
Tavecchio
Solo qualche giorno fa è venuta meno la mia speranza che l’affaire relativo alla scelta del Commissario tecnico della Nazionale di calcio avesse un epilogo diverso e, ancora prima, che la nomina del nuovo Presidente della Fgci rompesse con un passato fatto di idee troppo vecchie per il secolo in corso. Purtroppo mi attendeva una doppia delusione. O forse un’unica grande delusione visto che i due eventi sono strettamente legati tra loro.
Quello che più mi ha segnato, però, è il “caso” Antonio Conte. Non per la scelta del tecnico, ci mancherebbe! Ma per la cifra spropositata che ha riguardato il negoziato: quei quattro milioni di euro (a stagione) che fanno tremare i polsi al solo parlarne.
Diceva Cechov: «Niente ipnotizza e inebria più dei soldi: quando ce ne sono molti, il mondo sembra migliore di quello che è».
È chiaro che a Cechov devono essersi ispirati sia Carlo Tavecchio sia Antonio Conte sia lo stesso sponsor della Nazionale nel mettere a punto un contratto “innovativo”, frutto di un parto lunghissimo, tanto che la firma vera e propria (al di là di quella “scenografica” ad uso e consumo della diretta televisiva) è giunta solo dieci minuti prima della conferenza stampa dell’allenatore.

Antonio Conte
Dunque l’ex bianconero guadagnerà due milioni netti per ciascuna delle due stagioni concordate che conducono direttamente alla finale dell’Europeo. Gli altri due milioni (sempre a stagione) saranno invece a carico dello sponsor Puma (a proposito, ricordiamoci di questa marca che così generosamente elargisce anche i soldi nostri…) che li verserà sul conto bancario della Federcalcio che, a sua volta, li girerà a Conte per lo sfruttamento dei diritti di immagine.
Ma non è finita qui perché nella seconda stagione sono previsti i bonus: un milione netto per la qualificazione alla fase finale (ma questo traguardo non dovrebbe far parte del contratto base? Mah!), altri 500 mila euro se gli azzurri risaliranno cinque posizioni nel ranking mondiale (attualmente siamo quattordicesimi) e altri 500 mila in caso di finale europea. Il totale fa dieci milioni in due anni!
Onestamente mi sembra un po’ troppo. «Ho fatto passi verso la Federazione ˗ puntualizza risentito Conte ˗ e il mio stipendio rientra nei loro parametri. Se poi Conte, per i successi che ha ottenuto, ha un’immagine che può valere dieci, quello è un altro discorso. Prima la mia immagine era gestita privatamente, ora lo farà la Nazionale. Ma questa polemica è secondaria. A me interessa il lavoro».
Una “polemica secondaria”? Come sarebbe a dire? In un momento tragico come quello che il Paese sta attraversando glissiamo su un punto tanto importante? Qui si sta parlando di milioni, quando c’è tanta gente che deve campare ˗ se va bene ˗ con cinque-seicento euro al mese. Qui si sta parlando di un lavoro-gioco quando c’è tanta gente che non ha nemmeno un lavoro precario.

Libertà?
Questo significa che c’è qualcosa che non funziona. E non è nemmeno Conte, ma il sistema mostruoso che siamo riusciti a creare in questi anni. Primo tra tutti quella libertà di mercato di cui ci riempiamo la bocca… Libertà di che? Per chi? Per cosa?
Addirittura Conte passa al contrattacco quando afferma che nel suo cuore duro da marine (?) c’è «un solo colore bellissimo: l’azzurro». Ma mi faccia il piacere… direbbe Totò, con contestuale spintarella. E pensare che io ritenevo che questo “lavoro” si dovesse fare quasi gratis e che agli stessi giocatori cui era concesso l’onore di giocare in Nazionale si dovesse dare un simbolico gettone di presenza, considerata la barca di soldi che prendono dai club! Evidentemente tra le mie idee e la cruda realtà c’è un gap generazionale che ha mandato all’aria quei valori sui quali si è costruita la Nazione. Questa è l’amara verità.
E anche lo sventolio della Bandiera in occasione degli incontri internazionali è patetico. Anzi, va proprio nel verso opposto al significato patriottico che il tricolore sottende. In quei contesti, che spesso travalicano anche le regole del vivere civile, l’esibizione della Bandiera dovrebbe essere vietata.
Inoltre Conte ˗ e Conte, direbbe Marco Antonio in una moderna versione della sua orazione funebre, è un uomo d’onore! ˗ dice di voler trovare per la “sua” Nazionale uomini veri, attaccati alla maglia azzurra. E dove li troverà questi giocatori? Non credo nei club di serie A strapieni come sono di campioni comunitari ed extracomunitari. Gli stessi che, dopo essere diventati anche loro straricchi in Italia, ci fanno fare poi delle figure ridicole nelle gare internazionali.
Qualcosa da ridire anche sulla querelle circa la salentinità di Conte. Il primo commissario tecnico pugliese (e meridionale) della Nazionale è infatti al centro di una diatriba che riporta alle tradizionali divisioni di campanile sportivo tra i biancorossi del Bari e i giallorossi del Lecce.
«Antonio Conte? ˗ afferma Decaro, neosindaco del capoluogo pugliese ˗ Noi lo amiamo (…) e lo sentiamo barese a tutti gli effetti: il suo genio e la sua creatività superano ogni polemica territoriale».
«Tutti i salentini ˗ risponde dall’altra parte Antonio Gabellone, Presidente della Provincia di Lecce ˗ sono orgogliosi dell’approdo di Conte alla panchina della Nazionale». Poi, però, ricordando alcuni dissidi del recente passato, aggiunge: «Di sicuro c’è qualcosa che non quadra nel rapporto tra il c.t. azzurro e una parte della tifoseria del Lecce: il nostro impegno, come rappresentanti delle istituzioni, dovrebbe essere rivolto proprio a ricreare il feeling perduto…».
Da parte di ambedue nessun accenno, invece, al tema dell’ingaggio. Eppure, come amministratori che si dibattono quotidianamente tra mille difficoltà, una parola avrebbero potuto anche spenderla. Questa è la dimostrazione che il fuorviato sistema economico ha finito per fagocitare anche la politica.
Nell’Inno nazionale che giocatori e tecnici, fraternamente abbracciati, sussurrano timidamente prima degli incontri risuonano le parole di Mameli: «Stringiamoci a coorte, / siam pronti alla morte: / Italia chiamò…». Peccato che quando l’Italia dei nostri giorni “chiama” un neo Presidente della Figc o un nuovo c.t. o gli stessi giocatori nessuno risponda con disinteressato entusiasmo. Per quale motivo dovrebbero farlo?
Perché si dovrebbe considerare un onore indossare la maglia azzurra? Perché si dovrebbe sentire l’orgoglio di essere cittadini italiani? Insomma, per amor di Patria?
Amor di Patria…? Ma tu guarda le sciocchezze che mi fa dire questa canicola di fine agosto.
Guido Giampietro
No Comments