July 12, 2025

LA’ SOTTO: IL NUDO E L’INTIMO NELL’ARTE SACRA E PROFANA DALL’ANTICHITA’ AI GIORNI NOSTRI ( I parte )
-Testo vietato ai minori anni 14-
di Gabriele D’Amelj Melodia

 

PREMESSA

     Questo saggio breve, svolto per puro divertissement, non ha ovviamente nessun tipo di pretesa, se non quello di partecipare ai lettori il piacere della ricerca, eseguita fiutando piste inesplorate visibili solo a chi attende all’esercizio della curiosità conoscitiva eterodossa.
Andare a “ spiare “ il sesso, e non solo quello degli angeli, nella sua splendida naturale nudità o nella varie forme di pudico celamento a base di mano coprente, foglie o di eleganti drappeggi che involucrano uomini e soprattutto rappresentanti del gentil sesso, è tutto sommato un’operazione culturale, considerato che anche la zoomata sulle parti intime dei soggetti scolpiti e dipinti da vari artisti ha, in parte, l’antica funzione di ricercare l’ideale di bellezza, concetto storicamente liquido e variegato, sempre legato al gusto, alla sensibilità dei fruitori pro tempore….

 

Mi scuso con il lettore se al testo, per ovvi motivi, non si accompagna sempre l’immagine di riferimento. Spero che il paziente curatore di questa pubblicazione corredi le cieche parole almeno con qualche foto. Per il resto, chi vorrà approfondire potrà andare personalmente a vedere le immagini, magari anche sul cellulare, seguendo i miei suggerimenti.

 

L’INTIMO SENZA…BIANCHERIA

Già, può sembrare un paradosso, ma la più diffusa iconografia, non solo mitologica ma anche sacra e profana, snobba la volgare mutanda o l’antiestetico, inammissibile reggiseno (uno dei rari esempi di questo capo nella storia dell’arte è nelle “Fanciulle atlete”, tramandate ai posteri in “bikini” in un pavimento musivo di una villa romana del IV sec. d.C. a Piazza Armerina, Sicilia ), per puntare sul nudo integrale, immortalando così candide ed orgogliose pudenda.

L’arte classica antica, greca e romana, rifugge il panneggio compromissorio ed ipocrita, puntando decisamente sulla purezza delle forme plastiche nature.

 

ALCUNI ESEMPI DI NUDI MASCHILI


Chiariamo subito una cosa, a beneficio di qualche donzella troppo ottimista e speranzosa di “ effetti speciali “. I canoni estetici classici prevedono corpi robusti, muscolosi, spesso dotati di chiappe notevoli, ma in quanto agli attributi, essi sono sempre contenuti e a volte “ micro “, come quelli che la storia registra a proposito di Vittorio Emanuele III, detto “ Re sciaboletta “ a causa del suo pene lungo,si fa per dire, tre centimetri…Tra i “ cazzilli “ più noti quello di Laocoonte ( gruppo marmoreo periodo ellenistico ),e quelli di varie statue in marmo: l’Hermes con il piccolo Dionisio di Prassitele, l’Apollo del Belvedere, copia romana del I sec, il Kouros del 550 a.C. esposto al Museo Nazionale di Atene. Per finire, in disperazione, la famosa coppia dei bronzi di Riace, V sec. a.C., belli, fascinosi, armoniosi in tutto eccetto … che in un piccolo, anzi piccolissimo, particolare. Anni fa, quando li andai a vedere a Reggio, alcune turiste a me vicine avevano disegnata sul volto una piega di amaro sconcerto: per loro, la delusione era davvero tremenda! Anche il David di Michelangelo ha un pisello da adolescente del tutto inadeguato.

 

Una delle poche eccezioni, nel mondo antico, è rappresentato dal notevole trittico genitale messo impudicamente in mostra dal c.d. Fauno Barberini, una statua minore di ignoto scolpita nel 220 a.C. e conservata in un Museo di Monaco. In pittura la musica non cambia: i micro falli abbondano, dall’uccelletto disegnato nello ”Studio di nudo” da Villard De Honnecourt ( 1225 ), al cosino messo tra le gambe divaricate dell’ ” Amore vincitore “ dal Caravaggio nel 1600 ca.

