May 4, 2025

 

Da qualche decennio ormai si può dire che viviamo nell’era dell’informazione. Di contro balzo, però, non possiamo fare a meno che scontrarci con il fenomeno opposto, ovvero la disinformazione. L’abilità della gente di selezionare l’informazione giusta e metterla a confronto con quelle che sono le conoscenze già acquisite, è di per sè un lusso culturale riservato a pochi. Vi è inoltre l’abilità di alcuni di questi pochi di utilizzare a loro interesse stralci di informazioni per influenzare il pensiero dei gruppi.

 

Uno degli esponenti della politica inglese contrario alla Brexit (referendum indetto dalla Gran Bretagna per decretare l’uscita dello stato dall’Unione Europea 23/06/16), ha pubblicamente espresso sia il suo rammarico per le sorti della votazione, ma insieme ha promesso alla sua fetta di “europeisti” che lui stesso avrebbe continuato ad operare in sinergia con il nuovo regolamento. Un regolamento, che come tutti sappiamo, prevede ora il distacco della Gran Bretagna dall’Unione Europea.

 

Paragonato all’encefalo inglese (quello che possiamo definire il loro cervello) il nostro sembra una pietra. Perché? Si percepisce la rigidità di una pietra perché, per difendere la propria posizione, ci si permette di “battere” nella gente la sola e unilaterale opinione che un Grimaldi sarà cagione della rovina del porto di Brindisi o del suo decadimento futuro.

 

Sulla base di un esagerato criterio d’analisi, due sono gli sbocchi strategici che questa coalizione del “no” avrebbe potuto escogitare:

1. Mettere su il circo della disinformazione in modo tale da “persuadere” a 360° tutti quanti. “Sensibilizzare”, in questo caso, sarebbe da utilizzare più avanti.
2. Provocare chi è incline ad altri propositi e indurlo a intervenire pubblicamente con una risposta scritta o di altro tipo. Questo scatenerebbe una reazione uguale e contraria senza precedenti. Questo farebbe si che l’amo, dove è infilzata l’esca, si aggrappi alla bocca difensiva di chi osa infrangersi contro una “mischia”, ingegnosamente creata prima che si generasse qualsiasi tipo di risposta, di avversari alla concessione del Gruppo Grimaldi.

 

Ammetto che le mie interpretazioni, essendo sostanzialmente fantasiose, non unilaterali e basate su dati approssimativi, potrebbero rivelarsi false e del tutto discutibili, se non degne di critica o eliminazione. Temo sinceramente che l’evidente “totalitarismo” del “no” sia pronto a difendere con ogni mezzo la propria posizione. Pertanto suppongo sia legittimo che la posizione dei “favorevoli” sia considerata sotto minaccia. Ad ogni modo l’aspetto che terrei ad illuminare è, analogamente a quanto successo di recente in Gran Bretagna, che su un versante o su un altro della decisione, l’approccio sinergico ha necessità di essere applicato. E’ inderogabile che vi siano i pro e i contro riguardo alla richiesta di Concessione del Gruppo Grimaldi.

 

Affrontando la questione attraverso un punto di vista diverso da quello maggiormente condiviso, nel mio precedente articolo ho messo in risalto quelli che possono essere gli elementi positivi da ricavare a seguito di questa mossa strategica adottata in concerto tra l’Autorità Portuale e la Compagnia di navigazione napoletana. Ho notato che il risultato prodotto da questa mia precisazione, è ancora contrastato dal dissidio totale nei confronti della richiesta di concessione. Un dissidio che si fregia di ragioni unidirezionali e che, in sintesi, ha come missione il salvataggio del porto dal suo declino “certo”. Cronologicamente parlando, la storia recente del porto di Brindisi ha attraversato un periodo di difficoltà che non possono essere messe a tacere. Ciononostante, non vi è mai stato modo di mettere in risalto quelli che sono stati i segnali positivi che, una volta raccolti ed esaminati, avrebbero potuto almeno aizzare l’ottimismo di chi si interessa sinceramente del nostro porto.

 

Pensarla in modo diverso è un compito difficile. Ma averci tentato, avrebbe significato per molti di noi cambiare rotta e vedere i fatti in maniera differente. Dare supporto a una realtà come quella di Gruppo Grimaldi, significa favorire uno sviluppo in sinergia tra la compagnia e la città. Dare supporto all’utopia di salvare il porto, non concedendo il cosiddetto monopolio all’armatore napoletano, significherebbe favorire l’ennesima chiusura brindisina al progresso dell’economia globale, “chiudere le paratie” e militare in un’ottica di conservazione vecchia e fuori dai tempi. Chiedere di informarsi bene prima di prendere una posizione, non è chiedere troppo se si tiene veramente al caso.

 

E’ quindi certo che Grimaldi avrà il suo monopolio a Brindisi? Se così è, cosa potrebbe ciò comportare, effettivamente, per l’economia cittadina? Mi permetto di ribadire che potremmo avere l’opportunità di ospitare il più grande armatore italiano. Che si aprano gli occhi e che si noti che questo piccolo inizio può, insieme al nostro impegno e condivisione, tramutarsi in un polivalente successo.

 

 

Antonio Bonatesta

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