Così replicava, nel 1854, il capo indiano Capriolo Zoppo al Presidente degli Stati Uniti ˗ Franklin Pierce ˗ che gli proponeva di vendere una parte del territorio indiano istituendovi, in cambio, una riserva per i pellerossa: «Siamo parte della terra, e la terra fa parte di noi. I fiori profumati sono i nostri fratelli; il cervo, il cavallo, le grandi aquile sono nostri fratelli… Questa terra per noi è sacra. Quest’acqua scintillante che scorre nei torrenti e nei fiumi non è solamente acqua, per noi è qualcosa di immensamente più significativo: è il sangue dei nostri padri…».
Che senso ha questo incipit da ambientalista?
Ce l’ha il senso. Ce l’ha nel momento in cui apprendo che il professore Romano Prodi (non avesse mai scambiato una onesta carriera accademica con un pernicioso ˗ per noi ˗ percorso politico!), sul Messaggero di qualche giorno fa ha sentenziato che il petrolio e il gas che non verranno estratti all’interno delle acque costiere italiane (come quelle al largo delle Tremiti…) sarà “succhiato” dagli altri Stati confinanti (il riferimento alla Croazia è sottinteso).
Con il risultato di non scongiurare gli eventuali problemi ambientali (quindi, in qualche modo li mette in conto…), ma in compenso regalare agli altri una occasione irrepetibile.
Il Professore ricorda anche che l’Italia potrebbe raddoppiare la sua produzione di idrocarburi, di cui è strutturalmente deficitaria, avere investimenti per quindici miliardi e migliaia di posti di lavoro. Come avviene, ma tra mille restrizioni, in Basilicata.
Insomma è contrario agli intendimenti palesati da Puglia e Abruzzo, i cui leader politici hanno sposato la causa dei No-Triv (no alle trivelle), con l’aggiunta anche di una simpatia per i No-Tap (il gasdotto che dovrebbe portare il gas dal Caspio).
«… Ogni riflesso nell’acqua chiara dei laghi ˗ ammoniva Capriolo Zoppo ˗ parla di eventi e di ricorsi della vita del mio popolo. Il mormorio dell’acqua è la voce del padre di mio padre… Sappiamo che l’uomo bianco non comprende i nostri costumi. Per lui una parte della terra è uguale all’altra, perché è come uno straniero che irrompe furtivo nel cuore della notte e carpisce alla terra quel che più gli conviene, la terra non è sua amica, anzi è un suo nemico…».
Proprio così, caro Capriolo Zoppo. E lo dimostra un altro fenomeno delittuoso che rischia di dare il colpo di grazia al nostro territorio geologicamente instabile: il “fracking”. Ne ha parlato, qualche giorno fa, l’attenta Milena Gabanelli nel corso della sua trasmissione Report.
Fracking significa frantumare le rocce usando fluidi saturi di sostanze chimiche iniettate nel sottosuolo ad altissima pressione. Si tratta, cioè, di un modo “non convenzionale” per estrarre gas da roccia porosa di origine argillosa detta scisti (shale, in inglese), le cui vacuità ospitano in prevalenza metano.
Con le tecniche “tradizionali” questo gas non potrebbe essere estratto, visto che è intrappolato in una miriade di pori sotterranei e la classica trivella verticale non arriverebbe ad aprirli tutti. Con il fracking, invece, giunti a una certa profondità, la trivella e i fluidi di perforazione vengono direzionati orizzontalmente e l’alta pressione innesca una serie di microsismi frantumando la roccia e lasciando sprigionare il gas.
Al fracking non sono collegati solo i terremoti, ma l’acqua che si beve (e che, frammista a metano, esce con fiamme dai rubinetti…), l’aria che si respira, il cibo che si mangia, la moria degli animali…
«L’ingordigia dell’uomo ˗ continua Capriolo Zoppo ˗ divorerà tutta la terra ed a lui non resterà che il deserto… Insegnate ai vostri figli ciò che noi abbiamo insegnato ai nostri: che la terra è la madre di tutti noi. Tutto ciò che di buono accade sulla terra, accade anche ai figli della terra. Se gli uomini sputassero sulla terra sputerebbero su se stessi. Noi sappiamo almeno questo: non è la terra che appartiene all’uomo ma è l’uomo che appartiene alla terra…».
È catastrofismo ciò che si dice del fracking? Non credo, considerato che già molti Paesi hanno preso le distanze da questo gioco pericoloso che giova solo alle grandi multinazionali del petrolio (per la cronaca, la Francia l’ha vietato fin dal 2011).
