“Mare nostro ascolta ti prego, questa notte porta pazienza, c’è una barca in mezzo alle onde, è una barca che porta speranza. Non ha vela e non ha motore, non c’è porto e non c’è faro, ma son tanti le vedi. Mare nostro tu sai chi li guida è quel Dio che non ha frontiere che cammina sull’acqua e sul fuoco e che spezza tutte le catene. E’ il Dio che combatte la fame, la guerra, e per lui nessuno è straniero, come in cielo così come in terra”. (Gang)
Quando soffia il vento del nord sul Canale d’Otranto le temperature diventano quasi polari e le condizioni del mare severe. Quella sera Dario e Maria, seguendo la litoranea, si erano portati a “Castru de Sutta” (Castromarina) vicino la grotta Zinzulusa. Nel cielo quella notte c’era un’autentica tempesta di fulmini, uno spettacolo elettrico che stava interessando tutta la costa meridionale adriatica. In lontananza si notava avvicinare lentamente un gommone scuro. Lottava contro il mare. Si notavano delle persone a bordo in difficoltà.
Dario pensò: “Saranno dei pescatori che hanno bisogno di aiuto. Chiamiamo la Guardia Costiera”.
Maria rispose: “no, aspetta, vediamo che succede”.
Replicò Dario: “Non possiamo perdere tempo, quella gente ha bisogno di aiuto. Chiamiamo anche un’ambulanza”.
I due si avvicinarono alla scogliera, ma il buio non aiutava a distinguere gli occupanti del battello. L’acqua era gelida e l’aria frizzante. Finalmente la piccola imbarcazione riuscì ad entrare in una piccola caletta tra le scogliere. Nell’oscurità si intravedevano alcune figure di donne e uomini infreddoliti, bagnati e il volto pieno di paura. Dario e Maria pensarono di destinare ai naviganti le provviste che avevano fatto qualche ora prima: una cassa di acqua con sei bottiglie da due litri, una confezione di prosciutto crudo, alcune mozzarelle, un barattolo di Nutella e un pezzo di pane casereccio. Non era molto ma rappresentava un aiuto. Un uomo si commosse davanti a quella generosità spontanea. Fino a quel momento non c’era mai stato un attimo di gioia. L’umanità e il coraggio si sono fatti scudo. Quel gesto vale una preghiera anche per quei cadaveri in fondo al mare non più silenziosi.
“Anima libera, anima libera ca vai pi mari. Anima in pena, in fundu allu mari. Anima libera ca vai pi mari. La varca vula ‘n fundu lu mari. Lu vientu sbatti sobbra alli ondi. La varca ffunda mienzu lu mari. E cu li varchi ca vannu e vennu e cu li uecchi chini di sali. Viti la terra ti ‘ndi vai affundu. Anima libera ca vai pi mari”. (Rino Pisani)
Tutti i paesi del Salento si erano svuotati. Nelle località marine erano rimasti solo i residenti. Gli studenti erano tornati nelle Università e gli emigrati al nord per lavorare. Il rapporto tra Dario e Maria iniziava a vacillare. La famiglia della ragazza premeva per l’iscrizione presso una nuova facoltà universitaria fuori dalla Puglia. Era un modo per allontanare i due giovani troppo presi dal loro amore viscerale. I genitori di Maria nel loro negozio di generi alimentari, erano costretti a sentire ogni giorno le varie dicerie e le malelingue di alcuni clienti che auguravano un cambiamento radicale per quella figlia, troppo distante dalla società tradizionale e diventata libera e alternativa per colpa delle cattive compagnie. Dario non era molto simpatico per i commenti sulla madre, per la mancanza di un titolo di studio e per lo stile di vita, sicuramente diverso dal comune.
“Il brivido se ne è andato. Il brivido se ne è andato via. Il brivido se ne è andato via tesoro. Sai di avermi fatto del male tesoro e un giorno ne sarai dispiaciuta. In ogni caso continuerò a vivere. Sono libero, libero adesso e ora che è finito, tutto quello che posso fare è augurarti ogni bene”. (B.B. King)
Maria si trovò inaspettatamente costretta a dover scegliere tra il suo primo grande amore, così intenso, sincero e puro e la sua famiglia benestante e rassicurante. Tra le lacrime scelse una nuova regione dove continuare gli studi.
