A che titolo ˗ tenuto conto che la testata che mi ospita è di Brindisi, anzi di Brundisium… ˗ mi accingo a parlare di un’Università islamica in quel di Lecce? Me ne dà facoltà l’esistenza di una Università del Salento, di un Aeroporto del Salento, di un progetto (che Brindisi ha sostenuto, anche se poi non è andato a buon fine) per Lecce Capitale europea della Cultura per il 2019, e di una storia ˗ quella di Lecce, Brindisi e Taranto ˗ che seppure infarcita di provincialismi (il sale con cui gli italiani, da sempre, insaporiscono la politica e la quotidianità) rimane la storia ˗ checché se ne dica ˗ di una micro Regione: il Salento!
Perciò la (deprecabile!) istituzione di questa Università mi riguarda personalmente come la xylella fastidiosa che sta decimando gli ulivi millenari del Salento e la polvere di carbone che la Centrale Enel di Cerano graziosamente deposita nelle campagne salentine.
D’altro canto in un momento in cui si susseguono gli attacchi alla cultura e alla cristianità dell’Occidente, non si può lasciare alla sola Lecce (e al suo hinterland) la decisione di assumersi una responsabilità le cui conseguenze rischiano di ricadere su tutto il Salento e l’intera Puglia (a lungo termine, su tutto il Paese).
Come nasce questa (malsana!) idea? Le prime voci cominciano a circolare sul finire dello scorso anno allorquando la Confederazione delle Imprese Mediterranee (Confime), presieduta da Giampiero Khaled Paladini, si dichiara disposta ad acquistare dalla “Red srl” l’edificio dell’ex Manifattura Tabacchi di Lecce per crearvi la sede dell’Università islamica.
Giampiero Khaled Paladini, 58enne nativo di Magliano, salentino di formazione cattolica con studi giovanili al seminario diocesano di Lecce, ma da qualche anno convertitosi al Corano, sarebbe l’emissario di investitori al momento ignoti, interessati a sborsare circa 50 milioni di euro (!) per istituire l’Università islamica.
Questa Università sarebbe la prima in Europa e dovrebbe avere un’offerta formativa strutturata soprattutto sullo studio delle materie religiose con al centro il Corano e la Sharia, la legge sacra dell’islamismo. Di fondamentale importanza, naturalmente, sarebbe anche lo studio della lingua araba.
L’ardito progetto lanciato dal Paladini non poteva non creare scompiglio all’interno delle Istituzioni e, dapprima, tra gli stessi leccesi. È come se il Paladini avesse lanciato il grido del gladiatore Massimo Decimo Meridio: “Al mio segnale scatenate l’inferno”. Perché, in effetti, un inferno si è scatenato, anche se inizialmente circoscritto al territorio di Lecce. E, come avviene in questi casi, ognuno si è sentito in dovere di dire la sua.
L’imam leccese Saifeddine Maaroufi ha dichiarato di non essere mai riuscito a parlare col Paladini e si è trincerato dietro al particolare che non ha mai avuto “alcuna notizia su questa storia”. Il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini, in linea con il noto atteggiamento razzista e xenofobo, in una intervista a Radio Padania ha dichiarato di non essere favorevole a questa Università. Di parere contrario, invece, l’arcivescovo Domenico Umberto D’Ambrosio che, nel mese di ottobre 2014, afferma: «Siamo aperti alla tolleranza religiosa», aggiungendo che «in un mondo globalizzato bisogna accettare la libera espressione altrui, cosa che facciamo anche quando gli altri non lo permettono a noi».
L’arcivescovo, all’epoca, parlava di tolleranza religiosa. Sarei curioso di sapere se sia rimasto dello stesso avviso dopo gli attacchi alle sedi parigine della rivista Charlie Abdou e del Kosher Hypercacher, a quelli in un bar e sul sagrato di una sinagoga a Copenaghen, a quello all’interno del Museo del Bardo a Tunisi, alla strage nello Yemen… E se anche oggi possa invocare la tolleranza dopo aver visto le foto delle statue distrutte in Iraq, delle croci divelte dalla sommità degli edifici religiosi, delle campane rimosse e schiantate al suolo da parte dei miliziani del sedicente Stato islamico. Non so se l’arcivescovo ha saputo che non hanno lasciato in pace nemmeno le tombe e persino un presepe!
Mi tornano in mente le parole veementi di Oriana Fallaci (La rabbia e l’orgoglio): «Che senso ha rispettare chi non rispetta noi? Che senso ha difendere la loro cultura o presunta cultura quando loro disprezzano la nostra? Io voglio difendere la nostra, e v’informo che Dante Alighieri mi piace più di ‘Omar Khayyām».