E in Italia qual è la situazione? C’è da dire che qualche timido approccio c’è già stato. La ditta Independent Resources, dopo aver sperimentato un evento di fracking a Ribolla, in provincia di Grosseto, nel 2009, gestisce lo stoccaggio di gas a Rivara, vicino all’epicentro del terremoto emiliano… Una causalità quel sisma o una conseguenza degli scuotimenti e svuotamenti effettuati in un sottosuolo geologicamente delicato come quello appenninico?
È di questi giorni un’intervista rilasciata da Giuseppe Marinò ˗ il Presidente di Confindustria Brindisi ˗ in cui afferma che dire sempre “no” a tutto e a tutti, a cominciare dall’annosa querelle per il rigassificatore, non porta da nessuna parte. Che gli impianti, qualora fatti nel rispetto delle norme a tutela dell’ambiente, non danno problemi di sorta. E che non si può pensare, ai tempi d’oggi, di vivere solo di turismo.
E invece, Presidente, a mio modesto avviso, si può. O quantomeno dovremmo provarci. Cinquant’anni fa, prima che entrassimo nel giro (o girone infernale?) perverso di una industrializzazione che non era nel nostro Dna, la campagna e il mare, insieme alla biodiversità e all’armonia del paesaggio, ci davano da vivere. Il resto veniva dal turismo che, seppure di transito, qualche vantaggio l’arrecava.
Perché allora non si può tornare a quella concezione “semplice” della vita? “… Questa bella d’erbe famiglia e d’animali…” cantava il Foscolo ne I Sepolcri. E se un ritorno convinto alla natura appare oggi anacronistico, almeno si abbandoni la strada che ci ha portato fin qui.
Potrebbe dunque sembrare che io sia fuori dal mondo dal momento che, malgrado tutti i mali della post industrializzazione, meno di un anno fa la National Geografic e la Lonely Planet hanno incoronato la Puglia come una tra le mete turistiche mondiali preferite dai vacanzieri, definendola “una terra dove è possibile vivere un’esperienza unica, non solo per il suo mare, i suoi borghi, la sua realtà rurale e moderna, i suoi castelli e le cattedrali, ma soprattutto per la sua autenticità e la sua enogastronomia”.
Ma c’è di più. Secondo una notizia dell’ultima ora il clima mite, il mare cristallino e la cucina sono tre degli elementi che hanno indotto il blog “Sentimeter” del Corriere della Sera a indicare la Puglia come la regione più felice d’Italia. Addirittura, insieme con l’Emilia Romagna, la regione con gli abitanti più felici…
Ebbene, prendo le distanze da questa ricerca seppure incentrata sulla raccolta di circa 40 milioni di tweet giornalieri tra gli utenti del noto social network. Ma anche lo scoop della National Geografic e della Lonely Planet è per me poco credibile.
Stiamo barando: ecco quello che stiamo facendo! Mostriamo una realtà che non è reale. Stiamo vendendo una non-realtà. La nostra terra, purtroppo, è malata. Dobbiamo avere l’onestà di ammetterlo, ma soprattutto la fermezza di porre in essere i rimedi per farla guarire.
Non credo, infatti, che si possa essere felici con i veleni che ammorbano l’aria di Taranto e Brindisi e quelli che sono stati seppelliti, insieme agli scarti industriali, nelle nostre campagne. Non si può essere felici guardando il mare oggi, col pensiero rivolto a quello che offriva un tempo…
Che cosa hanno proposto su questi temi ambientali i candidati alle recenti Europee? Qualcuno aveva inserito nel proprio programma elettorale una regolamentazione europea del fracking, dei gasdotti, dei trivellamenti nell’Adriatico o altrove? Non mi risulta. Hanno scambiato le Europee per le Politiche, trattando solo questioni nazionali e per di più con un linguaggio da trivio. Ma questa, come diceva Kipling, è un’altra storia.
«Recare danno alla terra ˗osservava saggiamente Capriolo Zoppo ˗ è come disprezzare il suo Creatore…». E soggiungeva: «Contaminate i giacinti dei vostri focolari e una notte vi ritroverete soffocati dai vostri stessi rifiuti…».
Lui ˗ l’indiano ignorante ˗ l’aveva capito. Siamo noi a non avere ancora capito che, andando avanti di questo passo, sarà la fine della vita e l’inizio della sopravvivenza.
Guido Giampietro
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