May 1, 2025

La Collezione De’ Regolamenti della Real Marina del Regno delle Due Sicilie del 1841, al cap. XIX, art. 27 così recitava: «All’ordine “Facite Ammuina”: tutti chilli che stann’a prora vann’a poppa e chilli che stann’a poppa vann’a prora; chilli che stann’a dritta vann’a sinistra e chilli che stann’a sinistra vann’a dritta; tutti chilli che stann’abbascio vanno ’ncoppa e chilli che stanno ’ncoppa vann’abbascio passan’ tutti p’ò stesso pertuso; chi nun tiene nient’a ffa, s’aremeni a’cca e a’lla».

 

Una “ammuina” come quella che si rileva dal nuovo Piano della Mobilità entrato in vigore lo scorso 1° febbraio. Una “ammuina” perché, a parte la novità del caleidoscopio di colori delle strisce, non apporta nulla di veramente nuovo. Si cancella un colore sostituendolo con un altro o si aggiunge qualche stallo in più da una parte togliendolo da un’altra parte. Alla fine a prevalere è la logica gattopardesca di Tomasi di Lampedusa, quella del “cambiare tutto per non cambiare niente”.

 

O forse qualcosa è cambiata, in peggio: l’umore dei cittadini, specie di quelli residenti nell’area rossa, degli impiegati degli uffici pubblici, dei commercianti, ecc.

 

Nessuno e tutti hanno ragione! Perché – è fin troppo evidente – una riorganizzazione del sistema della mobilità sostenibile dovrebbe includere, oltre a un ripensamento sul sistema dei trasporti pubblici, un ampliamento delle aree di sosta e parcheggio.

 

Il centro storico della città ha spazi limitati che nessun tecnico dell’Ufficio Traffico può ampliare. Intendo spazi di superficie. E allora l’escamotage sta nell’aumentare questi spazi o verso l’alto e verso il basso. Lapalissiano, no?
Devo riconoscere che, nel passato, alcuni amministratori sono andati vicini alla soluzione dei parcheggi insilati e/o sotterranei, per poi abbandonarla di fronte alle prime difficoltà. Ovviamente il Commissario prefettizio che ha avallato questa operazione non poteva conoscere i precedenti, ma i tecnici, consegnatari della memoria storica della città, avrebbero dovuto aggiornarlo e, forse, qualcosa di nuovo sarebbe potuta venire fuori. Invece le poche e vecchie proposte di nuovi spazi da destinare a parcheggi pubblici sono rimaste a riposare nei polverosi faldoni.

 

E allora (ri)vediamole queste proposte che, se realizzate, cambierebbero il volto della città.

 

Cominciando dallo storico cinema Di Giulio. Ubicato nella centralissima via Cesare Battisti, è una costruzione degli anni Cinquanta che, improvvidamente acquistata dal Comune a suon di milioni di lire, da anni è oramai tristemente chiusa. Perché “improvvidamente”? Perché quando non si hanno le idee chiare o le casse non lo consentono non si gettano al vento soldi pubblici giustificando la spesa con l’esigenza di un contenitore culturale da offrire, in prima istanza, alle compagnie teatrali amatoriali.
Bugie, come quelle dei bambini. Con la differenza che questi le dicono al momento del bisogno mentre i signori amministratori le studiano a tavolino prima di giocarsele nella fase pre-elettorale.
Bugie che bruciano perché chi ha vissuto quel momento ricorderà le “vere” motivazioni che spinsero all’incauto acquisto. Un acquisto che, beninteso, sarebbe stato più che positivo se, al posto delle fanfaronate, fossero seguite le azioni.
Invece il cineteatro, un vero gioiellino, è stato lasciare marcire. E quando, recentemente, qualcuno ha proposto almeno l’utilizzo del foyer, in seguito al sopralluogo effettuato il 18.11.2016, è risultato che il fabbricato si trova “in pessime condizioni strutturali”. Nonostante ciò, con fiducia granitica, l’assessore Giampiero Campo dichiarò: «Il nostro impegno sarà quello di trovare finanziamenti per metterlo a posto e darlo in gestione tramite manifestazioni di interesse a coloro che intendono operare all’interno».
Ebbene, il Di Giulio trovasi ancora in quelle miserevoli e preoccupanti condizioni! Riportando alla luce una proposta secondo me ragionevole questo è dunque un edificio che, prima che collassi, potrebbe essere trasformato in un silo o, in seconda istanza, in un parcheggio di superficie.

