Riceviamo dalle Rappresentanze Sindacali Unitarie del Liceo Scientifico Fermi – Monticelli di Brindisi e pubblichiamo integralmente il documento che in data 16 u.s. 41 docenti del Liceo Scientifico Fermi – Monticelli hanno indirizzato alla propria scuola in relazione alla assegnazione del bonus premiale previsto dalla famigerata L. 107/2015 c.d. della “Buona Scuola”.
In tale documento viene ripercorsa, come è giusto, molta della storia di opposizione alla ennesima riforma che esattamente un anno prima, aveva colpito la qualità della scuola pubblica. Il nucleo essenziale riguarda il rifiuto di richiedere tale “elemosina”, dopo che dal 2009 la scuola è priva di contratto nazionale di lavoro, e di donare ‘eventuale compenso ai bisogni dei propri studenti, che come è logico sono il centro della propria attività professionale.
NO, GRAZIE !
Un uomo forte non ha bisogno del potere;
un uomo debole ne rimane schiacciato.
(Nicola II di Russia)
Eccoci ancora qui, a ricordare, riprendere le fila del discorso, ricostruire la nostra dignità di lavoratori ed esseri pensanti, rivendicare coerenza, analizzare e proporre.
Coltivare la memoria, per noi, non è hobby ma dovere.
Per chi volesse ricostruire l’intero percorso critico, proponiamo una breve road map.
Il passato remoto
Siamo stati contrari al documento governativo La Buona Scuola del 3 settembre 2014, e le nostre fondate motivazioni le abbiamo espresse pubblicamente nel documento In principio era la Costituzione… Non per “La buona scuola” del 2 novembre 2014, fatto ufficialmente proprio dal Direttivo Provinciale della FLC-CGIL di Brindisi, e già sintetizzato in una Mozione dei lavoratori della scuola adottata da molte istituzioni scolastiche della nostra provincia, compreso il liceo “Fermi-Monticelli” (Assemblea dei lavoratori del 28 0ttobre 2014). Abbiamo alimentato, da allora in avanti, ogni tipo di iniziativa di sensibilizzazione pubblica sul tema, e di coinvolgimento di studenti e famiglie (documenti, appelli, petizioni, mozioni, lettere,
sit in, flash mob, manifestazioni in piazze reali e virtuali), promuovendo azioni di protesta in ambito locale, e partecipando a quelle di spessore regionale e nazionale.
Siamo stati contrari al Ddl Scuola (stampato Camera n.2994 del 20 maggio 2015), e le nostre fondate motivazioni le abbiamo ancora una volta espresse pubblicamente, mentre il ddl era in discussione al Senato, nel documento Appello per il ritiro del Ddl a salvaguardia della scuola pubblica, ugualitaria, laica e democratica (Assemblea dei lavoratori del liceo “Fermi-Monticelli”
del 29 maggio 2015).
Il passato prossimo
Siamo stati, dunque, coerentemente, contrari alla legge 107 del 13.07.2015, che si presentava come tappa conclusiva di un percorso destinato a peggiorare la qualità dell’istruzione pubblica e ad allargare le disuguaglianze sociali e territoriali, e ci pareva, e ci pare ancora, portatrice altresì di profili di illegittimità legale e costituzionale (e la successiva campagna
referendaria ha dato ragione, se non altro, almeno alla fondatezza dei nostri dubbi). C’era da dire qualcosa, e lo abbiamo detto, oltre che su contenuti e legittimità, anche sul metodo dell’approvazione: voto di fiducia su una norma composta da un unico articolo di 212 commi (roba da necessità di navigatore, per orientarsi in così disorganico mare magnum!). Non è certo questo
documento lo spazio più opportuno per riepilogare i motivi di un così radicale dissenso, ma almeno proviamo a fare sintesi.
