Siamo a fine anno, si fanno bilanci e auspici per il futuro. A Brindisi la pesante crisi di un vecchio apparato industriale certamente pesa sul suo futuro e rischia di non far prendere in considerazione quelle che sono le potenzialità per un suo nuovo e diverso sviluppo.
Nei giorni scorsi sono stati compiuti a Brindisi passi importanti per la governance e la gestione dei compiti derivanti dal riconoscimento Unesco dell’Appia Antica. Alcune riflessioni mi sembrano necessarie per arricchire gli impegni che si stanno assumendo soprattutto da parte di istituzioni e associazioni. Sono il frutto di esperienze ed iniziative che si sviluppano in altri territori grazie anche al settore vitivinicolo di cui mi sento piccola parte. Le faccio anche alla luce della bella iniziativa di creare presso l’istituto Valzani di San Pietro Vernotico un nuovo indirizzo di viticoltura, di enologia e di enoturismo. Mancava al Salento storicamente terra di vini. E questo grazie ad una dirigente lungimirante come la professoressa Rita De Vito.
Il vino è uno straordinario “tramite” per raccontare il territorio: è legato in modo naturale al paesaggio, alla storia, alla cultura e alle comunità che lo abitano. Per questo, esperienze come una passeggiata tra i vigneti, nella natura, la visita a un sito archeologico o a un museo, permettono di comprendere e assaporare meglio ciò che c’è in un calice di vino e quello che è il territorio e la sua storia. Non a caso l’enoturismo si sta sempre più affermando.Oggi l’enoturismo è diventato un asset strategico per l’economia nazionale e locale e per il business delle stesse aziende, arrivando in molti casi a incidere anche per la metà del fatturato delle cantine.
Nel talk “Dalla vigna al mondo: enoturismo ed esperienze per il vino del futuro”, organizzato a Montalcino in occasione di “Benvenuto Brunello”, è emerso chiaramente questo potenziale. I dati del “Rapporto sul Turismo Enogastronomico Italiano” 2025 mostrano che:
•solo in Europa 15 milioni di persone praticano enoturismo;
•più di un turista su due associa l’Italia al cibo e al vino;
•Toscana, Sicilia, Sardegna e Puglia sono tra le mete più desiderate;
•territori come Chianti, Etna, Montepulciano, Montalcino e Cinque Terre figurano tra i luoghi più ricercati.
Ma perché questo potenziale si traduca in risultati concreti, le cantine, i territori e le istituzioni locali devono essere pronte ad accogliere, offrendo esperienze autentiche e una comunicazione capace di spiegare il valore culturale del vino.
Non è un caso che proprio Montalcino faccia da sfondo a questa riflessione: qui è nato l’enoturismo italiano organizzato, con il Movimento Turismo del Vino, quando più di trent’anni fa le cantine hanno cominciato ad aprire stabilmente le porte agli appassionati. Da lì si è sviluppato un modello che, integrando vino, paesaggio, cultura e accoglienza, è diventato un vero moltiplicatore di ricchezza per quei territori.
Un altro esempio emblematico è quello delle Langhe del Barolo. Qui realtà come Ceretto hanno contribuito a costruire un racconto corale del territorio, capace di unire produzione vitivinicola di alto livello, ristorazione d’eccellenza, progetti di ospitalità, investimenti nell’arte contemporanea.
È questo intreccio fra vino, cultura e paesaggio che ha contribuito al riconoscimento Unesco delle Langhe e, più recentemente, all’elezione di Alba a “Capitale Italiana dell’Arte Contemporanea” 2027. Non si tratta solo di produrre grandi vini, ma di creare luoghi e narrazioni in cui il visitatore sente di entrare in una storia condivisa, non in un semplice punto vendita.
E Brindisi, dopo il riconoscimento Unesco dell’Appia Antica?
In questo scenario, il riconoscimento Unesco dell’Appia Antica può aprire per Brindisi e Mesagne una stagione nuova. Non si tratta solo di valorizzare un marchio o un logo, ma di ripensare il rapporto fra vigneti e paesaggio storico, cantine e percorsi culturali,calici di vino e racconto del territorio. Purtroppo a Brindisi manca ancora una adeguata conoscenza e consapevolezza.
Le esperienze di Montalcino, delle Langhe e degli altri territori candidati o riconosciuti Unesco ci dicono che il futuro del vino non starà solo nei volumi prodotti, ma nella capacità di costruire identità; per il nostro territorio quella di legare i vini alla storia dell’Appia Antica, alle brezze e al clima del mare adriatico,al porto di Brindisi, alle stratificazioni culturali del territorio. A Brindisi, la vicinanza tra porto, città, mare e campagne è una ricchezza rara. Brindisi può e deve diventare “la città del vino e del mare”: un territorio dove qualità del prodotto e bellezza del paesaggio camminano insieme, dando valore alla stessa Puglia e alle sue radici. Un laboratorio di sostenibilità dove l’agricoltura non è solo economia, ma cultura, paesaggio e vita.
Per questo è fondamentale fare rete tra cantine, istituzioni culturali, operatori turistici e amministrazioni locali. Così come è indispensabile investire sull’accoglienza con esperienze in vigna, visite guidate, percorsi misti tra patrimonio storico-archeologico e degustazioni, per raccontare il vino come bene culturale, non solo come prodotto commerciale. Le cantine di Brindisi sono impegnate ad organizzarsi anche per dare il loro contributo al riconoscimento unesco e alle istituzioni e alle associazioni coinvolte per la sua governance.
In un momento in cui il settore del vino ha bisogno di ripensarsi, un territorio vitivinicolo come Brindisi – sostenuto e arricchito da un riconoscimento forte come quello Unesco – ha la possibilità di guidare il cambiamento: meno quantità forse, più identità, facendo del vino il linguaggio vivo con cui il territorio si presenta al mondo. E Brindisi come il Salento con i suoi vitigni autoctoni del Negroamaro, del Susumaniello, della Malvasia nera, vinificati in rosso, rosato e bianco, può dire e fare tanto.
Carmine Dipietrangelo
Tenute Lu spada
