May 2, 2025

il-cazzolarioPERLA NUMERO 1: DA “IL CAZZOLARIO”

 

Italiano: “Perchè continui ad importunarmi? Qual’è il  tuo scopo?  Non riesco a capirlo quantunque  io mi sforzi. Non ti accorgi di essere alquanto fastidioso?

Brindisino: “Ce cazzu vuei?

 

n.b. : Qualora il “ce cazzu vuei” non dovesse produrre alcun effetto e cioè lo zittirsi del fastidioso interlocutore, taluni ricorrono all’aggiunta in premessa della particella “ma” così che la frase possa essere declinata nel seguente modo: “Ma ce cazzu vuei?” assumendo così il significato maggiormente stizzoso di “Sei davvero pesante e non capisco dove tu voglia arrivare con i tuoi ragionamenti o le tue puntualizzazioni, ti prego di smetterla”.

Nel frequente caso in cui il fastidio prodotto dall’interlocutore dovesse protrarsi non è raro che si ricorra ad una domanda più complessa che, assumendo i toni dell’esasperazione, viene sovente declinata in cotal modo:  “Si po’ saperi ce cazzu vuei?”  assumendo così il significato di “Ora mi hai davvero esasperato e ti esorto vivamente ad astenerti da qualunque commento”.

O anche nella variante definitiva e propedeutica ad azioni diverse dalla semplice dissuasione verbale: “Ma si po’ saperi ce cazzu vuei?

 

Dobbiamo, per completezza culturale, sottolineare come la locuzione suddetta sovente assuma anche significati diversi declinati a seconda della personalità, della cultura, delle attitudini e della storia personale.

Fra tutti gli altri casi merita una speciale menzione il “ce cazzu vuei” (forma ridotta di “Ce cazzu n‘ci vuè ‘ffaci”) declamato in tono arrendevole e pensieroso che assume il significato di “Cosa possiamo farci? E’ andata in questo modo anche se non ce l’aspettavamo

 

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Esempio:

“Ciau, iu mi chiamu Francu; sola stai? Ti pozzu offriri ‘nnu cafei?
“No grazie”
“Dai cussì facimu amicizia, mi pozzu sittari ?”
“Uè bellu, si pò saperi ce cazzu vuei? No ‘tti’n’di vai?”

 

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il-piccionarioPERLA NUMERO 2: DA “IL PICCIONARIO”

 

Italiano: “Caspita che bella donna; ella mi attrae e risveglia in me forti impulsi sessuali. Le sue forme sono davvero provocanti.

Brindisino: “Ce piccioni

 

n.b.    Esclamazione di natura ornitologica che  non trova eguali in nessun altro luogo della penisola.

Va specificato che in questa, come in altre locuzioni della stessa natura, il “piccione” è l’organo genitale della donna che qui assurge ad emblema della totale bellezza fisica.

 

Al più puntiglioso lettore apparirà chiaro come tale esclamazione sia da annoverare nell’ampia casistica della figura retorica del metasemena (dal greco metà, che indica trasformazione e sèmainò, “significo”).

Se poi all’interno della casistica citata , l’esclamazione debba meglio specificarsi quale sineddoche o metonimia , è questione che rimandiamo ad altri tomi.

E’, essa esclamazione, molto probabilmente, la traduzione letterale della esclamazione italiana “che fica”.

Diversamente da esclamazioni più puntigliose e per ciò stesso più limitate (vedasi “ce culu”, “ce menni” ecc ecc ), “ce piccioni” oltrepassa i confini della mera parte fisica per esternare invece un giudizio più totale ed avvolgente che può riguardare il portamento, la camminata, il viso imbellettato, un copioso seno eretto, fianchi sodi ecc ecc.

Ce piccioni” viene quindi usato come giudizio generale e definitivo sulla donna che in quel momento ci passa davanti o della quale ne stiamo ricordando le grazie con amici. Perché l’organo genitale femminile venga qui paragonato ad un colombo della specie “columba livia” della famiglia dei columbidi è materia dubbia. Né le abitudini del columbide preso in esame né, tantomeno, le forme, potrebbero aver portato la gente di Brindisi a questo che, ragionevolmente, appare un azzardato paragone.

 

Forzando comunque le ferree leggi della similitudine taluni  ritengono di dover proporre quale schema comparativo l’organo genitale femminile visto di fronte con la spalla del columbide preso in esame.

All’autore è sempre parsa questa una forzatura bella e buona più dettata da una grave carenza di rapporti sessuali che da uno sviluppato senso estetico.

Usatissima è comunque la variante “ce picciunazzu” che oltre a richiamare l’attenzione sulla qualità delle forme della donna presa in oggetto ne richiama sovente la quantità.

Dicasi quindi “ce picciunazzu” di donne formose il cui fisico, abbandonate da tempo le tristi ed incerte forme delle taglie 40/44, ha trovato il proprio rigoglio quantomeno in una quarantotto con una quarta e passa di seno.