 

In effetti, a proposito di silos, c’è stato un serio tentativo di realizzarne uno su un terreno che da via Vinci, una delle ultime traverse di via Lata, si affaccia su via del Mare. E qui la storia diventa interessante perché in quel posto, fin dal 1935, c’era un edificio che, consacrato da mons. Valeri, fu destinato ad asilo infantile comunale retto dalle Suore Francescane Missionarie d’Egitto. Ma nel maggio del 1944, per esigenze belliche, le suore furono mandate via e l’asilo fu trasformato in un carcere giudiziario. Tra i vari detenuti c’erano anche gli “zumpisti” catturati dalla Police inglese.
Erano costoro – e qui sembra di calarci in un film neorealista del dopoguerra – quelli che con destrezza saltavano sui camion militari in movimento per lanciare ai complici rimasti per strada i sacchi contenenti generi di prima necessità, sigarette e divise militari che poi finivano prontamente sul mercato nero. E tra gli “zumpisti” parecchi erano i ragazzi per i quali queste operazioni pericolose diventavano un gioco. Ma questa è un’altra storia…
Alla fine del conflitto il carcere fu dismesso e il fabbricato venne occupato da famiglie di abusivi, fino a quando, nel ’70, l’edificio cominciò ad essere demolito per fare posto a un silo. Almeno nelle lodevoli intenzioni, perché la costruzione fu bloccata dalla Soprintendenza in seguito al ritrovamento di qualche reperto archeologico tra cui l’imboccatura di una cisterna romana databile al III sec. d.C.

E da quell’anno non è cambiato nulla! Un rudere continua a fare oscena mostra di sé proprio in uno dei punti più belli del lungomare. Non riesco proprio a capire perché la Soprintendenza affossi sistematicamente i progetti di lavori allorché viene alla luce qualche reperto anche non di pregio.

Non capisco perché le zone interessate dagli scavi vadano prontamente “tombate” (come è successo nel corso dei recenti lavori sul lungomare Regina Margherita) invece di valorizzarle dal punto di vista museale e turistico. Non capisco come a Roma, Napoli, Milano e in tutte le città che si rispettano, i lavori delle metropolitane vadano avanti anche in presenza di siti archeologici molto più importanti. Non capisco perché il Comune di Brindisi si sia sempre adattato bovinamente a tali diktat senza impugnarli o, viceversa, cercare soluzioni che, salvaguardando i segni del passato, non pongano ostacoli alle esigenze del futuro.

Forse sarebbe il caso che il progetto per quel parcheggio venga ripreso in esame (esiste ancora, come una vecchia vela lacerata dai venti, l’indicazione riportante le autorizzazioni all’esecuzione dei lavori!).

Oppure, nel caso non si abbia la determinazione che altre città dimostrano di avere, si decida di abbattere definitivamente quel rudere e di valorizzarne i reperti, in considerazione che quella zona è sotto gli occhi di forestieri e, in particolare, dei croceristi.