Questa legge colpisce:
· i diritti dei lavoratori precari, perché determina esclusioni e discriminazioni;
· la libertà di insegnamento, attraverso la chiamata diretta dei docenti e un sistema
premiale autoritario e discriminatorio;
· il ruolo degli organi collegiali, ridimensionato rispetto al Ds;
· le prerogative della contrattazione, esautorate in materia di mobilità,
professionalità, retribuzione accessoria;
· l’autonomia e la libertà professionale dei Ds, con una valutazione effettuata da
ispettori temporanei nominati dal Ministro e con criteri non definiti
contrattualmente;
· la democrazia delle istituzioni, con un eccesso ingiustificato di deleghe.
Per un’analisi più dettagliata (19 punti di criticità) rimandiamo alla lettura integrale del nostro documento del 12 gennaio 2016, Quelli del no (ragionato), proposto all’Assemblea dei lavoratori del liceo “Fermi-Monticelli” del 14 gennaio 2016), e disponibile, a data 21 marzo 2016, anche sul sito della FLC-CGIL Brindisi.
Già in quella sede all’analisi seguivano indicazioni operative. Riproduciamo il testo, scusandoci della lunghezza, necessaria, della citazione.
E la smettiamo qui, per carità di patria, perché i punti di criticità della legge 107 sono davvero innumerevoli. Tanto
innumerevoli e palesi che le rappresentanze sindacali più forti del mondo della scuola (FLC-CGIL, CISL SCUOLA, UIL SCUOLA, SNALS CONFSAL e GILDA UNAMS), dopo anni di fratture e monadismo, sono riuscite ad elaborare una piattaforma comune d’azione, firmando a Roma, il 28 agosto 2015, il documento Risparmiamo alla scuola gli effetti più deleteri della legge 107/2015, il cui senso generale è l’indicazione di fare riferimento ai principi costituzionali ed alle disposizioni normative e contrattuali, di cui la legge 107 non ha sancito il superamento, per adottare comportamenti, pienamente legittimi, rivolti a salvaguardare l’autonomia professionale dei docenti e del personale ATA, le prerogative degli organi collegiali, la libertà di insegnamento, e, più in generale, un’idea di scuola fondata su partecipazione, collegialità e condivisione, fortemente messa a rischio da questo indirizzo dirigistico ed autoritario, estraneo alla migliore tradizione culturale della scuola italiana.
E su questa linea di azione intendiamo muoverci anche noi, condividendo riflessioni e proposte operative in relazione alla problematica della “Valorizzazione del merito del personale docente” – il già citato bonus –, e a quella, direttamente connessa alla prima, del “Comitato per la valutazione dei docenti” (cc. dal 126 al 130).
Concretizzare il dissenso
Il presupposto politico di fondo è la legittimità della resistenza civile. E dunque, all’insegna del messaggio di don Milani
(“L’obbedienza non è più una virtù”), invitiamo tutti ad uno spoglio lessicale, anche se minimo, per rinvenire le differenze
semantiche tra parole come “resistenza”, “disobbedienza”, “obiezione”, “boicottaggio” e “sabotaggio”. Il tutto per non essere
costretti, alla Candido, a ritenere questo il migliore dei mondi possibili, o a giudicare reato il solo pensarne un altro. La tradizione culturale cui ci appelliamo parte da Antigone, nel senso che è uno dei più maturi frutti ideali della democrazia.
Valorizzazione del merito del personale docente
La legge 107 istituisce un apposito fondo annuale di 200 milioni di euro, a partire dal 2016, ripartito in base alla
dotazione organica dei docenti, ai fattori di complessità delle istituzioni scolastiche e delle aree soggette a maggior rischio
educativo (c.126). L’assegnazione di tale bonus è affidata ad Ds, sulla base di motivata valutazione, ed ha natura di retribuzione
accessoria (cc.127 e 128). L’individuazione dei criteri per la valorizzazione dei docenti, sulla base dei quali il Ds assegna il bonus
(c.127), spetta al “Comitato per la valutazione dei docenti”, cui è dedicato l’intero c.129.
