Maurizio Bruno (segretario provinciale del PD): “Ho perso, e me ne vado”. In un Paese che ci ha abituati a politici che non perdono mai, che non si assumono mai responsabilità, che danno sempre la colpa di tutto a tutti (ai rom, ai neri, all’Europa, ai giudici, alle tv, ai brogli, all’oroscopo) e mai a sé stessi, le parole di Renzi sono per me rivoluzionarie.
Renzi ha proposto un’idea, una visione di riduzione dei costi e dei privilegi della politica, dei suoi tempi biblici, delle disuguaglianze territoriali, un’idea giusta o sbagliata, ma era un’idea.
Per decenni abbiamo sognato un premier giovane e dinamico sostenuto da un partito forte, che avesse la forza e l’energia di imporre un colpo di scure ai costi e ai privilegi della politica. Abbiamo avuto tutto questo, tutto quello che chiedevamo. Finalmente. Ma al momento decisivo abbiamo detto di no. Ci è stata offerta la possibilità storica di ridurre i parlamentari, di azzerare gli stipendi dei senatori, di dimezzare quelli dei consiglieri regionali, di abolire enti inutili come il CNEL, di porre fine al ping pong di leggi tra una Camera e l’altra. Bastava un Sì, un Sì per realizzare questo sogno. Ma abbiamo detto di No, e in una sola notte quel sogno, che fino a ieri era patrimonio comune, è svanito.
Ma va bene così, il popolo è sovrano e il popolo ha ragione. Ora però spero che l’Italia si fermi un attimo a riflettere e prendere fiato. Chiuso un capitolo dobbiamo ora scriverne insieme uno nuovo. L’Europa e il mondo stanno pericolosamente virando verso i seducenti ma fatali lidi del populismo. L’Italia non deve cadere in quella stessa trappola.
Dobbiamo fuggire dalla spirale di odio nella quale stiamo precipitando, e che vorrebbe trascinarci verso un’era di egoismo personale e nazionale. Il Pd è e resta un baluardo di serietà, responsabilità e moderazione. Va difeso.
Le divisioni interne devono essere risolte e gli errori commessi superati. L’alternativa è quella della classe politica più spregiudicata, che in nome del potere è pronta ad additare i poveri, gli immigrati, l’Europa, tutti – eccezion fatta per loro stessi – come la causa di ogni problema. E’ il ritorno della paura dell’altro. E sappiamo a cosa ha portato nella storia.
Per quanto possibile il risultato di Renzi – sì, perché è il risultato di Renzi – è una buon punto di partenza per ricostruire un progetto d’Italia serio e responsabile. Renzi aveva con sé solo il suo partito, e nemmeno tutto. Ma da solo, col sostegno dei centristi, ha saputo trascinare il 40 percento dei votanti dalla parte del Sì. Tutt’altro che un fallimento, soprattutto se si è da soli contro tutti, contro il sistema che si vuole scardinare e contro i partiti: di destra e sinistra. Insomma, abbiamo perso il referendum, ma non l’occasione di cambiare il Paese.
Quindi il mio auspicio è di capitalizzare la fiducia ottenuta dagli italiani e non abbandonarli nelle mani di chi vuole cedere ai richiami del populismo alle porte”.
Salvatore Valentino (Presidente Associazione politico-culturale – “Brindisi Democratica”, già Consigliere Comunale PD): “Come i sondaggi avevano largamente previsto il fronte del NO ha vinto la consultazione referendaria. L’ampio e promiscuo schieramento che includeva di fatto quasi tutti i partiti compreso alcuni esponenti storici dello stesso PD festeggia lo scampato pericolo dal presunto giogo autoritario che incombeva sulla nostra nazione ad opera del redivivo “mostro di Firenze”.
Da oggi “grazie a Dio” tutto resterà come prima. Per cui le decisioni magari un po affrettate dei più inesperti deputati saranno modulate dalla saggezza dei più anziani senatori. Costoro le faranno rivalutare ancora una volta dai Deputati pronti questi ultimi a correggere qualche naturale fisiologica imperfezione da far riesaminare al ramo più “maturo” del parlamento. E mentre prosegue sonnolento questo sistema barocco di legiferare continueranno gli sbarchi di immigrati, resterà alto il rischio terroristico e continuerà a mordere la crisi dell’economia in attesa che qualcuno decida tempestivamente il da farsi.
L’Italia a nostro avviso avrà poco da gioire da questo risultato. Non era la Legge di Mosè che andava cambiata ma alcuni articoli di una Legge umana della metà del secolo scorso che avevano fatto il loro tempo e che era logico adeguare ai ritmi ed alla velocità decisionale del nuovo secolo.
Onore comunque ai vincitori. Il popolo è sovrano anche quando decide di fermare le lancette della storia, anche quando decide di continuare a lamentarsi del presente non volendosi minimamente schiodare dal passato.
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