Un’altra voce autorevole ˗ questa volta laica ˗ s’inserisce nella querelle università-sì-università-no. È quella del prof. Francesco D’Andria, archeologo dell’Università del Salento, impegnato in numerose missioni in Oriente. «Perché ˗ propone ˗ non pensare ad una iniziativa in collaborazione e nell’ambito dell’Università del Salento? La Fondazione che probabilmente può contare sulle ingenti risorse dei Paesi più moderati del Golfo, potrebbe finanziare l’istituzione di un Dipartimento di Lingue e culture dell’Islam, che farebbe parte di una delle Facoltà dell’Ateneo, attivare posti di docenti e di ricercatori, creare Biblioteche specializzate e Laboratori, collegi e borse di studio per gli studenti, in un quadro di collaborazione internazionale».
Il professore, da tecnico, si è lasciato prendere la mano e fa affidamento sulle “ingenti risorse” che assicurerebbero l’istituzione dell’Università. Ma è proprio qui il punto: la mancanza di trasparenza sulla provenienza di questi milioni di euro!
Sempre a proposito dell’Università del Salento appare piuttosto scettico anche il suo Rettore ˗ il prof. Vincenzo Zara ˗ che, al riguardo afferma: «Operativamente occorrono ben precisi adempimenti: il riconoscimento ministeriale della stessa Università islamica prima di tutto, poi l’accreditamento di eventuali corsi. Credo che al momento si sia molto lontani da questa fase».
Nel frattempo, venuta meno la possibilità di acquisire l’edificio della ex Manifattura tabacchi (con i suoi 51 mila metri quadrati di copertura è tra le più importanti testimonianze dell’archeologia industriale salentina) a causa delle giuste resistenze degli organi amministrativo-politici di Lecce, il Paladini cambia direzione affermando che il polo didattico potrebbe essere costruito su un terreno di circa 10 ettari in territorio di Monteroni, a un passo dal campus Ecotekne dell’Università del Salento. Disporrebbe, secondo le previsioni, di una moschea ottagonale che, nell’idea progettuale, richiama la sagoma di Castel del Monte. A Lecce, invece, si dovrebbe creare il rettorato.
Intanto, giusto per fissare un paletto, il 27 febbraio viene costituita la Fondazione Università Islamica (sede provvisoria in via Matteotti, a due passi da piazza Sant’Oronzo) che dovrà coordinare tutto il progetto!
Il giudizio (negativo) più forte rimane, al momento, quello del Sindaco di Lecce. Infatti Paolo Perrone, ancora una volta, ha manifestato il suo no decisivo scrivendo (su Facebook): «Lecce, crocevia di culture e di religioni e simbolo della multiculturalità, è da sempre un esempio per capacità di integrazione e inclusione. Lo dicono i fatti, lo dicono i numeri. In città sono residenti poco meno di 6200 stranieri rappresentati da diverse etnie. Ma la possibile istituzione di una Università islamica, pur in una terra di accoglienza e di dialogo, rappresenta un problema in questo complicato momento storico, in cui ciò che accade in alcuni Paesi del Mediterraneo e del mondo arabo non aiuta la nostra sicurezza e la nostra serenità. Ecco perché occorre massima trasparenza. L’Università rischia di diventare terreno fertile per chi ˗ sotto la bandiera del multiculturalismo e dell’apertura alle diverse fedi religiose ˗ alimenta una cultura dell’odio e dell’intolleranza».
La nota più stonata è venuta proprio dalla ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, presente qualche giorno fa a Lecce per l’inaugurazione del nuovo anno accademico dell’Università del Salento che quest’anno festeggia i 60 anni dalla sua apertura. «L’idea dell’ateneo islamico a Lecce ˗ ha detto la ministra ˗ va bene. Ne ho sentito parlare anche se non la conosco nei dettagli. Penso che l’Italia possa e debba assumersi una responsabilità culturale e formativa propria di un paese ponte…».
Assurdo! La signora ministra sale in cattedra dopo aver ammesso che non conosce i dettagli della questione. Allora doveva stare zitta. Bene ha replicato Severo Martini, assessore all’urbanistica del Comune di Lecce: «La facesse nella sua città l’università. I leccesi hanno paura». Per la cronaca anche i cittadini di Monteroni, in questi giorni, stanno manifestando la loro contrarietà al progetto.
A differenza di quanto ebbe ad affermare Karl Kraus (“Chi ha qualcosa da dire si faccia avanti e taccia”) ritengo invece, per il comune destino che da millenni accomuna, nel bene e nel male, le popolazioni del Salento, che anche Brindisi e la sua Provincia (o quel che ne resta) debba pronunciarsi su questo importante argomento.
Per quanto mi riguarda ritengo che, vista la guerra di religione in atto (perché di questo si tratta, anche se ci si ostina a nascondersi dietro a un dito), sia opportuno accantonare temporaneamente il progetto dell’Università islamica in attesa di tempi migliori. Dove, per tempi migliori, s’intende l’affermazione di un paritetico rispetto dei principi che afferiscono alla tolleranza religiosa e alla multiculturalità.
Guido Giampietro
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