I MIGLIORI LIBRI DELLA NOSTRA VITA
Ove si (s)parla di libri che hanno influenzato il nostro io, illuminandolo d’immenso.
Di Gabriele D’Amelj Melodia
(I parte)
Vorrei coinvolgervi in una riflessione sui libri, di quelli letti, amati, odiati, e magari anche di quelli non letti, ma di cui abbiamo sentito tanto discutere.
Chiariamo subito che leggere non è affatto un passatempo, come fare parole crociate o i solitari (scusate ma io aborro queste discipline, pensate se uno può trastullarsi con le carte in un onanistico, triste gioco senza compagnia oppure perder tempo con la meccanica pseudocultura degli incroci e delle domandine o stupide o carognesche …: un noto Polo, cinque lettere,… Sud è troppo corto, e anche Nord, ma che cavolo di polo c’è ancora … ah, eureka, MARCO Polo!).
La lettura non è neppure semplice hobby come curare i fiori o fare lavoretti in garage, la lettura è un attività ben più nobile, è il più alto esercizio cognitivo e va compiuto servendosi del tradizionale libro di carta stampata, quello che ha pagine fruscianti, che odorano di cellulosa e di inchiostro, pagine amiche a cui si può fare l’orecchio, fogli disponibili ad essere un po’ maltrattati …, altro che kindle ed ebook, funzionali ma aridi e freddi strumenti tecnologici non in grado di trasmettere le medesime emozioni del vecchio libro stampato.
Leggere sullo schermo è come bere una birra in un bicchiere di plastica, come fare l’amore col profilattico, quasi un sacrilegio, perché la lettura appartiene alle categorie dello spirito e leggere è una missione, una sana malattia che ti prende o non ti prende in giovane età.
Una specie di morbillo, insomma, e non so davvero se invidiare o compiangere coloro che non sono stati presi dal sacro furore della lettura intensa e si limitano, di tanto in tanto, a leggiucchiare qualche Fast Book, qualche libro ricreativo “usa e getta” in treno o sotto l’ombrellone.
Ecco che , senza volerlo, sono entrato nel minato territorio delle letture “ferroviarie”, dei libri “commestibili”, dei prodotti che ci impone il mercato con le sue avvolgenti strategie pubblicitarie.
Oddio, qualche volta capita pure che tra i successi da almeno un milione di copie, i c.d. bestseller, ci sia un libro valido (tre esempi per tutti, “Cent’anni di solitudine” di G. Garcia Marquez, 1968, “In nome della rosa” di Eco, 1980, “Sette brevi lezioni di fisica” di Rovelli, 2014), ma le eccezioni confermano la regola: i libri di massa non possono avere molta qualità.
Diciamo subito un paio di cose: intanto non è saggio colui che legge molti libri ma chi legge buoni libri. E poi chi legge è sempre un eletto e un uomo libero, e questo lo hanno detto in molti, dal legislatore della Catania del VI secolo Caronda al nostro buon Gianni Rodari.
Del resto libro e libero hanno una radice comune e in latino liber vuol significare entrambe le cose.
I lettori si dividono in varie specie: ci sono i compulsivi, gli ossessivi, gli onnivori, i pigri, gli stakanovisti, i bulimici, i monotematici, i generalisti, i selettivi, gli sciupa libri (quelli che sottolineano, annotano, fanno le orecchiette alle pagine). Ancora gli esibizionisti, i gelosi (quelli che “schienano” il libro nascondendo la copertina), gli sfingei e quelli che invece muovono le labbra mentre leggono, gli scrocconi che vogliono leggiucchiare a sbafo e i lettori che non leggono, i voyeur, magari anche un tantino feticisti, cioè quelli non vedono l’ora di acquistare il libro per portarselo a casa, lì lo sfogliano, lo annusano, magari lo siglano, lo tengono a portata di mano per due, tre giorni e quindi lo mettono a riposare nell’apposita sezione della libreria.
C’è chi legge a letto, in salotto, in bagno, in auto, in treno, bus o metro, qualcuno lo fa anche passeggiando, pur non essendo un prete …
Il vero lettore invece, paradossalmente, pur essendo un famelico divoratore di vari generi, in tanti anni d’esercizio ha affinato il suo gusto, e si è mutato quindi in un consumatore esigente e consapevole, che ricerca testi di valore, impegnativi, profondi, mai banali e sempre stimolanti per forma e contenuto.
I veri libri devono incidere sulle nostre coscienze e sui nostri cuori, ci devono cambiare la vita, altrimenti servono a poco, avendo solo una funzione d’evasione.
