July 27, 2025

Ancora una volta, Brindisi sta attraversando uno dei ciclici periodi in cui deve scegliere tra una difesa perdente, in danno dell’ambiente e dell’occupazione, di una realtà industriale anacronistica o imboccare realmente la strada verso uno sviluppo che sia fondato sull’innovazione e sulle fonti rinnovabili.

Oggi Brindisi si trova ad affrontare contemporaneamente la fermata della centrale termoelettrica Brindisi sud e l’annuncio da parte di Eni della decisione di chiudere Eni Versalis. È un caso più unico che raro che avvenga in Italia questa contemporanea chiusura di impianti termoelettrici e di chimica di base, ma non sia la capacità di trasformare questo caso in un appuntamento e in impegni formali a livello nazionale, a differenza di quanto accade a Taranto.

Dopo la fermata della centrale Brindisi sud nel mese di ottobre 2024, oltre un anno prima della chiusura a dicembre 2025 preventivata nel piano di decarbonizzazione.

Il Governo ha dichiarato Brindisi area di crisi complessa e ha avviato un accordo di programma e la nomina di un commissario, nella persona del prefetto di Brindisi, per esaminare e rendere operative manifestazioni di interesse sostitutive della realtà energetica esistente. Però, a differenza di quanto accade a Taranto, non si riscontra un impegno, anche finanziario, che veda il Governo entrare in prima persona in questa fase di transizione.

Eni prospetta la realizzazione di una gigafactory per produrre batterie da accumulo e ipotizza 700 posti di lavoro. In un primo tempo, si sono succedute dichiarazioni istituzionali e politiche a favore di questa transizione, ma poi queste dichiarazioni sono state contraddette da una serie di indicazioni che comportano un inquietante ritorno al passato. Facciamo riferimento alle posizioni che puntano a tenere la centrale Brindisi sud in riserva, senza, peraltro, specificare se si parla di riserva fredda o calda, ma anche a quelle che vorrebbero tenere il “cracking” nel petrolchimico in conservazione.

 

Enel, apparentemente contraria rispetto a quanto si propone, è arrivata a chiedere al Governo di assumersi il costo di questa scelta o di nazionalizzare le centrali di Brindisi, Civitavecchia e Fiume Santo. Il tenere in riserva la centrale comporta bloccare l’impianto, Il non avere la capacità di fare di Brindisi un caso nazionale comporta la sottovalutazione degli effetti sull’occupazione. Si pensi a quanti lavoratori, circa 2500 fra diretti e indiretti, sono oggi impegnati nei cicli produttivi del chimico e nel campo termoelettrico. Però, ancora oggi, come tante volte ieri, il sostenere di intervenire in difesa delle imprese e dell’occupazione produce effetti contrastanti e sconcertanti, in danno del territorio, dell’ambiente e appunto soprattutto dell’occupazione. Posizioni politiche e sindacali arrivano a difendere l’indifendibile chimica di base attuale e a chiedere, assolutamente il ritorno al carbone, perfino con riferimento al trasporto su gomma del minerale fino alla centrale Brindisi sud! Fornendo al riguardo, l’insostenibile possibilità di far convivere combustibili fossili, quali il gas, con le prospettive di uso delle rinnovabili e dell’innovazione. Si arriva, perfino, a proporre lo spostamento a Brindisi della nave rigassificatrice che si vorrebbe collocare a Taranto per alimentare col gas gli altiforni dell’acciaieria.

 

Il Governo, peraltro, dona ulteriori 78 milioni di euro per realizzare a Taranto e non a Brindisi un HUB della cantieristica al servizio di impianti eolici offshore e, invece, di creare questo nuovo sviluppo Brindisi dona 35 milioni di euro a Edison per consentirle di avere quei fondi non riconosciuti nel PNRR per far ripartire il progetto del deposito costiero di GNL a costa Morena est, luogo cruciale per lo sviluppo dello scalo intermodale tra navi e linea ferroviaria e per la logistica portuale

E compito delle forze politiche, soprattutto di quelle sindacali pretendere, come a Taranto, gli ammortizzatori sociali che garantiscano la transizione, i corsi di formazione e gli impegni per l’impiego di personale dell’attuale indotto nei progetti da realizzare. Va sottolineato che oggi e non domani può essere costruito un futuro con precisi contenuti tecnici, economici, occupazionali e con la relativa fattibilità nelle manifestazioni di interesse citate e in progetti attivabili a Brindisi, solo se vi fosse la volontà di creare questo nuovo sviluppo.

 

Enel ed Eni, è bene ricordarlo a tutti, non licenziano i loro dipendenti. Ci aspettiamo, in primo luogo, che anche la Cgil chiarisca la propria posizione che con noi, in passato, è stata chiara su questi temi, in primo luogo sul deposito.