 

Un altro luogo che potrebbe risolvere, seppure in parte, il problema dei parcheggi nel centro storico è il terreno esistente tra via Castello, via Cittadella e viale dei Mille, ove, fino al primo dopoguerra, insisteva la Caserma d’artiglieria Ederle. In realtà su questo spazio, molto tempo fa, si è discusso circa l’opportunità di adibirlo a verde pubblico.
Pur ritenendo lodevole l’iniziativa (naturalmente mai finalizzata) ritengo che in fatto di priorità siano i parcheggi quelli che meritano la massima attenzione. Di verde pubblico e in specie di parchi in città ce ne sono fin troppi e considerata la scarsa attenzione posta nel salvaguardarli dai vandalismi, penso che si possa momentaneamente soprassedere nell’attrezzarne altri.
Se veramente esistesse questo encomiabile spirito ambientalista si potrebbe allora pensare di abbattere l’ex Palazzo delle Finanze gentilmente “offerto” dal Demanio solo pochi giorni fa, ripristinando quel Parco della Rimembranza vergognosamente mutilato. Anche perché è pura illusione che quell’edificio in odore di crollo possa trovare uno straccio di acquirente.

 

 

Infine ultima, ma non per importanza, risulta la superficie di piazza S. Teresa. Anche qui, nel passato, si è avanzata l’ipotesi di ricavarne un ampio parcheggio sotto il piano stradale. In tal caso, nelle ore di funzionamento degli uffici, si verrebbe incontro alle esigenze di parcheggio che in questi giorni i responsabili degli Enti pubblici che si affacciano sulla piazza stanno avanzando al Commissario prefettizio.
E anche qui, l’ozio – non l’otium dei romani – ma un’apatia congenita di noi levantini ha congelato tutto a favore delle strisce per terra…

 

Dopo questa disamina dei possibili correttivi al Piano della sosta mi si potrà accusare di non stare con i piedi per terra, di cavalcare donchisciottamente contro i mulini a vento rappresentati dagli inconcludenti politicanti, di essere insomma un sognatore. Senza pensare che i veri sognatori – come osserva il giornalista Gramellini – sono le persone più pratiche di questo mondo…

 

Il Commissario dott. Giuffrè si è prudentemente preso due mesi di tempo per eventuali aggiustamenti del Piano. E questa è cosa saggia. Un po’ meno lo è stata l’espressione con la quale ha commentato il malumore di chi è stato colpito dalla micidiale “zona rossa”.

 

«Fanno come gli altri: pagano. – ha sentenziato – Abitare in centro è un costo». Un autoritarismo fuori luogo che, prima di tutto, cozza con la realtà. Infatti nel centro storico non vi sono ville con parchi e piscine private, né lussuosi caseggiati con portieri dai galloni dorati, né lussuosi quadrilateri della moda e dello shopping. Al contrario, i fabbricati che insistono nel vecchio tessuto cittadino sono per la maggior parte modesti e non è raro imbattersi ancora in qualche casa a cannizzo…
Quindi l’infelice espressione del Commissario nei confronti degli incolpevoli residenti del centro storico, aggiunge solamente al danno la beffa!

 

Guido Giampietro

One Comment

  • Rispondi
    francesco
    10 Febbraio 2018

    Non sono uno storico delle disavventure brindisine. Non sono un architetto che possa argomentare su soluzione logistiche migliorative del parcheggio. Posso solo rimuginare su quello che vedo. E cosa vedo? Presto detto. Con la scusa del miglioramento le ore tassate passano da 10 a 13 nei giorni dei martelli e da 10 a 16 nei giorni che precedono il dì di festa, cioè, quello della croce! Inoltre, il povero residente che a tarda sera, intorno alle 21 del Sabato, pensa di poter tornnare a casa per cenare, sappia che per farlo deve contribuire alle casse del Comune con 3 euro. Per finire, ma questo è un fatto al quale abbiamo chinato la testa e offerto le terga da tempo immemorabile, tanto da essere diventato indolore, Brindisi è tra le poche città nelle quali, lecitamente perdinci, in deroga a quanto previsto da CdS, il divieto di sosta viene esteso alle ore 0-24. E così vediamo strade larghe, anche a senso unico sulle quali non si può parcheggiare nemmeno di notte.Come dire, ognuno a modo suo dimostra chi comanda.