May 1, 2025

il-cazzolarioPERLA NUMERO 5: DA “IL CAZZOLARIO”

 

Italiano: “Non credo ai mie occhi; Ciò che vedo mi sembra incredibile
Oppure “ Non credo a ciò che ascolto Sono travolto da meraviglia e sincero stupore”
O ancora “Perbacco”
o “Caspita”
o “Caspiterina”
o “Santo cielo”

Brindisino: “Cazzo!

 

n.b.  Tale esclamazione, frequentissima nel tono discorsivo confidenziale, è da taluni ritenuta assai generica e poco efficace sul piano dello stupore.
E’, forse, proprio per tale atteggiamento perfezionistico che sovente la locuzione “Cazzo”, comprendente la totalità dell’organo genitale, e per ciò stesso generale e generica, viene sostituita dalla locuzione “Capu di cazzu” invocando così solamente la parte terminale dello stesso.

 

Non stupisce il fatto che taluni fini dicitori, perfezionisti sul piano dialettico, poco soddisfatti della definizione particolareggiata della parte espressa, ricorrano ad una ulteriore specificazione.
Ritenendo quindi il “capu di cazzu” eccessivamente impersonale si ricorre sovente a “capu di stu’ cazzu” definendo così in modo personale e soggettivo la suddetta esclamazione.
Appare superfluo ricordare come tale ultima variante possa essere accompagnata da una indicazione manuale del proprio membro si da non lasciare alcun dubbio sull’appartenenza del cazzo invocato.

 

Nella parte mediana della puntigliosità può essere notata la variante “Stu cazzu” che pur escludendo la definizione parziale del membro (“capu di ..”) non rinuncia assolutamente alla specificazione dell’appartenenza.

 

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Esempio :
– ““Cazzu! Ci era misu icchisi allu Milan era pigghiatu setticientucinquanta euru. Ce capu di cazzu!”

 

 

PERLA NUMERO 6: DA “IL CULARIO”

 

Italiano: “Sfacciato, spudorato, mentitore incallito”
Oppure “arrogante, presuntuoso”
O ancora “faccia di bronzo, faccia tosta”
o “Santo cielo”

Brindisino: “facci di culu

 

n.b. Tale esclamazione esprime molto raramente un giudizio di natura meramente estetica ma rappresenta, invece, un appellativo usato per definire un comportamento o un modo di fare.

 

Il “facci di culu”, è persona che non conosce assolutamente il senso della vergogna, capace quindi di sostenere a viso aperto le più spudorate menzogne.

Il “facci di culu” semplicemente decide, alcuni per calcolo, altri per indole, di ignorare o di dimenticare tutto ciò che da lui è stato fatto o detto, di dimenticare o ignorare il conseguente giudizio che egli sa che gli altri hanno di lui, di comportarsi come se nulla fosse successo fino a convincersene e quindi a non provare alcun senso di vergogna.

 

Portato naturalmente alla politica o comunque all’amministrazione della cosa pubblica il “facci di culu” riesce a pronunziare frasi ed ad esprimere idee o propositi opposti in lassi di tempo brevissimi senza provare il benché minimo imbarazzo.
Comunicare a qualcuno, quindi, che “teni la facci comu lu culu” ci sembra che in nessun caso debba essere inteso nel senso di una similitudine estetica, e cioè gote grosse e carnose, ma che invece si voglia comunicare che il viso dell’interlocutore, così come il deretano, è capace di non mutare espressione di fronte a stati di imbarazzo o di vergogna.

 

Comunicare, invece, che l’interlocutore “teni lu culu stampatu an’facci” oltre a voler essere una variazione della precedente locuzione, può anche, in taluni casi, richiamare l’attenzione sulla buona sorte del soggetto.

 

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Esempio :
– “Ma sa ce facia quiddu alla campagna elettorali?”
Scia all’arsenali e dicia ca s’ava ‘ngranderi, ca eti assai importanti e atri puttanati. Poi girava di l’atra vanda, parlava cu quiddi di li sciabbichi e dicia ca l’arsenali sin’dava sceri ca cussì ‘llibera lu lungomari. Quiddu è propria ‘nna pacci di culu

– “Si cumpà, quiddu eti facci di culu ma nui simu propria cugghiuni ca l’amu vutatu sindicu

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