L’appassionante dibattito politico che ci coinvolge quotidianamente, così ricco di spunti e sorprese ancora in itinere, non dovrebbe farci sottostimare la criticità del contesto normativo che rappresenta l’ intelaiatura dell’intero impianto politico-amministrativo.
E’ su questo tema che vorrei intrattenere i lettori.
Cominciamo dalla cosa più ovvia di cui però non parla nessuno: l’assoluta inadeguatezza della macchina elettorale a livello delle varie sezioni.
Per molti anni, sin da giovanissimo, ho svolto le funzioni di presidente di seggio, sempre imbattendomi in collaboratori del tutto sprovveduti e sempre alle prese con modelli di verbali, iperburocratici, ripetitivi, di concezione post bellica.
Non vi dico poi del maniacale sistema di imbustamento, un autentico gioco di scatole cinesi che provoca quegli incasinamenti colossali rappresentanti la causa principale degli assurdi ritardi nella trasmissione dei dati e della relativa documentazione.
Credo che le cose stiano ancora così a tutt’oggi. Patetico e ridicolo, ergo inammissibile.
Nell’era del tempo reale, dei P.C. e degli smartphone, ci vogliono 48 ore per avere dei risultati definitivi.
Siamo rimasti alla penna d’oca e alle staffette a cavallo.
Eppure la ricetta da adottare è molto facile.
Snellire al massimo gli adempimenti burocratici, dotare le prime sezioni di ogni sede di seggi di un portatile per comunicare i dati, creare un albo dei presidenti accreditati, e tenere brevi corsi di formazione e aggiornamento a ridosso del turno elettorale.
E se anche i formati sbagliano, allora che paghino multe salate per il danno arrecato alla comunità.
Veniamo ora ad un argomento più sensibile e delicato.
Siamo davvero sicuri che le norme regolanti le elezioni siano “ le migliori di quelle possibili” o c’è qualcosa che non torna?
Partiamo dal “quorum”,che assai spesso in Italia è “strutturale”(cioè deve raggiungere la quota del 50% più uno ). E così nei referendum popolari, quale super garanzia di tasso democratico. Ma in una società che non è più quella del dopo guerra e in una base elettorale che a stento raggiunge il 60% dei partecipanti al voto, è giusto non abbassare l’antica soglia costituzionale? A questo tema è legato quello delle varie tipologie di maggioranza richieste di volta in volta. Forse bisognerebbe accontentarsi di quella relativa. Del resto, nei comuni con meno di 15.000 abitanti il sindaco viene eletto con questo tipo di maggioranza. La normativa elettorale ha anche aspetti un po’ lacunosi se non addirittura risibili. In ultima analisi, quando i due candidati sindaco sono alla pari, si elegge il più anziano. La disposizione non si addentra oltre, per cui mi chiedo se, in caso di perfetti coetanei, si deve far ricorso al duello o alla monetina come si fa per certi incontri di calcio.
Torniamo seri e analizziamo qualche altro aspetto discutibile del D.L. 257/2000. Ad esempio, il comma 6 prevede, dopo il primo turno, la possibilità per i candidati al secondo turno di collegarsi ad altre liste. Questo vi sembra equo e pertinente? Credo di no. Infatti nell’”Italicum” che va in vigore proprio tra breve (1° luglio), in caso di ballottaggio, “ non è possibile nessun tipo di apparentamento o collegamento di altre liste “.
La correzione è sacrosanta perché non è giusto cambiare le regole durante il gioco, favorendo possibili “ mercati delle vacche “ e confusione tra gli elettori. Ma il punto focale è un altro.
E’ proprio necessario ricorrere all’istituto del ballottaggio? Per molti questa è una forma forzata di iper democrazia, un eccesso di zelo ( surtout pas de zèle, ammoniva due secoli fa l’acuto Talleyrand ), una superfetazione che fa perdere tempo e danaro.
Si chiede all’elettore, che già nel primo turno ha espresso spontaneamente il proprio voto, di tornare a concedere un nuovo suffragio, e questa volta in maniera meno genuina in quanto orientato, quando non influenzato, per ragioni strategiche.
Ora, se il divario tra i due primi suffragati, come è accaduto a Roma e Brindisi, è di più di dieci punti percentuali, che altro si vuole per sancire il chiaro, inequivocabile giudizio dei cittadini elettori?
Al limite lo spareggio avrebbe senso se la forbice differenziale non superasse il 2-3%, ma andare oltre questa soglia significa stravolgere la volontà popolare. Tutto ciò, inoltre, vi sembra costituzionalmente corretto?
Il voto deve essere libero ed incondizionato: Quello concesso nel secondo turno risponde a tali requisiti?
C’è anche da ricordare che possono accedere al ballottaggio tutti gli elettori che non hanno votato al primo, nonché coloro che compiono gli anni proprio in questi quattordici giorni.
C’è o no un’alterazione della base elettorale?
Concludo con l’augurio che tutte le formazioni politiche rifiutino ogni eventuale proposta di apparentamento che dovesse eventualmente provenire dalle due coalizioni contendenti. Per il rispetto dell’etica politica e, soprattutto, della sovranità degli elettori.
Gabriele D’Amelj Melodia
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