 


Il Masaccio invece ha un po’ più di coraggio e concepisce un Adamo normodotato ( la cacciata dal Paradiso terrestre, 1427 ca. ). Coraggioso, anzi sfrontato, il minore Taddeo di Bartolo il quale, in un particolare del suo “ Inferno “ affrescato nel 1390 per Collegiata di San Gimignano, tratteggia un uomo, rappresentante la lussuria, con più che sostanziosi genitali. Anche il ganzo Albrecht Durer, noto don Giovanni, non ebbe scrupolo a rappresentarsi, in un autoritratto a figura intera del 1506, con in vista una notevole attrezzatura, a riposo ma di tutto rispetto.

Ma lo “ Scettro d’oro “ ( è proprio il caso di dire ) per la disinibita esibizione di un membro degno di tale nome va senz’altro assegnato a un affresco pompeiano situato nel vestibolo della casa dei Vettii che raffigura un Priapo che con orgoglio ostenta e pesa un …priapesco strumento da riproduzione. Simbolo ben augurante di fertilità e di buona fortuna, i falli di… rigore presenti nelle antiche culture primitive, orientali, greca e romana, rappresentano un inno gioioso e consapevole alla vita e alla sua più naturale espressione. Solo l’ebraismo e il cristianesimo, entrambi ipocriti e sessuofobici, hanno caricato l’innocente attività sessuale in qualcosa di turpemente malizioso, diabolico, peccaminoso …

 

ESEMPI DI NUDO FEMMINILE (FRONTE – RETRO)

“… con arte meravigliosa Pigmalione scolpì una statua d’avorio, lasciò poi scorrere le mani su di essa, pose le labbra sulle sue e le accarezzò il seno. Al suo tocco l’avorio si ammorbidì ed egli pensò che fosse un corpo reale“. Così Ovidio nelle Metamorfosi, 10/ 243-89, sdogana l’anelito dell’uomo a rappresentare il “nudo integrale” delle forme femminee, topos universale fondato sul concetto di nudità ideale, che insegue un canone storico-convenzionale scevro da ogni fumus di gratuita maliziosità e volgarità (almeno nel mondo classico, nel Medio Evo, nel Rinascimento, nel Barocco e nel Neoclassico: ma già dalla metà del ‘700 le cose cambieranno … ).

 

I nudi più famosi di Veneri, dee e dame varie sono moltissimi, e tutti di grandi artisti. Non ve ne parlerò quindi, volgendo il mio obiettivo verso autori meno conosciuti. Tra le statue segnalo l’ elegante “Matrona raffigurata come Venere”, I sec. D.C., Gipsoteca di Copenaghen e una scabrosa metope (formella), denominata “la potta di Modena”, situato nel Duomo di quella città, sulla quale, all’inizio del XII secolo, il lapicida emiliano Wiligelmo, o forse un suo allievo, scolpì un ermafrodita a gambe divaricate e senza veli.

 


In pittura parto subito dal ‘500, secolo in cui si affermò il cd. “ nudo con licenza “ cioè non più connesso all’arte sacra bensì orientato verso il mondo mitologico, con la proposizione di due incantevoli opere di Agnolo Bronzino, autore a me caro. Una è la “Lussuria smascherata” , l’altra è “L’allegoria di Venere e Cupido”, entrambe del 154. Stupenda anche la raffinatissima “Venere con favo di miele”, tela di Lucas Cranach l Vecchio, 1529, il cui ideale di donna era quello di una delicata silfide (vedi la “Lucrezia” custodita a Vienna e “ Il giudizio di Paride” (Metropolitan Museum di New York in cui le tre donne sembrano veline in fiore).

Molto estetizzante, e per certi versi moderna, la figura femminile creata da Jacopo Zucchi nel quadro “Amore e Psiche”, 1589, Galleria Borghese, Roma. Statuaria, ma con un po’ di pancetta, la “Venere tra due amorini” dipinta intorno al 1520 da Andrea Piccinelli detto il Brescianino. Giunonica, quasi rubensiana, la Venere con “Satiro e amorini” raffigurata semisdraiata e di spalle da Annibale Carracci nel 1588 e ammirabile presso gli Uffizi fiorentini.

