni alternative, di rispondere insieme come territorio per ribadire che tutti abbiamo diritto ad avere la continuità occupazionale, anche attraverso un modello di sviluppo diverso e possibile.
Denunciamo intanto il comportamento non collaborativo dell’Enel che tarda soddisfare la richiesta di gruppi di lavoratori di avere la possibilità di utilizzare una sala per svolgere un’assemblea aperta con la parlamentare di 5 Stelle, Valentina Palmisano, che si sta occupando della questione, e con il Cobas, rappresentato da Roberto Aprile, che da tempo aveva chiesto un incontro con il MISE proprio per porre al centro la discussione sulle prospettive occupazionali legate alla dismissione della centrale a carbone.
Candidamente però, i rappresentanti dell’Enel hanno affermato che la sala può essere concessa, ma alla sola condizione che sia inibito l’ingresso al rappresentante dei Cobas, Roberto Aprile.
Ribadiamo qui la nostra proposta di fare comunque una assemblea all’ esterno, così come abbiamo già fatto il 24 ottobre dello scorso anno davanti ai cancelli della centrale e, nel caso, continueremo a fare assemblee ovunque si possano fare.
Per i lavoratori dell’indotto e dell’Enel è arrivato il momento della verità.
Non ci possiamo far trovare divisi perché così ci hanno fatto perdere tante volte in questa città.
Le proposte del Cobas:
– l’utilizzo di un ammortizzatore sociale ad hoc non solo per i dipendenti dell’Enel ma anche per i dipendenti delle ditte appaltatrici prossimi al pensionamento, della durata di 7 anni
– pianificazione dello smantellamento, bonifica e ripristino dello stato dei luoghi delle due centrali che darebbe continuità occupazionale non di poco conto per tutto il periodo occorrente allo svolgimento delle tre fasi
– il resto lavoratori giovani che sarebbero lontani dall’età pensionabile inserirli in percorsi di corsi di formazione professionali specifici sullo sviluppo, installazione e manutenzione delle filiere rinnovabili compreso l’idrogeno verde prodotto con il 100% dell’energia da fonti rinnovabili
– no alla trasformazione a gas della stessa Cerano e dall’altra centrale storica di Brindisi Nord, oggi A2A
– no a nuovi gasdotti che legherebbero il nostro futuro a scelte climalteranti e speculazioni internazionali assai opache come con il TAP.
-chiediamo che quei soldi invece di essere spesi per la riconversione a gas delle Centrali vengano investiti per realizzare Comunità Energetiche in tutti i comuni della Provincia, un utilizzo quindi delle rinnovabili in ogni casa, condominio e ogni struttura pubblica: ci sarebbe molta più occupazione che delle poche decine di occupati previsti con una centrale a gas
– non vogliamo che i soliti furbi del quartierino si accaparrino i finanziamenti europei tanto attesi dall’Italia, soldi di cui Brindisi nei programmi del Governo nazionale è ancora a tutt’oggi escluso
– creazione di un centro di ricerca e sviluppo delle tecnologie delle fonti rinnovabili.
Solo una lotta su questi contenuti potrà contribuire a costruire un futuro diverso per Brindisi.”
L’on. Valentina Palmisano (Movimento Cinque Stelle) ha presentato un ‘interrogazione parlamentare al Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, ed al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, in merito ad alcune vertenze che riguardano il territorio brindisino sostenendo che “Occorre tutelare i lavoratori del polo energetico di Brindisi. Serve chiarezza sul ritardo nelle autorizzazioni richieste da Enel per i nuovi impianti, al momento senza risposta”.
Scrive la parlamentare grillina: “l‘istanza trae origine da un recente confronto avvenuto nei giorni scorsi tra parte sociali, imprese, coordinato dalla Prefettura di Brindisi. «Il 21 marzo 2021, su richiesta dei rappresentanti delle segreterie territoriali di Ficltem-Cgil, Flaei Cisl-Uiltec Uil di Brindisi, si è svolto un incontro con il prefetto di Brindisi, Carolina Bellantoni e rappresentanti di Enel e Confindustria, per discutere sui gravi ritardi relativi alle procedure autorizzative dei nuovi impianti a gas previsti a Brindisi, necessari ad una transizione energetica e al passaggio verso la totale decarbonizzazione. «Con l’approvazione definitiva, nel 2019, del Piano nazionale energia e clima è stato confermato che il sistema elettrico italiano necessita di una capacità installata di generazione termoelettrica da impianti a gas non inferiore a 50 Gigawatt per soddisfare i criteri di adeguatezza a livello nazionale. Nei suoi piani industriali –riferisce on .Valentina Palmisano- Enel ha previsto investimenti per nuovi impianti a gas, da costruirsi nei siti in cui si trovano le attuali centrali a carbone, che dovranno essere dismesse. In particolare su Brindisi Enel ha avviato il processo autorizzativo per un progetto che prevede la sostituzione delle quattro unità a carbone esistenti». Si tratta di soluzioni che, secondo la delegazione sindacale guidata dai segretari Antonio Frattini (Filtem Cgil), Marco Bernardo (Flaei Cisl) e Carlo Perrucci (Uiltec Uil), sono essenziali per lo sviluppo di una corretta transizione energetica nazionale e per la garanzia di assicurare un minimo battente occupazionale, ma al contempo risultano insufficienti a garantire un’adeguata presenza industriale del gruppo Enel nel polo di Brindisi e, di conseguenza, una continuità lavorativa, che va ricercata con ulteriori nuovi investimenti. «Nel piano nazionale integrato energia e clima il nodo elettrico di Brindisi è esplicitamente citato per la sua strategicità nella rete di trasmissione zonale, nazionale e internazionale, attraverso l’elettrodotto sottomarino di Galatina che collega l’Italia alla Grecia. Ora i ritardi nel rilascio delle autorizzazioni rischiano di compromettere la partecipazione alle prossime aste che Terna lancerà per nuovi impianti a gas e l’attuazione del progetto della realizzazione dei nuovi impianti a gas, con il rischio dell’abbandono del polo di Brindisi da parte di Enel. Ed è per questo- conclude la parlamentare pugliese- che ho chiesto al governo la necessità di chiarimenti circa i ritardi nelle autorizzazioni previste per la realizzazione dei nuovi impianti a gas da costruire a Brindisi e le azioni di sua competenza che intende porre in essere anche al fine di garantire una continuità lavorativa per i circa 800 lavoratori, dipendenti Enel e dell’appalto, coinvolti nel passaggio verso la decarbonizzazione del sito»
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