Le nostre nonne ci hanno sempre insegnato che l’#8marzo non è una giornata di festa, ma di lotta.
Negli ultimi 50 anni, le condizioni delle donne sono sensibilmente cambiate grazie alle grandi battaglie di generazioni di donne generose che hanno combattuto per i diritti delle loro figlie e delle loro nipoti. Il dibattito sull’uguaglianza di genere nel nostro Paese prosegue ad intermittenza, con picchi di interesse e disinteresse, dal 1979 e continua ancora oggi a ragion veduta.
Il livello di discriminazione di genere in Italia è tale che il World Economic Forum con un’indagine chiamata Global Gender Gap Index, su 145 Paesi, ci colloca 41º posto per uguaglianza di genere.
Queste diseguaglianze noi le viviamo tutti i giorni su moltissime piccole cose ma, senza dubbio, i due fenomeni macroscopici dove riscontriamo le più evidenti discriminazioni sono il mondo del lavoro e l’ambito della cura domestica.
Non è purtroppo una novità che la differenza salariale nel nostro paese penalizzi le donne, i dati sulla disoccupazione, sebbene gravi in generale, diventano emergenziali se si analizza il dato di genere, ci siamo liberati dell’odiosa pratica delle dimissioni in bianco da meno di un lustro e non ci siamo mai posti realmente il problema di come sancire definitivamente il fatto che la maternità sia una scelta di entrambi i genitori e che non sia più accettabile che, nel 2017, questa sia fonte di discriminazione in direzione esclusivamente femminile. Pensiamo sia tempo di ragionare davvero sulla paternità obbligatoria che porti realmente ad una parità di diritti e doveri di entrambi i genitori sia come mezzo di lotta alla discriminazione sul lavoro, sia per una più equa divisione del lavoro di cura della casa e dei bambini. Lavoro questo che, insieme alla cura degli anziani ricade ancora quasi interamente sulle spalle delle donne. Anche quelle che lavorano, anche quelle che guadagnano di più dei loro compagni, anche quelle che hanno lavori più faticosi anche quelle che dentro le mura di casa scoprono di amare il mostro che le picchia e le violenta.
È per tutto questo che l’8 Marzo è più vivo e più necessario che mai.
Le radici di questa come data per la giornata internazionale della donna sono profonde.
Secondo alcuni, pare sia stato scelto questo giorno perché si sarebbe consumata una delle più grandi tragedie mai avvenute in una fabbrica femminile. Secondo altri, i fatti a cui possiamo legare la scelta di questa data risalgono all’8 marzo 1917, quando a San Pietroburgo, molte donne scesero in piazza per chiedere la fine della prima guerra mondiale e, in base a questo, durante la II conferenza internazionale delle donne comuniste, nel 1921, venne deciso che l’8 marzo sarebbe stata la giornata internazionale dell’operaia.
Dalla prima giornata della donna in Italia del 22, il cammino delle donne sulla strada dei diritti e dell’uguaglianza è stato lungo e, senza dubbio, questo ha visto le sue pietre miliari nelle leggi sul divorzio, sull’aborto e sulla riforma dello stato di famiglia ma quanta strada abbiamo ancora da fare.
Come ogni 8 marzo saremo nelle piazze delle nostre città, saremo alle iniziative che abbiamo organizzato, saremo in tutti i luoghi dove riusciremo a portare la nostra voce perché siamo consapevoli di portare con noi il peso e la forza di chi ha combattuto le battaglie delle donne prima di noi e sappiamo di avere la responsabilità di una generazione che deve fare la sua parte per la costruzione di un’Italia più giusta e più uguale.
Oggi, alle ore 18:30, saremo all’Urban Beat generation, in Corso Garibaldi 76, con il progetto “Coffee Book”, patrocinato da Comune e Provincia di Brindisi. Parleremo di donne coraggiose, donne normali, ascolteremo testimonianze, vedremo i volti di chi ha combattuto per i diritti, leggeremo brani e lettere, tutto per ricordare che ogni giorno è l’8 Marzo.
Giovani Democratici e Federazione degli Studenti Brindisi
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