Continuando con gli artisti poco noti, mi piace citare il manierista francese Francois Clouet autore dell’olio “ Diana al bagno “, 1560 ca., e l’anonimo della scuola di Fontainebleau che ci ha lasciato un’elegante “ dama al bagno “ ( 1590 ca. ) e il più noto “ Due dame al bagno 1594 “, dove si vede una signora bruna ( Gabrielle d’Estées ) che con la mano sinistra prende con delicatezza il capezzolo destro della bionda sorella, girandola poi a mo’ di manopola di una vecchia radio Marelli.

 

Prima di lasciare il Rinascimento è d’obbligo accennare ad almeno due allegorie mitologiche.
La prima è Danae, figlia del re Acrisio di Argo, che fu messa in cinta da una pioggia d’oro che altro non era che il seme di Zeus, re dell’Olimpo e dei maniaci sessuali. Il figlio dell’inganno fu chiamato Perseo … Fu rappresentata da vari artisti, tra i quali Allegri (non Max, ma Antonio, più conosciuto come Correggio, 1532, e Tiziano, 1553. E’ sempre con le gambe un po’ dischiuse, nella stessa posizione scelta da molte signore in spiaggia quando, ad occhi chiusi, si concedono, anche nelle loro grazie recondite, ai benefici raggi del dio Elios.
La seconda figura leggendaria è quella di Leda, moglie di Tindaro re di Sparta che subì l’inganno del solito Zeus che si era mutato in cigno per possederla. E’ stata raffigurata da molti artisti, incluso Leonardo. Io qui vorrei ricordare la Leda dipinta intorno al 1507 da un allievo del Maestro da Vinci, forse tal Francesco Melzi, perché è originale in due cose: fa un cigno nero anziché bianco e mostra, con molto coraggio, il pube della bella signora non bello liscio e depilato ma rivestito di naturale peluria…

Il periodo barocco è traboccante di imperiosi nudi d’autore notissimi ( Velasquez, Goya, Rembrandt, Guercino, Reni, Pietro da Cortona,ecc. ). I più trionfali sono senz’altro quelli di Pieter Paul Rubens, artista che vedeva le donne come pasciute e rubiconde femminone portatrici sane di nobile cellulite, che a quei tempi voleva significare salute e benessere. Ma torniamo ad occuparci di minori, ricordando ad esempio la “ Venere e Marte “, olio su rame del 1610, dipinta dal veneziano Carlo Saraceni o la “ Verità “ immortalata dal padovano Pietro Liberi, 1640 ca.

Ed ora una breve nota di costume. A partire dall’arte classica e fino a metà del’800, gli artisti hanno sempre osservato una regola discriminante nel presentare le “ zone rosse “ del corpo umano. Mentre agli uomini, molte volte è concesso l’onore del pelo, alle donne no. Quasi mai. Il triangolino pubico delle femmine è sempre glabro, come quello delle bimbe e, inoltre, quasi sempre manca anche di un minimo abbozzo di fessurina, proprio come nelle bambole asessuate, almeno quelle di una volta…

 


Con il ‘700 libertario e libertino, si apre la pagina del nudo erotico che, fortunatamente, dura tutt’oggi. Ricordo allora i pennelli più maliziosi del secolo dei lumi, entrambi francesi: Jean Watteau e Francois Boucher. Tecnica molto simile, leggera e soave, soggetti spesso uguali, come le “ Diane al bagno “ e la sempre presente Venere.