Il mondo avanza a grande velocità, non si può perdere tempo a leggere feuilleton insulsi o saghe infinite o noir truculenti, tutte produzioni spacciate dagli editori come mirabolanti capolavori.
Oggi poi in Italia ci sono più scrittori che lettori, e ciò rende ancora più eroici gli appartenenti a quest’ultima schiera, la quale ancora si suddivide in due sottoclassi: gli under 40 che conosco o poco i classici ma bene gli autori contemporanei, e gli over 40, per i quali è vero l’opposto.
Tutto ciò è molto logico ma l’impressione generale è che sia stata clamorosamente smentita la profezia di T. Eliot, il quale, nel saggio “Religione e Letteratura”, aveva scritto “Non c’è e mai ci sarà una generazione che legge più libri scritti da vivi che quelli scritti dai morti”.
Ma facciamo un passo indietro come nei vecchi romanzi d’appendice: ognuno è portatore della propria esperienza di uomo-lettore: è chiaro che il sottoscritto, avendo purtroppo una certa età, ha alle spalle oltre mezzo secolo di letture varie.
Personalmente quindi, ho avuto la fortuna di aver attraversato, in ogni età giusta, tutti i generi letterari, ed ora che ho più di settant’anni e non posso più sprecare tempo, già da un pezzo ho deciso di selezionare molto le mie letture, dando preferenza ai testi di saggistica, alle biografie, ai libri di storia, all’ attenta ripasso di romanzi e raccolte di liriche che hanno caratterizzato un’epoca, insomma a tutti quei prodotti da degustare col vecchio appagante metodo dello slow reading.
Ognuno di voi, cari lettori, può fare le proprie riflessioni in materia e verificare gusti, orientamenti, scelte di lettura, ché naturalmente il nutrimento intellettuale è dieta personalizzata e ognuno resta libero di fruire dei testi che più ritiene appetibili, senza snobismi, tendenze di moda ecc.
A questo proposito vi ricordo il noto decalogo di Pennac.
I il diritto di non leggere
II Il diritto di saltare le pagine
III il diritto di non finire un libro
IV il diritto di rileggere
V il diritto di leggere qualsiasi cosa
VI il diritto al bovarismo
VII il diritto di leggere ovunque
VIII il diritto di spizzicare
IX il diritto di leggere a voce alta
X il diritto di tacere
Scherzoso, ma non troppo, anzi “ Allegro ma non troppo “, tanto per citare il delizioso pamphlet del prof. Cipolla.
Per quanto mi riguarda, sono sempre stato quello che Giuseppe Montesano definisce un “ lettore selvaggio “ ( in senso buono, cioè di lettore attivo, partecipe ). Ricordo che l’autore campano ha licenziato nel 2016 , per i tipi di Giunti, una sorta di Bibbia laica da 1900 pagine intitolata appunto “ Lettori selvaggi “, che ha il pregio di parlarci di numerosi e misteriosi artisti di tutti i tempi, ed anche l’inammissibile, sacrilego torto di aver “dimenticato” di onorare il principe dei romanzieri moderni, il mostro sacro José Samarago. Il portoghese è stato forse l’ultimo dei geni letterari, considerato tale anche da uno dei massimi critici mondiali, Harold Bloom, il più grande esegeta scespiriano.
Oltre che selvaggio, rivendico anche l’appartenenza alla setta dei lettori “ creativi “, di coloro che non si limitano a subire fenomeni editoriali e presunte o meno abilità narrative da parte dei santoni-scrittori. Noi “ leggitori “ creativi, rompendo lo schema di una fruizione passiva, ci mettiamo sempre in gioco, intercettando il messaggio di chi scrive e ricercando connessioni e punti di riferimento soggettivi, ancorché la narrazione abbia, come giusto che abbia, un respiro universale.
Noi leggiamo libri ma, molto spesso, nella vita di lettori inesausti, ci imbattiamo in libri che leggono noi, che ci entrano dentro, ci segnano per la vita. I piani della attività e della passività si ribaltano, salta lo schema consueto della fruizione, è come se il libro aspettasse di incontrare proprio noi, per disvelare un magico rapporto, per innescare un misterioso meccanismo di lettura del nostro inconscio.
E’ la rivelazione, la scoperta del segreto che abita il nostro io più profondo. E come se quel libro aspettasse proprio noi per aprirci anima e mente e da quel momento in poi eleggeremo quel testo a libro mastro della nostra esistenza e lo rileggeremo più volte, attratti dal suo magnetismo intrinseco.
Gabriele D’Amelj Melodia
(continua)
Illustrazioni di Alessia Coppola
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