 

Enel, da tempo, ha presentato 13 idee progettuali:
o AZIENDE
o N° ADDETTI DA ASSUMERE
o INVESTIMENTI
o Tempistica di realizzazione

RENESYS ENERGY
• 270 addetti
• 85-100 milioni
• 12-15 mesi

SCANDIUZZI STEEL Constructions
• 70 addetti
• 10 milioni
• 15 mesi

GREENTHESIS
• 30 addetti
• 10 milioni
• 12 mesi

NADARA – BlueFloatEnergy
• circa 300/400 addetti a regime (3000 con punte fino a 8000 nella fase di costruzione)
• circa 8 miliardi per la realizzazione di 2 parchi eolici marini galleggianti (Odra e Kailia)
• 60 mes

FINCOSIT
• 50-250 addetti
• 3-6 milioni
• 8-12 mesi

CISA S.p.A.
• 100 addetti
• Non ancora definito
• Non definita
CBM Company SAS
• 80 addetti
• 25 milioni
• Non definita

EEMAXX
• 92 addetti
• 100 milioni
• 12 mesi

ACT BLADE
• 128 addetti
• 15 milioni
• 36 mesi

RENEXIA S.p.A.
• 1300 addetti
• 500 milioni
• 2 anni…

2G GROUP s.r.l.
• 11 addetti
• 700 mila
• 14 mesi
ARS ALTMANN AG
• 80 addetti
• 10 milioni urbanizzazione + 10 milioni impianto PV pensiline auto
• 3 Anni
VIMIT ENERGIA
• 230 addetti
• 16,5 milioni
• 15 mesi

 

In campo energetico è necessario dare corso alla realizzazione della Piattaforma Eolica Offshore a sud di Brindisi, che dovrebbe, fra l’altro, produrre circa 1200 posti diretti nella fase di costruzione, a condizione, però, che tutta la cantieristica connessa avvenga nel porto di Brindisi e nell’area industriale. La produzione elettrica di tale impianto, attraverso un cavidotto sottomarino, si collegherà nell’area occupata dalla dismessa centrale Brindisi Sud alla rete di trasmissione e distribuzione, da mettere quest’ultima in sicurezza.

Le attuali opere di presa d’acqua e le pompe della centrale possono essere riattivate accanto alla realizzazione di due impianti: da un lato, quello di produzione di energia elettrica e idrogeno da moto ondoso, che sta ottenendo vari consensi e premi a livello internazionale, della società brindisina Geco; dall’altro, quello progettato dalla società brindisina Green Independence, che ha previsto e realizzato a livello sperimentale un grande impianto fotovoltaico che può garantire contestualmente la desalinizzazione dell’acqua di mare, la produzione di idrogeno e quella di energia elettrica.

Fra le 13 idee progettuali sopra richiamate, abbiamo sempre sostenuto la realizzazione dello stabilimento di ACT Blade, che, producendo pale eoliche innovative, prevedeva 128 posti di lavoro in fase iniziale e fino a 500 a regime.

 

Restiamo sempre convinti della necessità di una GigaFactory per la produzione di pannelli fotovoltaici, che oggi, con l’interessamento diretto di Enel, potrebbe essere orientato verso la realizzazione dei pannelli fotovoltaici progettati da Green Independence.
Si è parlato di idrogeno verde, quale quello che impianti sopra citati e altri che si potrebbero realizzare garantirebbero, con la creazione, che riteniamo necessaria, della Hidrogen Valley da tempo annunciata e la creazione di un Hub a Brindisi dell’idrogeno da utilizzare nella mobilità autoveicoli e di navi, nel polo chimico, accanto alla GigaFactory prospettata.

Si ritiene importante un confronto con Eni per quel che riguarda linee di produzione di chimica verde e di bioplastica.
Abbiamo parlato di cantieristica connessa ad impianti eolici offshore, ma nelle manifestazioni di interesse si parla anche di Cantieristica Navale, su cui abbiamo espresso il pieno favore quando fu annunciata una programmazione da parte di società del territorio, con riferimento alla costruzione di barche da diporto e a 300 posti di lavoro.

Infine, dopo aver evidenziato lo squilibrio di risorse finanziarie e impegni progettuali fra quel che sta accadendo a Taranto e a Brindisi per le bonifiche, si sottolinea, ancora una volta, l’assurdità di progettare un deposito costiero di GNL nel porto di Brindisi, laddove è necessario sviluppare lo scalo intermodale e la logistica ad esso connessa. A Molfetta, in condizioni ben diverse per quel che riguarda le infrastrutture e le potenzialità del porto, Lisa Logistic prevede un investimento che porterebbe a creare 750 posti di lavoro.

Non da ultima, merita attenzione una delle manifestazioni di interesse che fa riferimento alla creazione di un rilevante Data Center, che potrebbe avere un utilizzo diretto dei due enormi dome di legno lamellare presenti a Cerano.

Un impianto del genere viene ritenuto assolutamente necessario in regioni del sud e in un’area strategica del Mediterraneo e può creare notevoli prospettive, pur in considerazione della forte domanda energetica che comporta, sicuramente collegabile ad impianti da fonti rinnovabili, tenendo anche conto dell’utilizzo possibile di notevole produzione di calore.

 

Italia Nostra Brindisi, Legambiente circolo Tonino Di Giulio Brindisi, WWF Brindisi, A., Forum Ambiente Salute e Sviluppo, No al Carbone, Puliamo il mare Brindisi, Associazione “Vogatori Remuri Brindisi

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