May 2, 2025

ritardo_baglio[1]Pur in assenza di scioperi del personale di volo e di terra e nonostante le buone condizioni meteo il velivolo ˗ chissà perché ˗ toccò la pista di Linate alle 19,30: esattamente due ore dopo l’orario previsto. Il tempo di richiamare in vita il telefonino dalla morte apparente occorsagli durante il volo e subito mi raggiunse la voce preoccupata degli amici venuti a prelevarmi all’aeroporto.

Il sipario del teatro si alzava alle 21 ed io ero ancora davanti al nastro dei bagagli, in attesa di recuperare il trolley.

 

«Che problema c’è? ˗ li tranquillizzai ˗ È vero che dobbiamo andare a Parma, ma non mi pare il caso di farci prendere dall’ansia, anche perché lo spettacolo sicuramente non inizierà prima delle  21,30…».

Invece mi spiegarono che, non solo al Regio di Parma, ma lì, da loro (a motivo dell’amicizia evitarono la parola “Nord”), nei teatri ˗ lirici e di prosa ˗  gli spettacoli cominciavano in perfetto orario e gli eventuali ritardatari venivano fatti accedere in sala solo durante l’intervallo.

Per la cronaca (e solo perché “volammo” sull’autostrada) riuscimmo ad occupare i nostri posti qualche minuto prima che l’orchestra attaccasse l’ouverture del Ballo in maschera. Guardai l’orologio: erano le 21 precise!

 

Non riuscii a godermela l’ouverture, intento com’ero a spiegarmi il motivo di una puntualità che associavo a quella dei medicinali somministrati a un malato. Ecco cos’erano costoro: dei malati. Quanto valeva, invece, la libertà della gente del Sud, una libertà totale che affrancava dal  rispetto degli orari…

 

ritardo[1]   Tempo dopo, però, le idee si sono schiarite e ho dovuto ammettere che, qui da noi, si può anche morire per colpa dei ritardi. E quando non sono quelli elefantiaci della macchina statale, sono quelli appannaggio della “casta” dei politici o, genericamente, dei notabili locali.

E il malcostume si è talmente radicato nel tessuto della società che il comune mortale si sente a sua volta autorizzato a comportarsi alla stessa maniera. Anche se tuttora mi sfugge la ragione per la quale mentre alcuni eventi (sportivi, religiosi, cinematografici, ecc.) iniziano in perfetto orario, altri (quali teatro, conferenze, mostre, inaugurazioni varie, ecc.) registrano significativi ritardi.

In ogni caso, sia che si tratti di ritardi nell’ambito pubblico che in quello privato, non ci sono attenuanti di sorta per questa forma di incivile dispregio della puntualità. E perciò non è condivisibile quanto Oscar Wilde ˗ in Dorian Gray ˗ dice a proposito di Lord Enrico Wotton: “… Era sempre in ritardo per principio, essendo una sua massima che la puntualità ruba il tempo”. Al contrario, la puntualità conferisce al tempo il suo giusto valore e ne esalta la democraticità: di fronte ad essa, infatti, siamo tutti uguali.

 

Da noi, se c’è qualcosa che si ruba, è semmai la pazienza di chi si presenta non solo in orario, ma addirittura con un leggero anticipo. Sono, costoro, gli irriducibili ottimisti destinati a breve a scomparire senza aver mai goduto nel vedere un onorevole o un sindaco o un assessore arrangiarsi a trovare, nel buio di una sala, il proprio posto.

 

bianconiglio Al riguardo sono stati fatti degli studi per spiegare le cause di quello che viene definito “ritardo cronico”.

Così, se la famiglia ha sempre dato molta importanza alla puntualità o i genitori hanno sempre imposto orari rigidi, è possibile che da adulti avvenga una sorta di reazione contraria e si cercherà un modo per trasgredire ad una rigida regola che si doveva mantenere da piccoli.

Ma ritardi e mancanze possono anche avvenire perché si desidera mettersi in evidenza. Lasciare amici e parenti in estenuante attesa diventa un modo per accrescere in loro il desiderio della propria presenza (classico è il ritardo della sposa nel giorno delle nozze…). Si tratta di una forma errata per sentirsi maggiormente amati e al centro dell’interesse. La motivazione che porta a questo comportamento è probabilmente dovuta al fatto che non si è sufficientemente sicuri di sé e dell’amore che ci circonda.