Il Comitato individua i criteri sulla base:
a. della qualità dell’insegnamento e del contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica nonché del successo formativo e
scolastico degli studenti;
b. dei risultati ottenuti dal docente o dal gruppo di docenti in relazione al potenziamento delle competenze degli alunni e
dell’innovazione didattica e metodologica, nonché della collaborazione alla ricerca didattica, alla documentazione e alla diffusione delle buone pratiche didattiche;
c. delle responsabilità assunte nel coordinamento organizzativo e didattico e nella formazione del personale.
Il Comitato ha la durata di tre anni e, presieduto dal Ds, è costituito da tre docenti della scuola (due scelti dal collegio e
uno dal consiglio d’istituto), più due rappresentanti dei genitori (per infanzia e primo ciclo) oppure da un rappresentante dei
genitori e uno degli studenti (per il secondo ciclo) scelti dal consiglio d’istituto, più un componente esterno individuato dall’USR tra docenti, Ds e dirigenti tecnici.
A proposito di metodo
Innanzitutto riteniamo sbagliato il metodo. Il tema della valorizzazione professionale andava fatto discutere
preventivamente dalla docenza , in modo da renderla protagonista della scelta migliore che potesse portare a riconoscere la
bravura didattica non tanto dei singoli quanto dei team educativi (la scuola davvero “buona” non è fatta dal singolo docente ma
dalla condivisione di missione, metodi e strumenti), magari legandola anche ad impegni quantificabili relativi alla formazione
obbligatoria. Poi occorreva fissare dei principi generali e, con un atto di indirizzo, aprire le trattative all’ARAN. E a volte il metodo è sostanza: la scuola, per come la intendiamo noi, è condivisione e cooperazione e collegialità, e non individualismo, operatività del singolo e competizione (meccanismi che la corsa al bonus necessariamente genererà); e, Comitato o no, il Ds rimane arbitro ultimo della scelta finale tra docenti “meritevoli” e “non meritevoli”. Questo, tra l’altro, per un primo triennio “fai da te”, perché poi il MIUR, bontà sua, recependo dai vari UUSSRR le relazioni sui criteri più disparati adottati dalle singole scuole, costrette intanto ad un clima di sostanziale guerra civile, costituirà un bel Comitato tecnico scientifico che, degnandosi (bontà sua bis) di confrontarsi con parti sociali e rappresentanze professionali (bentornati ai tavoli negoziali!; finché c’è vita c’è speranza), predisporrà delle linee guida per la valutazione del merito dei docenti a livello nazionale (ovviamente periodicamente rivedibili, perché un bell’in itinere o work in progress non si nega proprio a nessuno).
A proposito di contenuti
Poi abbiamo critiche nel merito. Il bonus contrasta con il principio costituzionale della libertà di insegnamento (art.33 Cost.), perché, con il suo potere di condizionamento, limita fortemente l’autonomia professionale dei docenti;
-viola le leggi vigenti che prevedono che “Il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi” (art.45 D.lgs 165/2001, come riformato da Brunetta);
-crea nella figura del Ds un’autorità salariale che, caso unico nella PA, distribuisce premi in denaro dietro il fragile schermo di criteri che egli stesso contribuisce a definire all’interno del Comitato di valutazione;
-attribuisce al Ds poteri in materia didattica in contrasto con le sue competenze e funzioni che sono e restano di carattere
gestionale, amministrativo ed organizzativo (ex art.25 del già citato D.lgs 165/2001);
-subordina gli organi collegiali alla volontà di un organo monocratico;
-attribuisce competenze didattiche e valutative a componenti non professionali all’interno del Comitato di valutazione
(genitori/studenti);
-prevede una procedura premiale estranea alla ben radicata cultura cooperativa, collegiale e plurale della scuola italiana.
