May 3, 2025

Quando, tra il 1971 e il 1973, gli accordi di Bretton Woods iniziavano a vacillare e la crisi energetica diveniva sempre più minacciosa, su iniziativa del Segretario al Tesoro statunitense George Schultz, nasceva un consesso sulle questioni più importanti in materia economica e monetaria tra i quattro Paesi più industrializzati del pianeta: Francia, Germania, Regno Unito e USA.

 

In seguito aderirono il Giappone, l’Italia nel 1975, il Canada e in tempi recenti, nel 1997, la Russia. Di certo il mondo è cambiato, anche molto rapidamente e di conseguenza le esigenze degli Stati e dei loro cittadini. Abbiamo assistito all’esplosione della bolla tecnologica e poi ai dissesti nelle relazioni internazionali dovuti al terrorismo, alla crisi economica e oggi l’Europa si lacera sulla questione dei migranti e dell’accordo di Dublino.

 

Eppure in questi giorni durante il G7, tenutosi a casa dell’elegante presidente Troudeau, il punto all’ordine del giorno su cui più si è dibattuto è stato: Russia si o Russia no? Ovviamente non è solo una questione di antipatia verso un personaggio come quello di Putin, in fondo unico nel suo genere, uomo-tigre dal piglio siberiano, ma si tratta di qualcosa di più: riaccettare una Russia che negli ultimi anni ha invaso la Crimea, avviato un conflitto bellico con l’Ucraina e stretto alleanze discutibili per affrontare la questione siriana.

Dall’altro lato c’è chi ribatte che in fondo “meglio con noi che contro di noi”. Difatti lo stesso Trump, appena atterrato in Quebec ha dichiarato: “Magari avesse vinto Hilary Clinton, vedete tutti quello che sto facendo contro di loro”… eppure va comunque riportata al tavolo dei negoziati.

 

Quello che è emerso è uno scenario dove al vecchio mondo, a cui ci eravamo quasi abituati, guidato da Germania e Stati Uniti, si è opposto un nuovo mondo dove Angela Merkel si posiziona in secondo piano e la Francia nella figura di Macron sembra navigare benissimo, avviando una battaglia a suon di frecciatine con l’America First di Trump.
Basti pensare che qualche giorno fa, a seguito di una telefonata intercorsa tra i due presidenti, sul tema dei dazi imposti dagli Stati Uniti sulle importazioni di acciaio e alluminio in Europa ed etichettata dal leader americano come “terribile”, il Presidente francese ha risposto “Come diceva Bismarck, se spiegassimo alla gente come vengono fatte le salsicce, è improbabile che continuerebbero a mangiarle”.

 

È evidente che le relazioni internazionali, come quelle tra esseri umani, si modificano e si intrecciano, come è giusto che sia, perché anche la storia cambia. E così cambiano gli elettori e le risposte date dai governi che li rispecchiano.
E l’Italia? Non si smentisce mai, alla sua prima apparizione Conte si è dimostrato ben disposto nei confronti di un’apertura alla Russia, poi al termine del meeting un passo indietro, sottoscrivendo la posizione dell’UE per cui il “G7 non si tocca”.

In fin dei conti l’Italia, è un po’ una garanzia, un passo a destra e un passo a sinistra, perché non si sa mai.

 

Intanto anche sul Vecchio Continente i venti stanno cambiando, il 14 giugno si attende l’annuncio di Draghi sulla possibile cessazione del Quantitative easing, e quindi di una politica monetaria accomodante. Ma questa è un’altra storia.

 

Vanessa Gloria

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