La variante “che piccioncino”, comunemente declinata nella lingua italiana e riferita a donne di corporatura meno abbondante ma comunque notevoli nel loro insieme, non è solo un contentino per un riequilibrio sul piano razzista.

L’uso di tale diminutivo (piccioncino) non diminuisce assolutamente la carica erotico-ammirativa contenuta nell’accrescitivo (picciunazzu).

Tale variante infatti è declinata comunemente per donne di corporatura minuta ma provocanti e ben proporzionate. Si noti, comunque, come “piccionazzo”, nonostante le apparenze, non sia l’espressione massima di apprezzamento.

 

In casi davvero speciali i più sensibili al fascino femminile o, comunque, i meno assidui nella pratica sessuale, ricorrono a “sorta di piccioni” o “sorta di picciunazzu” laddove la parola “sorta” viene proferita quasi sempre con un misto di sofferenza e di incredulità sino a mimare un finto moto di ripulsa arretrando collo e testa rispetto all’asse delle spalle che rimane invece fermo.

Il vorace uso di questa locuzione ne ha da tempo snaturato l’idea originaria sino ad arrivare ad usi impropri che per estensione vengono usati per automobili (ce piccioni di machina) o per  abitazioni (teni nna casa ca è nnu piccioni), sino ad arrivare addirittura a capi d’abbigliamento (‘nnu piccioni di giubbottu di pelli).

ça va sans dire che tali locuzioni appaiono non solo poco azzeccate sul piano della costruzione del discorso ornatus ma denotano imbarbarimento dialettico e confusione espressiva.

 

Resta comunque da dire che la esclamazione “ce piccioni” o la più efficace “ce picciunazzu” non sono solamente giudizi estetici altamente positivi ma vere e proprie dichiarazioni d’intenti inequivocabili.

Non a caso gli ovvii sviluppi di tali esclamazioni rimangono tutti nel campo dei periodi ipotetici del primo tipo e cioè della effettiva realizzabilità così che non sia difficile ascoltarne diverse varianti e diversi toni.

Dei toni cittadini più diffusi:
Dubbioso: “Ce piccioni, sapi ‘ce’n’ci facia”
Estasiato:  “Menchia ce picciunazzu”
Minaccioso: “Ce piccioni.. ci mi ‘ccappava sotta…”
Estetico: “Ce bellu piccioni…..”
Invidioso: “Vi ce picciunazzu ca teni ‘ddu cugghioni”
Invidioso gastronomico: “Vi ce piccioni si mangia ‘ddu cugghioni”
Generico: “Quanti picciuni ca staunu”
Illuminato: “Izza, questa sini ca eti ‘nnu piccioni”
Definitivo: “Ce sorta di piccioni”
Astronomico: “Ce piccioni stellari”
Lirico religioso: “Ce madonna di piccioni”
Collettivo: “Staunu tanta picciuni ca simbrava ‘nna voliera”
Capitalista: “Eti propria ‘nnu piccioni di lussu”
Drammatico: “‘Nnu piccioni di mureri”
Gaio: “Ce gioia di piccioni”
Rozzo: “Ce picciunazzu”
Delicato: “Che piccioncino”

 

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Esempio:

“Sai ci haggiu vistu ieri? Ginettu! Stava allu bar Betti cu ‘nnu  picciunazzu… ma ce ‘ss’è ‘ccattata la biemmevvù puru?”
“‘Ddu cugghioni no? E’ propria veru cumpà: oramai li picciuni e li sordi stannu a’mmanu alli fessi”

 

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Tracce storico-letterarie

1. Matteo Bandello (1485- 1561) Fragmenti de le rime – Come fa il sol

Come fa il sol delle dorate stelle e de la bella aurora quando appare così de le compagne ii vidi fare quella ch’è più piccion de l’altre belle.

2. Dante Alighieri (1265- 1321) Rime – Tanto gentile e tanto onesta pare

…Ella si va sentendosi laudare benignamente d’umiltà vestuta e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a piccione mostrare….

 

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Scipio Di Castro

2 Comments

  • Rispondi
    Qualcuno
    13 Aprile 2014

    Si racconta che il Sindaco Ortese aveva l’abitudine di affrontare la gente al mercato con frasi tipo “mo ti fazzu lu culu a cozze” – “no mi caca lu cazzu” ecc. Qualcuno all’interno del Comune fu invitato a cercare di far evitare simili affermazioni. Questo “qualcuno” racconta che a Stresa, nel corso di una cena con diverse personalità, recitò i comportamenti del sindaco in italiano. Il risultato fu: “ora ti fò l’ano a mitile” oppure “non mi fare andare di corpo il pene”

  • Rispondi
    mareinburrasca
    13 Aprile 2014

    tanti, troppi gli anni che son lontano da brindisi. il riportare alla memoria locuzioni dialettali, che mi fan tornare ai tempi del liceo (i miei ultimi anni vissuti a brindisi), mi fa piacere. un sentito grazie a scipio di castro.
    mareinburrasca