Per non dire della verbosa fumosità delle indicazioni a., b. e c. del c.129 punto 3, e della disomogeneità culturale e
valoriale che sarà l’inevitabile conseguenza dell’ adozione di criteri differenziati in ambiti territoriali diversi (e anarchica
frammentazione non significa autonomia). La maggiore o minore elasticità di questi criteri, il loro tendere, scuola per scuola, al
parametro qualità (tendenzialmente non misurabile) o al parametro quantità (oggettivamente misurabile, ma a rischio di penose
banalizzazioni), determinerà intollerabili differenziazioni economiche per la valorizzazione di professionalità docenti
tendenzialmente di pari qualità ma sfortunatamente sottoposte a valutazione dirigenziale sulla base di diversi criteri adottati da
diversi Comitati.
Come si misura la qualità di un insegnamento? Con quella dell’apprendimento? E questa, a sua volta, come?
Autoreferenzialmente, sulla base degli esiti di profitto? Intermedi? Finali? Troppo scorretto, per deontologia professionale, anche solo pensarci. “Oggettivamente”, con decine di virgolette, sulla base degli esiti di prove standardizzate nazionali (e qui si
riaprirebbe l’annosa polemica sul “cosa” misurano le prove INVALSI…)? Cosa contribuisce al miglioramento dell’istituzione
scolastica? La scuola A premierà chi si attiva per favorire incontri conoscitivi tra scuola e realtà lavorative locali; la scuola B chi, attento ad un clima estetico che favorisca l’apprendimento, ha portato da casa sua e appeso in classe una bella riproduzione di Vaso di iris su fondo giallo di van Gogh. Il paradosso serve a riflettere, ma tant’è. Cos’è il successo formativo di uno studente? Lo sviluppo di intelligenza critica o di skills operative spendibili sul mercato? La maturazione di una coscienza civica o della capacità di pensiero computazionale? Ed anche ammesso che lo si sia definito, in base a quale divinatorio principio si determinerebbe che a questo successo il docente A ha contribuito più e meglio del docente B? Come si fa a premiare un singolo docente nel caso di un (pur tutto da dimostrare) potenziamento delle competenze trasversali di uno studente?
E l’innovazione didattica e metodologica? La scuola A premierà chi ha usato il maggior numero di UD multimediali sulla
LIM; la scuola B chi si è lanciato in ardite sperimentazioni di flipped classroom; la scuola C, più modestamente, chi ha disposto i
banchi a staffa di cavallo, fatto lezione in piedi girando come una trottola per 40 minuti e poi lasciato i ragazzi a dormire per i
restanti 20 in ossequio alla reverse learning theory. Come si fa a dire che è giusto premiare chi si impegna nella diffusione delle
buone pratiche didattiche quando il meccanismo stesso di questo sistema premiale ad singulos induce il docente non alla
condivisione ma anzi all’isolamento ed alla gelosa difesa delle proprie competenze e dei propri eventuali successi?
(…)
I conti della serva
I 200 milioni di euro, annui, a partire dal 2016, divisi per il numero delle istituzioni scolastiche autonome (oltre 8500),
portano ad una cifra media di bonus, per singola scuola, di circa 24000 euro, come si affretta a comunicare il MIUR nella golosa FAQ 2, dimenticando però di specificare che si tratta di importo “lordo Stato”, e cioè in definitiva in quota pari ai 2/3 dello stanziamento totale. E diciamo pure, allora, bene che vada, 18000 euro. Possiamo ipotizzare che tra gli 8-10 docenti scelti dal Ds ex c.83 a comporre il suo staff per attività di supporto organizzativo e didattico (quindi anche parzialmente sovrapponibili alle figure professionali di cui al c.129, punto 3, lettera c.), e le nuove professionalità richieste da altri aspetti della legge 107 (coordinatore dei percorsi personalizzati degli studenti, promotore della cultura digitale, docente tutor, coordinatore pedagogico per il segmento 0-6, etc.) si possa ragionevolmente arrivare ad una media di una quindicina di docenti per istituzione, di cui valorizzare il merito, anche con tutte le cautele e le riserve dell’opzione 3.
A ripartizione paritaria, si andrebbe ad un lordo medio annuale di 1200 euro, mensile di 100, giornaliero di 3,33.