Boucher si distingue poi per una coppia di famosi, birichini quadri, intitolati rispettivamente “ L’odalisca bruna “ ( 1745 ) e “ L’odalisca bionda “ (1752 ) in cui viene esaltata la venustà femminea “ a posteriori “, non nell’accezione filosofica del termine, ma proprio nel senso che avete capito: siamo nel campo minato quanto fascinoso dell’esaltazione del lato “ B”. Le due carnose fanciulle sono mollemente sdraiate a pancia in giù su divani da boudoir , in un tripudio di stoffe colorate, a gambe aperte, pronte a ricevere in quella favorevole posizione, nella più castigata delle ipotesi, una bella iniezione di vitamina C…



Voglio chiudere il solare secolo delle frivolezze con l’inglese Thomas Dowlandon ( 1750-1827 ), apprezzato autore di disegni ed acquarelli erotici il più noto dei quali è “ L’ispezione “ che ritrae un attento scrutatore del notevole deretano scoperto di una lady alle cui spalle, per terra, c’è uno specchio ovale utile a meglio condurre la scrupolosa ispezione.


Visto che siamo in argomento “ Retro “, già annunciato nel titolo del paragrafo, rammento in estrema sintesi i posteriori più callipigi ( kalos- pigos: bella chiappa) della storia dell’arte: 1) “ Afrodite callipige “ statua romana copia dell’originale ellenistico del II sec. d.C. ( Museo Arch. Napoli ) ; 2) Statua romana copia di una greca, sempre del II sec. d.C.raffigurante un attraente sedere in primo piano. Ed ora tenetevi forte. Le natiche non appartengono ad una venere o ad una Diana, infatti l’opera si intitola “ Ermafrodito dormiente “ ( Roma, Museo Nazionale ); 3 ) “ La toeletta di Venere “ di Rubens, 1615 che mostra in primo piano un culone mastodontico superato poi solo da quello, patologico, dipinto da Gustave Courbet nel 1853 ( “ Le bagnanti “ ).

 

UNO SGUARDO AI SENI…
Sarebbe ingiusto non omaggiare le escrescenze toraciche più accattivanti del nudo femminile artistico: ecco una rapida carrellata di magnifici seni: Uno dei più belli è quello alla francese della Danae dipinta da Correggio nel 1532, comunque molto simile a quello modellato per le altre dee da tanti artisti provenienti da varie scuole. Diciamo che il seno da coppa di champagne è un canone estetico di maniera ed è quindi presente sia nei minori ( Spranger, Baldung Grien, pittori della scuola di Fointainebleau, Clouet, sia nei più famosi, da Lucas Cranach a Tiziano, da Giorgione a Rubens il quale, stranamente, abbina a quarti di manzo e culoni giunonici dei seni piccoli e sodi alquanto incongrui nel contesto generale.

Merita una particolare citazione la “ Madonna con bambino “ di Jean Fouquet, tavola ad olio del 1450, che rappresenta, un tutta la sua solenne, elegante ieraticità, la vergine che si accinge ad allattare il bambinone. Ha il seno sinistro nudo, ed è una mammella materna, piena di latte e di poesia…

 

Apriamo l’800 con Jean Leon Gerome che nel 1861 ritrae una seducente “ Frine nuda davanti all’Aeropago “ e con Alexandre Cabanel autore tra l’altro di una “ Nascita di Venere “ accademica ma molto delicata e “ raffaelesca “ (1863 ). Tralasciando volutamente le nudità dipinte dai grandi, chiudiamo con l’artista belga Jean Delville, che ebbe una lunga vita a cavallo tra l’800 e il ‘900, esponente di un simbolismo ai suoi tempi avanguardistico. E’ autore de “ La scuola di Platone “ ( 1898 ), parodia dell’omonimo capolavoro di Raffaello, in cui si vedono due gruppi di nudi un po’ ambigui, in un’atmosfera decisamente preraffaellita, mentre al centro un Platone-Gesù illumina i presenti, uomini effeminati ignudi dipinti con quella sua tecnica onirico-fantasy non priva di armonia.