Il ritardo ad un appuntamento può anche avvenire per timore di rimanere soli magari in una vuota sala d’aspetto. In quel luogo solitario si ripresenta, in un contesto completamente differente, l’ansia dell’abbandono che si provava nell’infanzia. Se l’idea di essere il “primo” arrivato provoca ansia, per superare la paura di rimanere soli con se stessi è opportuno non guardare l’orologio in maniera ossessiva ma, al contrario, concentrare l’attenzione su qualche altro oggetto come il cellulare o mandare sms all’amico/a del cuore o portare con sé un libro.

 

Per tutti i ritardatari cronici gli psicologi consigliano di compilare giornalmente una lista degli impegni eliminando quelli non necessari. Ma suggeriscono anche di anticipare gli orologi di almeno cinque minuti, di pianificare i tempi e i modi per realizzare ciò che si deve fare e, soprattutto, di riflettere se il ritardo non sia dovuto a una voglia di cambiamento professionale o intimo, un segnale che la mente ci trasmette e che non dobbiamo trascurare.

Naturalmente questi ultimi casi riguardano forme patologiche del ritardo e, in quanto tali, necessitano di un supporto psicologico. Non rientrano tra questi gli atteggiamenti di chi, volutamente, si presenta nel parterre del teatro (come il Nuovo Teatro Verdi di Brindisi, tanto per fare un esempio) con oltre mezzora di ritardo al solo scopo di farsi notare o di mettere in mostra la toilette della consorte e/o compagna.

In questo caso si deve parlare, più semplicemente, di maleducazione!

 

maria corti   In un giorno di agosto del 1997 Maria Corti, la filologa e semiologa tanto legata al Salento, si trovava all’interno del Castello Aragonese di Otranto per presentare il suo libro “L’ora di tutti”, dedicato proprio alla cittadina adriatica. Alle 17 ˗ orario d’inizio della presentazione ˗ in sala, oltre a lei, c’erano solo tre suoi collaboratori.

La Corti, seppure a conoscenza dello spirito levantino dei pugliesi (tra l’altro, ha insegnato Storia della lingua italiana all’Università del Salento), in quella circostanza non volle ammettere giustificazioni di sorta sul ritardo seppure di matrice agostana e, senza tener conto dei consigli dei collaboratori, dette inizio alla conferenza che, però, non riguardò il romanzo.

Parlò, infatti, della puntualità di Calvino, e delle citazioni che ˗ sempre in tema di puntualità ˗ si trovano nella Divina Commedia. Disse che senza puntualità l’universo esploderebbe (il sole, la luna, la terra, infatti, sono puntuali…). Richiamò l’attenzione sulla puntualità assoluta del Destino. Come si fa a non essere puntuali con gli altri ˗ disse ˗ quando il nostro destino lo è con noi?

Concluse la sua filippica facendo notare (ai tre allibiti collaboratori) che senza la puntualità del pensiero, del lavoro e delle stesse pietre quel magnifico castello non sarebbe stato mai costruito. Poi fissò ancora una volta l’orologio, rivolse un ultimo sguardo a quel deserto dei Tartari ch’era di fronte a lei, e uscì.

 

Elogio-della-puntualita  A parte ogni considerazione di natura etica o psicologica c’è da dire che la mancanza di puntualità ha anche un costo. Lo hanno dimostrato Andrea Battista e Marco Ongaro nel loro pamphlet Elogio della puntualità. All’ammontare di tempo perso in ritardi mal giustificati corrisponderebbe un valore in denaro da far accapponare la pelle.

 

Ad essere ottimisti, ipotizzando che ciascuno di noi perda solo dieci minuti al giorno ad aspettare altri, sarebbero 22 i miliardi persi ogni anno sul Pil! Ma rimediare è possibile: la puntualità è un’arte che può e deve essere insegnata. Anche perché essere puntuali è uno stile che racchiude una precisa visione e filosofia di vita, oltre che un evidente segno di buona educazione.

 

Più di una volta mi sono chiesto se sarei andato a quella presentazione della Corti fatta alle ore 17 del mese di agosto. No, non sarei andato! Pur essendo un convinto assertore della puntualità, sono pur sempre un irriducibile levantino…

 

Guido Giampietro

No Comments