Senza ulteriori commenti: sunt lacrimae rerum.
E adesso?
Come poi le cose siano andate a finire, da noi, lo sappiamo tutti.
Il Consiglio di Istituto aveva intanto già provveduto, in data 21 dicembre 2015, a nominare i tre componenti del Comitato di Valutazione di sua spettanza (un docente, uno studente, un genitore), senza preliminarmente discutere, ci risulta, le modalità attraverso cui “scegliere”, come pure sollecitava la FAQ ministeriale n. 8 (ma, si sa, il richiamo alla cogenza normativa delle FAQ va un po’ ad usum delphini).
Stravolgimenti epocali, tra la mattinata del 14 gennaio (Assemblea dei lavoratori, in cui veniva presentato e discusso il documento Quelli del no (ragionato), che riscuoteva un diffuso consenso) e la serata e tarda serata (sic!) del 15 gennaio 2016 (Collegio dei Docenti, con, al punto 2) dell’Odg: Comitato di Valutazione L. 107/2015,comma 129: individuazione dei due docenti scelti dal Collegio), riconducibili alla laica saggezza della vox populi “La notte porta consiglio”, ovvero, per più raffinati cultori del Libro, alla repentina conversione di Saulo sulla via di Damasco, fecero sì che dalla semplice possibilità del dubbio (tra l’altro argomentatissima) si passasse de plano, e senza rigurgiti coscienziali, alla meccanica certezza (tra l’altro zoppicante, come avevamo cercato di dimostrare) dell’ipse dixit (il legislatore). Né Antigone, né alcuna delle tre opzioni proposte
riuscirono a scalfire le apodittiche sicurezze della maggioranza, e montagna democrazia partorì, dopo defatiganti reiterati turni elettorali, la rappresentanza docente (di competenza Collegio) del topolino Comitato di Valutazione.
E il topolino, dopo due serie di doglie (3 e 17 maggio 2016), a sua volta ha partorito dei criteri, una procedura di raccolta delle evidenze, nonché una Griglia di rilevazione da utilizzare (all’interno di una dichiarazione personale degli “aspiranti” resa ai sensi del DPR 445/2000) per l’attribuzione del bonus relativo alla valorizzazione dei docenti.
Cassandra e il Comitato
A questo punto proponiamo una serie di osservazioni di metodo e di merito, sulle procedure adottate e sui criteri individuati, a conferma della fondatezza di tutti i dubbi che avevamo espresso, a prescindere, e in tempi non sospetti, e cioè ben prima che il Comitato nascesse, si insediasse ed operasse. Sterile, lo sappiamo, la soddisfazione di chi può a ragione sostenere “Noi, quelli del no, l’avevamo previsto!” (ma anche questa è storia, e non può essere né cancellata né sottoposta a revisione), se non fosse , come nel nostro caso, l’occasione di un rilancio, prima di analisi, come sempre, e poi di concreta operatività.
Osservazioni di metodo
Tra la prima e la seconda serie di doglie ci sarebbe stata (cito dalla circolare a firma Ds del 06/07/2016, prot. n. 4200/A-19) “regolare consultazione dei docenti avvenuta con e-mail in data 12 maggio 2016”. Comprendiamo la necessità dell’inciso come banale forma di autotutela rispetto alla nota 19 aprile 2016 n.1804 del MIUR, ma noi, che evidentemente abbiamo un concetto
distorto di democrazia e delle sue forme rappresentative, intendiamo “coinvolgimento della comunità scolastica nel suo complesso” come formale coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (Collegio dei Docenti, Consiglio d’Istituto, RSU), non aggirabile attraverso la richiesta di suggerimenti, su base volontaria e via e-mail (tra l’altro dell’11, e non del 12 maggio), di singole persone atomizzate e private di un contesto di diretto confronto partecipato.
