May 1, 2025

Oggetti dal Laboratorio Artigianato Artistico - Casa Circondariale BR

Oggetti dal Laboratorio Artigianato Artistico – Casa Circondariale BR

Da dove inizio? Non ho alcun dubbio: dal finale. Più esattamente dalla standing ovation che ha segnato la conclusione di questo atto unico. Non essendo un frequentatore di concertoni da stadio non avevo idea di quanto lungo potesse essere un applauso. L’ho scoperto l’altra sera quando il pubblico del Nuovo Teatro Verdi ha voluto dimostrare il proprio apprezzamento per l’ultima fatica dell’affiatato duo Marcantonio Gallo e Fabrizio Cito.

 

E di una vera fatica fisica si è trattato visto che i responsabili del TeatroDellePietre hanno dovuto superare non poche difficoltà di natura logistica e procedurale nell’allestire uno spettacolo che ha avuto il grande merito di realizzare la seconda parte del progetto “Dentro/Fuori” finalizzato al recupero sociale dei giovani ospiti della Casa Circondariale di Brindisi.

Infatti il progetto, che inizialmente ha portato il “Fuori” dentro, ha ora portato il “Dentro” fuori. Cosicché il processo inteso a ricucire lo strappo tra i singoli e la collettività ˗ grazie ad un percorso biennale di incontri, stage e laboratori (anche di scrittura creativa) ˗ ha segnato un significativo passo avanti nella delicata fase di recupero di una umanità sofferente di cui avvertiamo la presenza solo in occasione delle sterili discussioni sull’affollamento delle carceri.
Non nascondo che, seppur non definendola propriamente voyeuristica, la mia rimaneva una forte curiosità: quella di appurare ˗ diciamo così ˗ il grado di maturazione artistica raggiunto dai ragazzi del penitenziario. Una curiosità che non ho potuto soddisfare perché, fino alla fine, non si è capito chi erano gli attori “veri”, cioè quelli del TeatroDellePietre (con la sola eccezione di Salvatore Bonomo) e chi erano gli altri…

E questo la dice lunga sull’impegno e la bontà dell’interpretazione portati in scena da tutti gli attori, senza distinzione alcuna.

 

A tal proposito mi tornano alla mente le parole che il regista argentino Claudio Tolcachir (quello che recentemente ha portato a Brindisi la prima europea della pièce “Emilia”) diceva alla sua attrice Elena Bogan: «Non pensare di dover parlare ad un pubblico, ma libera il tuo personaggio e fa in modo che sia lo spettatore a venirti incontro».
Proprio quello che sono riusciti a fare questi ragazzi che, prima ancora d’iniziare a recitare, avevano il difficile compito di combattere un pregiudizio: quello legato alla loro temporanea condizione di isolamento dalla società. E, come diceva Einstein, “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio”.

 

Ebbene, non solo hanno vinto questa sfida personale, ma mettendo in pratica il pensiero di Tolcachir, sono riusciti dapprima a catturare il pubblico e poi a farlo entrare nelle loro storie di “briganti”. E se pensiamo alla condizione psicologica in cui si trovavano ed al fatto di recitare su un palcoscenico che incute timore anche agli attori professionisti c’è allora da concludere che il lavoro svolto dagli animatori del TeatroDellePietre sia stato veramente di ottima fattura.
Va subito rimossa l’idea che il contenuto di “Briganti” possa in qualche modo aver costituito l’abito confezionato su misura per ragazzi per i quali, fino a questo momento, la vita si è presentata come un percorso tutto in salita. E invece niente di tutto ciò. “Briganti” è una pièce teatrale liberamente ispirata a un racconto contenuto nel romanzo “Il custode del museo delle cere” del giornalista e scrittore lucano Raffaele Nigro.
Una storia che parla dei briganti del periodo post unitario. Cioè di ex contadini che, dopo aver servito nell’esercito dei Borbone, non se la sentirono di arruolarsi in quello del “nemico” piemontese. Da qui il forzato ritorno ai campi, “a scavare ed allineare tanta pietra… che avrebbe spaventato un popolo di giganti”. Loro invece, come racconta Tommaso Fiore, trasformarono la terra aspra e sassosa in fertili coltivazioni terrazzate, diventando così un laborioso popolo di formiche.

 

Solo quando i soprusi degli “invasori” divennero insopportabili, da contadini si trasformarono in briganti.
Materia delicata, questa, che ha riempito pagine e pagine di quel capitolo sul “meridionalismo” che è tuttora vivace campo di disputa dei difensori dei Borbone o dei Savoia. La sceneggiatura di “Briganti” evidenzia pertanto una delle due opinioni che si fronteggiano “l’un contro l’altra armata” e, come tale, non rappresenta la verità in assoluto.
Credo che una critica teatrale debba però fare astrazione dai contenuti e limitarsi a considerare il modus in cui si è realizzato l’intero lavoro. Un lavoro che, peraltro, si è diversificato rispetto al testo del Nigro, arricchendosi di una scenografia essenziale ma estremamente calzante con il racconto corale dei briganti.

 

Felicemente inserita nel contesto anche la danza “armata” che fa capo a Davide Monaco e semplicemente stupendi i costumi portati in scena dallo stesso ideatore ˗ Angelo Raffaele Antelmi ˗ e da una aggraziata Mirela Karlika che, pur nella molteplicità dei ruoli ricoperti, conserva una leggiadria di movimenti che hanno del musicale.
L’inserimento dei brevi filmati bene si sposa con le denuncie dei singoli attori e contribuisce a movimentare una scena già di per sé intensamente viva. E l’accompagnamento musicale dà il giusto ritmo all’incalzare della storia e degli eventi. Oltre a confermare la bravura di Marcantonio Gallo anche come cantante.

 

E poi la sorpresa di un coro pregevole: quello polifonico della Basilica di Oria, diretto dal Maestro Mauro Mattei. È stato eseguito il “Lacrimosa” dal Requiem di Mozart, assolutamente in linea con il filo conduttore della pièce e la tragica conclusione dei briganti: “Giorno di lacrime, quel giorno, / quando risorgerà dal fuoco / l’uomo reo per essere giudicato. / Ma tu risparmialo, o Dio. / Pietoso Signore Gesù, dona loro riposo!”.
Prima del diluvio di applausi Marcantonio ha ringraziato il Comune e la Provincia di Brindisi che hanno dato il loro patrocinio allo spettacolo; ma anche il Ministero della Giustizia, la Fondazione Nuovo Teatro Verdi, l’Ufficio del Garante dei detenuti in Puglia e la Direzione della Casa Circondariale. Senza la loro collaborazione non avrebbe visto la luce la magia di questo spettacolo.
Fabrizio, dal canto suo, ha recitato ˗ anche questo in tema con l’argomento della serata ˗ il monologo del discorso tenuto da Bob Kennedy il 18 marzo 1968 alla Kansas University.
Alla fine, ma proprio alla fine, credo d’essere riuscito ad individuare i “nuovi” attori del TeatroDellePietre: erano quelli che più di tutti gli altri battevano le mani. Erano quelli che più di tutti gli altri mostravano la loro felicità!

 

Guido Giampietro

No Comments