Si è aperta ufficialmente l’ennesima campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale di Brindisi, dopo le triste e note vicende giudiziarie che hanno di fatto concluso in anzi tempo l’esperienza Consales, in un clima politico fortemente imbarazzante per i postumi mai sopiti di uno scontro fra i Partiti e per un intollerante trasformismo generale. Il 5 giugno, 74.483 cittadini sceglieranno tra i sei candidati Sindaci e circa 700 candidati Consiglieri, la futura Amministrazione che si assumerà la responsabilità della guida della Città. Intanto, mentre l’attenzione da parte di tutti è focalizzata alla ricerca del consenso, attraverso lo studio di programmi spesso utopistici che il più delle volte rimangono chiusi in un cassetto per tante ragioni incomprensibili, la Città rimane preda di una emergenza che si chiama: LAVORO ! Per evitare di essere fraintesi e strumentalizzati, come spesso accade quando il Sindacato parla di questo argomento, premettiamo che non è nostra intenzione né ergerci a “Salvatore della Patria” (ve ne sono già tanti in giro), né tanto meno a tuttologi di turno, ma semplicemente vorremmo porre all’attenzione alcune considerazioni sulle tante vertenze industriali in essere, a chi, con molto entusiasmo e con altrettanta abnegazione, si è assunto l’onore di candidarsi a guidare, per il prossimo quinquennio (speriamo), questa bistrattata Città. Non v’è dubbio che in un ragionamento reale, quindi al netto delle varie polemiche e dicerie, il sistema economico ed occupazionale di Brindisi, almeno fino ad oggi, è sostenuto da un apparato industriale che farebbe invidia, visto la presenza di tante aziende multinazionali, a qualsiasi paese. L’Eni con le sue consociate, l’Enel e le sue controllate, l’A2A, la LyondellBasell, la Sanofi Aventis, la Jindal Films, e poi ancora le piccole e medie locali come la ChemGas-Gruppo Sapio, l’Ipem, la Telcom, la Peritas, la Sait, e una miriade di altre aziende del Tessile e Occhialerie, portano Brindisi ad essere considerata una delle provincie industriali più significative del Mezzogiorno. Gli ultimi dati riportano circa 8.000 unità fra lavoratori diretti e indiretti nel settore. Ma non è tutto! Se aggiungiamo a queste, le altre aziende del settore Edile, del Metalmeccanico ed Aeronautico, considerando Brindisi primo Polo della Puglia del comparto aeronautico, per un totale di circa 3.000 altri dipendenti diretti, probabilmente percepiremmo ancora di più non solo le potenzialità che richiamavamo prima, ma anche l’esito della catastrofe sociale che causerebbe la distruzione, purtroppo da molti auspicata, di un sistema industriale che malgrado tutto è l’unico ancora capace di dare vera occupazione a migliaia di lavoratori e sostentamento dignitoso alle loro famiglie. Non c’è attività turistica, o di pesca, o di servizi, o di Pubblica Amministrazione che da sole possono sostituire l’industria manifatturiera come settore trainante della nostra economia. E questo nonostante un periodo di crisi economica internazionale e di incertezze produttive, legate ad una mancanza di un Piano Industriale strategico del nostro Paese. Il prossimo venerdì 13 maggio, parteciperemo a Roma alla Manifestazione Nazionale organizzata in concomitanza dello sciopero del Gruppo Eni e Saipem, proclamato dalle Segreterie Nazionali della Filctem-CGIL, Femca-CISL e Uiltec-UIL sulla vertenza Eni-Vesalis. Da tempo chiediamo al Governo, e noi sul nostro territorio lo abbiamo fatto attraverso i nostri Parlamentari e attraverso il nostro Presidente della Regione, delle rassicurazioni sul futuro della chimica in Italia. Da anni denunciamo scelte inaccettabili che portano ad un declino della Chimica nel nostro paese. Sarebbe imperdonabile da parte nostra assistere inermi a ciò, senza perlomeno provare a reagire per far comprendere a tutti quanti che l’industria Chimica potrebbe rappresentare il vero fattore di modernità e di rilancio del nostro sistema economico per il prossimo futuro. Per fare questo abbiamo l’obbligo di cambiare una tendenza che imperversa nel nostro paese: quella che tutto ciò che è Industria, tutto ciò che è Chimica, nuoce gravemente alla salute, crea danni irreparabili all’ambiente e non può coesistere con altri modelli di sviluppo. L’industria chimica invece è la base di tutte le produzioni del settore manifatturiero, dal tessile al mobile, dall’occhialeria all’elettronica, dalle auto agli elettrodomestici, dal settore sanitario al farmaceutico, settori del Made in Italy che nel corso degli anni hanno tratto profitto e competitività grazie al supporto della chimica, in particolare della “chimica di base”.
Stesso dicasi per il settore energetico. Da più parti si sente parlare anacronisticamente di Convenzioni con le aziende elettriche per la riduzione del carbone. Si omette di dire, forse perché magari non lo si conosce, che la realtà oggi è già ben diversa perché Edipower (centrale Nord) è ferma già da tre anni e la stessa centrale di Cerano oltre ad aver realizzato la copertura del Parco Carbonile, completando una serie di investimenti in opere di ambientalizzazione, di fatto ha dimezzato la sua produzione e di conseguenza il consumo di carbone per effetto dell’introduzione sul mercato energetico della “borsa elettrica” che rende poco competitivi alcuni tipi di impianti poco propensi alla flessibilità produttiva. Quindi è giusto parlare di “decarbonizzazione”, con e senza la TAP, perché anche la Uiltec è convinta che bisogna andare verso le fonti rinnovabili, ma questo và fatto non solo attraverso uno studio di fattibilità approfondito che spetta senz’altro all’azienda interessata, ma soprattutto con il tempo necessario ad una trasformazione energetica che non può non tenere conto di un periodo di transizione di circa 10/15 anni. Per questi motivi riteniamo, tra l’altro, ancora utile e necessario il mantenimento del Centro di Ricerca Enel, perché attraverso la Ricerca, la Conoscenza, lo studio, si possono realizzare nuovi progetti ecocompatibili e funzionali al mantenimento degli aspetti produttivi ed occupazionali. Oggi siamo sicuramente in presenza di una svolta, non fosse altro perché abbiamo raschiato il fondo, e se è quantomeno azzardato e utopistico parlare di “rivoluzione industriale”, la storia insegna che tutte le svolte partono dalle macerie e si concretizzano attraverso processi di evoluzione economica ed industriale dovute anche all’utilizzo di nuove tecnologie. A partire dal 1970 si è parlato di “terza rivoluzione industriale” per effetto dell’introduzione dell’elettronica, delle telecomunicazioni e soprattutto dell’informatica, va da sé che se noi oggi parliamo di nuove tecnologie, di sostenibilità alla chimica da fonti rinnovabili, di chimica verde, di nanotecnologie, di biotecnologie, stiamo parlando di un nuovo sistema di “innovazione” per la nostra industria. Per questo vi è la necessità del sostegno dell’intera classe politica, a partire dalla prossima Amministrazione Comunale. La Uiltec è pronta a fare la sua parte, ma insieme ai tanti lavoratori del settore industriale ha la necessità di conoscere a priori non il programma elettorale, ma i reali intendimenti dei vari Candidati circa il futuro del settore industriale, senza demagogia e senza calcoli elettorali.
COMUNICATO STAMPA UILTEC
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