Le proposte emerse da detta consultazione dei docenti, il verbale n.2 del Comitato di Valutazione sostiene siano state illustrate in quella sede (riunione del 17 maggio 2016) dalla prof.ssa Russo, e rimanda ad un relativo “documento in allegato” che, spiace notarlo (la documentazione è accessibile sul sito del liceo, sezione “Organizzazione”, sub “Amministrazione
trasparente”, sub “Disposizioni generali”, sub “Atti Generali”), “trasparentemente” allegato non risulta affatto. Dunque, allo stato, nessuno che sia esterno al Comitato risulta in grado di valutare criticamente il contributo (quale?) del corpo docente (chi? quanti?) al faticoso parto di cui sopra.
Quanto alla determinazione (citata circolare Ds) in base alla quale “per quest’anno, non saranno previste differenziazioni nell’attribuzione del bonus”, pur leggendo e rileggendo, con la consueta acribia, i verbali n.1 e n.2 delle sedute del Comitato, nulla si evince in proposito. Lo stesso si dica, in relazione alla scheda di autovalutazione del docente, a proposito della
riserva in base alla quale (ancora citata circolare Ds) “Il Dirigente scolastico potrà, comunque, assegnare il bonus premiale anche in mancanza di tale dichiarazione, utilizzando i criteri stabiliti dal Comitato”.
E sinceramente non cogliamo, non trattandosi in nessun caso di dati sensibili, la necessità di tutela della riservatezza che spinge il Ds (ancora citata circolare) a garantire che “le schede di autovalutazione dei docenti non saranno rese pubbliche”, e al massimo “sarà data la possibilità ai docenti che ne facessero richiesta di conoscere i risultati d’insieme delle rilevazioni riferibili a loro stessi”. Un concetto di trasparenza piuttosto discutibile, già in astratto, ma concretamente ostativo rispetto alla necessità di tutela di interessi soggettivi da parte di un docente ricorrente.
Osservazioni di merito
Premettiamo, a scanso di equivoci, che non abbiamo alcuna intenzione di scandagliare uno per uno i fattori di debolezza, logica, funzionale, di legittimità, rilevabili all’interno dei criteri stabiliti da questo Comitato di Valutazione, di cui fanno parte anche colleghi regolarmente votati dal Collegio (potremmo, se volessimo, discutere della validità e della legittimità, contrattuale e
costituzionale, dell’indicatore Assiduità di presenza, nell’Area A-1; della congruità dell’indicatore Formazione professionale non obbligatoria all’interno di un’Area, la A-1, che è titolata Qualità 7 dell’insegnamento; della legittimità e della funzionalità erga omnes dell’indicatore Utilizzo dei laboratori, sempre nell’ Area A-1; del ragionamento su che tipo di mission affidiamo alla scuola che è dietro la scelta di utilizzare anche il descrittore Organizzazione/partecipazione a viaggi di istruzione per l’indicatore Partecipazione ad attività extracurricolari, nell’Area A-2, titolata Contributo al miglioramento dell’istituzione scolastica; di quale paralogismo arriva a connettere, nell’Area A-3, il successo formativo e scolastico degli studenti al descrittore Disponibilità a tenere i corsi di recupero e/o di potenziamento; della legittimità e della funzionalità erga omnes del
descrittore Scuola Europea per l’indicatore Potenziamento delle competenze degli alunni, nell’Area B-2, a titolo Innovazione didattica e metodologica; della presenza, come descrittori per l’indicatore Coordinamento organizzativo – Attività scolastiche extracurricolari, nell’Area C-1, a titolo Coordinamento organizzativo, di attività che sono comunque già retribuite dal FIS; e via
spulciando….).
Potremmo, ma non vogliamo. E, davvero, non si tratta di retorica preterizione. Il piano del nostro discorso vuole essere squisitamente politico, e tende a sottolineare come cura e attenzione, se pur massime, dedicate da un qualsiasi Comitato al lavoro di individuazione dei criteri per l’attribuzione del bonus premiale, non riusciranno mai, in ogni caso, a
risolvere alla radice le criticità che l’applicazione di tali disposizioni di legge comporta. Un aborto, in definitiva, resta tale anche dopo le più amorevoli operazioni di maquillage. Proponiamo, quindi, pochi spunti di riflessione, che non attengono alla specificità dei singoli criteri selezionati.