 

IL NUDO NEL SECOLO SCORSO

Nel ‘900, il “ secolo breve “ ricco di fermenti, sperimentazioni, tragedie storiche, crisi e rilanci sia filosofici sia di costume, l’arte si manifesta in vari sentieri autonomi, e così la pittura e, nello specifico la visione e rappresentazione del nudo , specie femminile. Nudi accademici sopravvivono insieme a nudi ironici, tragici, realisti, spesso osceni. Cezanne, Modigliani, Matisse,Picasso, Casorati, Botero i più noti. Ma anche gli espressionisti tedeschi Heinrich M. Davringhausen ( vedi “ L’assassina sessuale, 1917), Christian Schad ( “ l’artista e la modella “,1927 ), e Karl Hubbuch (“ Erna “, 1930 ), tutti e tre crudi realisti, Otto Dix (“Tre donne”, 1926 ) , Otto Griebel (“Die nackte Nutte”, 1923 ) e l’austriaco Egon Schiele, esponente della “secessione viennese” assieme al grandissimo Gustav Klimt.

I nudi di Schiele sono particolarmente “brutti” ( vedi “Giovane seduta” del 1914 ) o decisamente “osceni” e comunque sempre provocatori.

Come è noto tutti questi artisti furono censurati, perseguitati dal regime nazista, che confiscò e a volte distrusse le opere che a suo dire facevano parte della cd. “ arte degenerata “.

 

E figuriamoci cosa avrebbero fatto i nazisti, di fronte ad alcune opere contemporanee come le tele di Balthus (nudi e quasi nudi di ninfette dipinte dalla metà degli anni ‘20 al 1985 ca.: il pittore francese di origine polacca, il cui vero nome era Balthasar Klossowski, ebbe una vita lunghissima e morì a 103 anni di età! ), “Il nano”,1987 di Joel Witkin, la “Modella di Budapest” (una laidissima vecchia, 1994 ), di Andres Serrano o, ancora, la scioccante e ripugnante “ Untitled#250 “ di Cindy Scherman, 1992, che raffigura un nudo di vegliarda con in primo piano un’orrida vulva.

 

E se proprio con il poetico organo sessuale femminile, oscuro oggetto di desiderio e madre di tutte le battaglie, devo chiudere questo mio scritto, allora non posso che terminare in bellezza con un convinto omaggio al quadro che più di ogni altro eleva un canto di ammirazione e riconoscenza nei confronti dell’organo regina della vita, che è un vero, stupefacente miracolo polifunzionale: La vulva, accogliente anticamera, poi la vagina,un caveau che contiene quanto di più prezioso ci sia, una camera oscura allo stesso tempo piena di luce, una sala che è al contempo sala giochi e sala parto. Chiude il trittico il Sancta Sanctorum ancora più interno e segreto, il nucleo primario, il laboratorio dove si crea la vita: l’utero. Che nessuno si scandalizzi per questi concetti perche essi, in fondo, sintetizzano il tema trattato da “ I monologhi della vagina “, scritti nel 1998 dalla statunitense Eva Ensler e recitati in tutto il mondo da Jane Fonda, Melanie Griffith, Marina Confalone, Lella Costa ed altre ancora.

 

La tela in questione è “ L’origine du monde “ concepita dal geniale artista francese Gustave Courbet. Dipinta nel 1886 su commissione del ricco collezionista turco Khalil Bey, ritrae con felice realismo il sesso femminile, senza connotarlo di alcuna referenza oscena, attribuita invece da chi, maliziosamente, vuol vedere ciò che egli stesso vede, per distorsione psichica e culturale.

Il critico Claudio Strinati, ha più volte ribadito, anche recentemente sul Messaggero a proposito della censura che si vorrebbe imporre alle opere di Balthus, che l’arte, per sua stessa essenza, non deve rispondere a regole morali perché è al di sopra di ogni cosa terrena e il giudizio dell’osservatore si deve solo riferire a criteri estetici: Kant ce lo ha già ben spiegato più di due secoli fa…

 

Vi ho intrattenuto documentandovi, sommariamente, sul nudo nei secoli. Vi confermo però che “ prossimamente qui “, ma sul “ vostro” schermo, se ne avrete voglia, potrete leggere il seguito di questa affascinante storia, in quanto il discorso non si esaurisce col nudo tout court: c’è infatti ancora molto da “ scoprire “ riguardo all’ “ intimo “ con cui per secoli sono state coperte le pudenda umane … A presto!

 

 

…continua…

 

Gabriele D’Amelj Melodia

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