Ieri ho incontrato Marcello Rubini; non lo vedevo da dieci anni, dall’ultimo dei suoi ritorni qui a Brindisi.
Vive a Roma da sempre; se ne partì che eravamo ancora ragazzi, forse prima della fine del Liceo.
Ieri mattina passeggiava da solo sul lungomare con quella sua sagoma elegante e i capelli oramai completamente bianchi.
Pur avendo qualcosa di naturalmente altero nel portamento, Marcello ha sempre l’aria di essere di passaggio, come se chiedesse scusa, come se si ritenesse ingombrante.
Era da solo prima dell’inizio della piazzetta del bar Betty e guardava estasiato il monumento al marinaio e la vegetazione bassa del Casale inondata dal sole.
Si avvicinava al mare con gli occhi fissi sull’altra parte ed ho avuto la sensazione che se qualcosa o qualcuno non lo avesse distratto avrebbe continuato a camminare incurante del mare che era oramai a due o tre passi dai suoi piedi.
Sono salito su uno dei parapetti di cemento e da li, con il mio telefonino, ho mimato il paparazzo che ruba una foto al divo …. questa non me la lascio scappare …ho detto … Marcello Rubini a Brindisi … mi ha sorriso e ci siamo abbracciati come abbiamo sempre fatto in questi ultimi trent’anni.
E’ invecchiato: il taglio di capelli giovanile e l’eleganza degli abiti quasi stridono con le profonde rughe cittadine e con lo sguardo ancora acuto ma stanco di sbagli e di rimorsi.
Ti trovo bene … anch’io … che fai? … sopravvivo … anch’io … la cosa migliore di questi tempi … certamente … cos’è? … ti affascina il Casale? … sembra che tu non l’abbia mai visto … non te lo ricordavi?
e poi gli ho gettato così a caso, con una smaccata finta invidia, qualche complimento sulla sua vita di successi e di piaceri che qui a Brindisi non avrebbe mai avuto …
non credo che mi abbia ascoltato … ha riguardato fissamente il Casale e mi ha detto quasi soprapensiero :
io ho sempre fatto così, ho guardato alla meta, all’arrivo e non mi sono curato della strada che c’era da fare … detta così sembra una cosa buona, ma non è vero … è come qui sul lungomare … se cammini guardando l’altra sponda vai a finire male … e invece il mare è così bello … certo è pericoloso … è più facile prendere l’auto e fare il giro … ma, alla fine ti perdi la parte più bella …
l’ho interrotto, ho cercato di scherzare … insomma questo lungomare è una metafora della vita …. ma anche allora non mi ha ascoltato ed ha continuato come in trance …
Apunto, io forse mi sono perso la parte più bella … pensa, ai ragazzi insegnano a guardare la meta, a non perdersi con i dettagli … io, se avessi avuto un figlio, oggi, gli consiglierei il contrario … di lasciarla stare la meta, di non pensare ad arrivare qualunque fine si porta nell’anima … soldi, successo, lavoro … amore … a me queste cose non mancheranno … ho già nostalgia, invece, per i dettagli, per le giornate fredde, gli incidenti, le notti, un bicchiere di vino, un’incazzatura, una sigaretta da solo …
ha detto più o meno così e poi si è come risvegliato e mi ha guardato sorridendomi come se mi vedesse allora …
all’improvviso ho sentito tutto il freddo della tramontana ghiacciata …
sembrava si volesse scusare di avermi tenuto li al freddo ad ascoltarlo…
ci siamo salutati e ci siamo ripromessi di rivederci in occasione di una mia visita a Roma …
l’ho accompagnato per un po’ e poi l’ho guardato mentre se ne andava verso l’albergo … solo, infreddolito, con tutto il suo carico di disperazione calma, muta … quasi rassegnata.
Oggi J., un nostro amico comune, al quale ho raccontato dell’incontro, mi ha detto che Marcello non lo rivedremo più.
A. Serni
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