· Per quanto molto gettonato nei lavori di tanti Comitati, nessuna ratio legittima è individuabile dietro la pregiudiziale dell’assenza di procedimenti disciplinari a carico. E dove non si individui ratio, il ricorso ex art. 3 Cost. è dietro l’angolo.
· Lo stesso vale per il limite, fissato al “35% del totale dei docenti aventi diritto”, della “percentuale dei docenti che potranno rientrare nell’attribuzione del compenso del merito”. Aventi diritto, ma esclusi: il lavoro degli avvocati dei ricorrenti sarà ancora più facile, anche se in questo caso la ratio è palese: rendere più appetibile e dignitoso il piatto di lenticchie per i cosiddetti meritevoli. E però qui vada la nostra sincera solidarietà ai componenti del Comitato, che si son dovuti inventare una
formula che traducesse in pratica l’ineffabile deresponsabilizzazione del MIUR, che, in gara (vincente) col Maresciallo di Francia Jacques de la Palice, sottolinea che (citata nota 1804 del 19 aprile 2016) “il fondo dovrà essere utilizzato non attraverso
una generica distribuzione allargata a tutti e nemmeno, di converso, attraverso la destinazione ad un numero troppo esiguo di docenti”. Come dire: “in medio stat virtus, ma in ogni caso i problemi sono vostri”.
· Lo stesso vale per la preferenza accordata al docente anagraficamente più giovane, “in caso di parità di punteggio” al termine di quella che, a detta dello stesso Comitato, con qualche problema di coerenza logica, non vuole comunque essere la
“costruzione di una graduatoria di merito tra docenti”.
· Ci pare infine discutibile la stessa scelta di ricorrere alla compilazione di una scheda di autovalutazione da parte del docente, che diventa, così, automaticamente, “aspirante” ad un “beneficio”. Sembra forma, ma è anche sostanza. Ed infatti, pur
volendo rimanere interni alla lettera ed allo spirito della legge 107, bisogna precisare che il bonus non rappresenta un beneficio che viene concesso dietro presentazione di una domanda, ma costituisce una retribuzione accessoria, come
esplicitamente indicato dall’art.1 c.129. Ancora: l’attribuzione del bonus premiale per i docenti è, ancora una volta esplicitamente, collegata ad un preciso obbligo in capo al dirigente scolastico (ex art.1 c. 127), e l’assegnazione viene disposta sulla base di criteri fissati dal Comitato di Valutazione. Il diritto di accesso a tale retribuzione, dunque, va riconosciuto a prescindere dal fatto che il soggetto avente titolo ne abbia fatto espressa richiesta oppure no.
Che fare?
In coerenza con la precedente analisi, i sottoscritti docenti ritengono che:
1. Siamo tutti insegnanti meritevoli e di qualità, che, pur nella diversità delle rispettive competenze, e con gradi differenti di responsabilità gestionale, fanno scuola con passione, impegno e professionalità.
2. Il bonus è umiliante per l’esiguità inconsistente ed offensiva della mancetta, e non abbiamo intenzione alcuna di prestarci consapevolmente al solito meccanismo abbrutente dell’ennesima guerra tra poveri.
3. Il bonus non è neppure incentivante, perché il vero problema, da cui questa gentile elargizione tenta di stornare l’attenzione, è il violato diritto dei lavoratori al rinnovo di un contratto fermo dal 2009, e all’adeguamento degli stipendi ai parametri
europei.
4. Qualsiasi impegno assunto oltre le funzioni e le attività di docenza deve essere “retribuito” e non “premiato” (sì al tavolo con le RSU per un’intesa sui criteri quantitativi di assegnazione di questo fondo, che come retribuzione accessoria si
qualifica).
