Etichetta: Autoproduzione
Genere: Prog Rock/Psychedelic/Alternative
Il quarto disco del combo statunitense ha avuto una gestazione difficile: sulla soglia dello scioglimento i Rishloo si sono presi cinque anni di tempo per riuscire a produrre e distribuire in forma autoprodotta la loro ultima fatica. Ascoltando il disco si rimane con l’amaro in bocca al pensiero della scarsa distribuzione e conseguente visibilità che avrà Living as Ghosts with Buildings as Teeth, perché siamo di fronte ad una prova di ottima fattura.
I Rishloo appartengono a quel filone tutto contemporaneo che coniuga alternative e progressive, distinguendosi per l’ampio utilizzo della melodia e di chitarre cariche di delay e riverberi. I nomi immediatamente accostabili sono principalmente quelli dei Karnivool e dei connazionali Dredg e Mars Volta. Soprattutto i Mars Volta mi verrebbe da dire, dato che Living as Ghosts with Buildings as Teeth, risente fortemente delle influenze del fu (ahime!) gruppo di Omar Rodríguez-López e Cedric Bixler Zavala, con particolare riferimento all’esordio Deloused In The Comatorium.
L’iniziale “Great Rain Beatle” è spiazzante nella suo stile quasi citazionista, tanto a livello vocale quanto chitarristico. Anche se l’evoluzione del brano fa emergere una direzione stilistica ovviamente differente, laddove i Mars Volta prediligevano lunghe suite psichedeliche e scorribande chitarristiche forsennate, i Rishloo optano per una forma canzone maggiormente compatta e classica, che si caratterizza per melodie decisamente più orecchiabili, merito soprattutto della bellissima voce del cantante che se a tratti può ricordare quella di Zavala, mantiene nel complesso una sua gradevolissima identità, evidenziando le non comuni doti canore del vocalist. L’anima progressive dei Rishloo emerge in tutta la sua prepotenza nella creazione di strutture musicali non lineari, che alternano incipit lenti ad accelerazioni improvvise, per poi irrompere in certa psichedelia sognante infarcita di riverberi e delay (“Landmines” o “Deadrope Machine”).
Ascoltando Living as Ghosts with Buildings as Teeth non si può non rimanere affascinati dalla perizia strumentale dei membri della band, spesso alla ricerca di soluzioni stilistiche originali (e dispari) come nella riuscitissima traccia finale “Just a Ride”, un tripudio di melodia. Ma il disco non è certo esente dai difetti, una prova che poteva essere potenzialmente perfetta, manca di poco l’apice compositivo a causa della lunga “Dark Charade” un pezzo della durata di dieci minuti giocato su una serie di variazioni che peccano di incisività. Al di là di questo piccolo passo falso Living as Ghosts with Buildings as Teeth rimane un album godibilissimo, consigliato a tutti gli amanti dei Mars Volta, Dredg, Karnivool e delle melodie ricercate, suonate con gusto ed acume compositivo.
James Lamarina
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