Giovedì 20 agosto alle 21, nel Chiostro del Comune, il mensile ostunese “Lo Scudo”, d’intesa con il Rotary Club Ostuni Valle d’Itria Rosa Marina, proporrà “Ostuni e il suo dialetto: serata d’onore” un viaggio guidato dal libro “Parole di calce” del prof. Nello Ciraci, collaboratore del giornale e componente del Rotary Club.
Nel suo “Percorso attraverso le voci poetiche del dialetto di Ostuni” sono contenute le opere dei più illustri poeti che hanno scritto in ostunese (Don Arcangelo Lotesoriere, Don Oronzo Paolo Orlando, Mons. Francesco Tamborrino (Tam-Tam), Don Pietro Pignatelli (“Lu Barcarulu”), Francesco Amerigo Nacci, Tommaso Nobile, Domenico Colucci (scomparso pochi giorni fa), Silvio Carrino (che interverrà personalmente) e lo stesso Ciraci. Fin dal primo anno di pubblicazione del giornale (e gli anni sono ormai 94) “Lo Scudo” ha riportato moltissime poesie in dialetto ostunese.
Già negli anni scorsi il giornale aveva celebrato la nostra “lingua cittadina”, prima con una storia dell’espressione in dialetto e le parole dei maestri, poi con un concorso per voci nuove al quale presero parte otto poeti.
Il dialetto rappresenta la nostra etichetta, le nostre radici, la nostra carta d’identità: il nostro legame con le generazioni che ci hanno preceduto, col loro lavoro, con i loro affetti, le loro speranze e le loro delusioni, gli eventi tristi e felici, la guerra, la pace, l’amore. Già, l’amore, soprattutto l’amore per la nostra terra e la nostra comunità.
Dopo i saluti del Presidente del Rotary, Giovanni Colucci, e del Sindaco di Ostuni Gianfranco Coppola, i testi dei poeti verranno recitati dal presidente dell’UNITRE, Lorenzo Cirasino, dall’attrice Antonella Colucci e da Ferdinando Sallustio (direttore de “Lo Scudo”). Concluderà Irene Munno, assistente del Governatore del Distretto 2120 del Rotary International.
Non mancheranno, nel corso della serata, ricercate immagini e significative testimonianze: non sarà solo un ricordo del passato, ma una scommessa sul valore del dialetto nel presente ed anche nel futuro, come radice, sì, ma di un albero ancora pieno di foglie fiorite.
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