5. Il sistema premiale comporta uno sterile aumento della competizione individuale tra i docenti, mentre al contrario una scuola di qualità, come insegnano le teorie dell’organizzazione e del funzionamento dei sistemi complessi (l’incentivo
economico, quale motivazione estrinseca, non migliora le prestazioni del lavoratore, anzi peggiora il contesto lavorativo, incrementando individualismo, arrivismo e concorrenza tra i dipendenti, clima che mal si addice ad una istituzione
educativa) ha bisogno di effettiva collegialità e cooperazione.
6. Il sistema premiale può negativamente influire sulla didattica, appiattendola sulla visione dirigenziale, o comunque adattandola ex ante ai criteri prestabiliti dal Comitato, con buona pace del pluralismo culturale, della libertà di insegnamento, e
della valorizzazione delle reali e specifiche peculiarità della singola classe e dei singoli alunni.
7. Tale sistema premiale attribuisce competenze didattiche e valutative a componenti non professionali all’interno del Comitato di Valutazione (genitori/studenti).
8. Tale sistema premiale opera una intollerabile discriminazione tra docenti di ruolo e docenti precari, escludendo a priori questi ultimi dal novero dei possibili aventi diritto.
9. La farsa di un Comitato di Valutazione che, nelle intenzioni del legislatore, elaborerebbe criteri oggettivi tali da realmente valorizzare il merito (tra l’altro nelle more di un MIUR che si è bellamente sottratto al suo compito istituzionale di
fornire delle linee-guida, generando, con la scusa del rilancio dell’autonomia, una situazione di vera e propria anarchia periferica), non sana la discrezionalità della scelta ultima da parte del Ds, cui, a volte suo malgrado, si impone, da primus inter
pares che era, l’adeguamento ad un modello prefettizio che ha il sapore di tempi che ritenevamo definitivamente tramontati.
10. Dal momento che i criteri sono stati individuati al termine dell’anno scolastico, e non essendo noi così sfacciatamente malpensanti da anche solo immaginare la redazione, da parte del Comitato, di criteri ad personas, il bonus premiale sarà
elargito (ma in Italia non è un unicum) “all’insaputa” degli stessi meritevoli, venendo essi riconosciuti come tali solo dopo aver già svolto il proprio lavoro, senza una chiara visione dei “requisiti” necessari per essere considerati per l’appunto
“meritevoli”, ed eventualmente in tal senso orientare la propria attività.
In coerenza con le precedenti dichiarazioni, i sottoscritti docenti
COMUNICANO E FORMALIZZANO
la propria volontà di non presentare alcuna scheda di autovalutazione,
come dichiarazione personale resa ai sensi del DPR 445/2000, ai fini del procedimento di valorizzazione del merito del personale docente (legge 107/2015, art.1, cc. da 126 a 129);
COMUNICANO E FORMALIZZANO
la propria indisponibilità ad essere individuati come destinatari di tale bonus premiale,
su indicazione del DS anche in mancanza della dichiarazione personale di cui sopra, e in semplice applicazione dei criteri stabiliti dal Comitato;
COMUNICANO E FORMALIZZANO
la propria volontà, in caso di attribuzione eventuale, comunque avvenuta, di tale bonus,
di devolverlo integralmente al Liceo “Fermi-Monticelli” di Brindisi, come erogazione
liberale finalizzata al sostegno (spese scolastiche, viaggi di istruzione, testi e altro
materiale didattico) di alunni ed alunne in comprovata situazione di difficoltà economica.
Il tutto inteso non solo come simbolico gesto di protesta nonviolenta ma anche come concreto esempio di dissenso attivo e propositivo, di reali “buone pratiche”, per dimostrare nei fatti, al di fuori di ogni demagogica retorica populista, quale sia l’unica
proposta educativa nella quale si riconoscono i docenti della vera buona scuola: quella che pone al di sopra di tutto la centralità dei giovani e la dignità, umana e professionale, di chi con loro e per loro opera quotidianamente.
Brindisi, 8 luglio 2016
Seguono firme di 41 docenti
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