Gentile direttore,
lo confesso e la metto giù così, senza preamboli: oggi non mi sento più triste e più solo per la morte di Dario Fo e non provo euforia e soddisfazione per il Nobel a Bob Dylan.
Conosco bene sia l’uno che l’altro.
In casa ho avuto sia alcuni libri del primo che dischi del secondo ma non ho conservato nulla di nessuno dei due.
“Mi hanno formato”, “hanno attraversato la mia vita”, “sono cresciuto con loro” sono frasi che non mi appartengono e che dedicherei, invece, sicuramente ad altri.
Dario Fo l’ho visto dal vivo un paio di volte e in tutti e due i casi ho visitato anche la sua mostra di quadri.
Nella seconda, qui a Brindisi, in uno slancio di paterna spinta educativa ci ho portato anche mio figlio ottenendo l’unico risultato di confermarlo nell’idea che dei genitori non bisogna fidarsi.
Di Bob Dylan ho acquistato dischi in vinile che ho ascoltato poche volte ma che ho, in anni di giovanile ardore associativo, ostentato come baluardo di un impegno socio-cultural-politico che non mi apparteneva.
Oggi parto e non ho molto tempo per argomentare tutto ciò ma sappia, caro direttore, che ho voglia e tempo per farlo perché a me, queste sfilate di partecipazione collettiva al dolore, queste forme associative di esaltazione, così come certe indignazioni ostentate e certi cortei responsabili non mi piacciono neanche un po’; anzi, a dirla tutta, mi fanno proprio ca …. re.
A. Serni
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