“Babe tu sai che sto per lasciarti. Devo andarmene. Devo proprio andarmene. Sento che qualcosa mi chiama. Mai, mai mai ti lascerò babe. Ma devo proprio andarmene da questo posto. Mi hai reso felice quando il cielo era grigio, ma ora devo andare” (Led Zeppelin)
Gli anziani parenti di Dario avevano deciso di abbandonare il lavoro nei campi perché l’età non consentiva più quel genere di fatica nell’azienda agricola della famiglia. Quell’inverno nel Salento fu molto critico e intenso, compromettendo gravemente la produzione. Una spolverata di bianco e temporali di neve avevano imbiancato tutto il territorio. Una repentina ondata di gelo aveva investito la Puglia arrecando danni a molte coltivazioni e disagio agli animali ricoverati nelle stalle. Dario denunciò la gravità della situazione tracciando diverse criticità. L’azienda agricola mostrava danni evidenti tanto da chiedere lo stato di calamità naturale. Dario fino a poco tempo prima si era sentito un sopravvissuto, in tutti i sensi. Aveva superato molti problemi ed era rinato a nuova vita. La sua storia era nota. Ma quell’orribile inverno cambiò nuovamente tutto. Molto incerto e fragile, era aggrappato alla musica come un salvagente in un mare tempestoso, ma le note della chitarra e il washboard del suo amico Joe non potevano garantire da soli una vita dignitosa per un giovane se pur talentuoso.
Washboard Joe rimase da solo: le due persone più vicine stavano vivendo un periodo di grande difficoltà. Sembrava un angelo che odorava di zolfo. Joe non si perse d’animo. Il blues e le sue storie erano imbevute di luci e ombre, sofferenza e riscatto. Animato da un nuovo affresco chiese ospitalità ai suoi vecchi amici di Lecce. L’aspettava nuovamente l’Università per completare gli studi come avvocato. Dario, intanto, non poteva più contare sull’aiuto economico della famiglia. In quel periodo aveva conosciuto il dottore della farmacia a cui si rivolgeva per curare i disturbi di emicrania che sorgevano soprattutto nelle ore serali. Il farmacista era un tipo alto, robusto e calvo con un pizzetto consistente che pronunciava una forte personalità. Millantava con arroganza di essere un politico influente con esperienza come consigliere comunale in un Paese del Salento di duemila anime. In realtà il risultato più importante ottenuto fu quello di aver cambiato i neon dell’insegna della farmacia comunale già esauriti da tempo. In piena campagna elettorale chiese sostegno al giovane musicista presso i suoi amici della zona in cambio di un probabile lavoro nella Centrale a carbone di Cerano (Brindisi). Dario e il farmacista erano molto distanti come idea politica. Dario rispettava profondamente il territorio e non amava i compromessi. Ripensò a quell’offerta ricevuta da Ronzino, la guardia campestre, che gli propose un lavoro come Guardia Giurata nell’Istituto di Vigilanza dove prestava servizio.
“Pulire ingranaggi fa l’effetto che fa ridotti a idioti pulendo la macchina” (Amerigo Verardi e Marco Ancona)
Dopo aver superato un breve colloquio, Dario fu invitato a frequentare il poligono di tiro per conseguire il porto d’armi. L’impatto fu alquanto problematico e quasi devastante per chi aveva considerato le armi lontano dalla propria idea di vita. Il ragazzo si affidò per alcuni giorni ad un paziente istruttore che insegnava come usarle correttamente. Nel poligono si esercitavano alcuni soggetti che mostravano compiaciuti le loro “big guns” personali, con percentuali di tiro perfette al tirassegno. Tra questi, alcuni cacciatori che si vantavano delle loro azioni dimostrando poca sensibilità per il mondo venatorio che conserva ancora un’etica.
A Dario tremavano le mani, sudava freddo e una tensione palpabile rendeva difficile maneggiare e smontare l’arma. Un responsabile del poligono, quasi un personaggio da cartoon, con capelli a spazzola, occhiali sulla punta del naso, sigaretta tra le dita e un colpo di tosse ogni due parole, aveva compreso il disagio, ma invece di entrare nella psicologia aiutando l’allievo in difficoltà, non faceva che ripetere: “Ti boccio! Ti boccio!”. Nonostante le minacce, con grande sofferenza, Dario riuscì a conseguire il porto d’armi. Era pronto per indossare la divisa. L’unico posto disponibile era rimasto in Veneto. Dario, a malincuore, decise di partire e di calarsi in quella nuova dimensione lavorativa.
“La vita abbatte e schiaccia l’anima e l’arte ti ricorda che ne hai una” (Stella Adler)
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