April 2, 2025

Sulla banchina del porto di Brindisi, ai piedi di un cartello che ammonisce sui pericoli di caduta in mare e invita a tenere d’occhio i bambini, ecco spuntare un’immagine surreale: una sedia di plastica verde, saldamente ancorata al palo.
Un’opera d’arte contemporanea? Un gesto di protesta silenziosa? O semplicemente, l’ennesima dimostrazione di come la creatività umana possa sfociare nel più puro nonsense?

 

Certo, l’immagine suscita ilarità. Ma al di là dell’aspetto comico, questa scena ci pone di fronte a una realtà più complessa.

 

Da un lato, c’è l’aspetto legale.

Incatenare una sedia a un palo pubblico è un atto di vandalismo, un’occupazione abusiva dello spazio comune. Un gesto che non solo è illegittimo, ma che dimostra anche una totale mancanza di rispetto per le regole e per gli altri.

 

Dall’altro lato, c’è l’aspetto sociale.
Questa scena, per quanto buffa, è anche un sintomo di un malessere più profondo. Un’espressione di quella tendenza, sempre più diffusa, a considerare lo spazio pubblico come un prolungamento del proprio salotto, un luogo da personalizzare a proprio piacimento, senza alcun riguardo per gli altri.

 

E così, ecco che le nostra città si riempie di oggetti abbandonati, di brutte scritte sui muri, di biciclette incatenate ai lampioni. Un degrado lento e inesorabile, che ci toglie la bellezza e la vivibilità dei nostri spazi comuni.

 

Ma torniamo alla nostra sedia all’ancora. Un oggetto che, in fondo, è solo l’ultimo tassello di un mosaico più ampio. Un mosaico che racconta di una società sempre più individualista, sempre meno attenta al bene comune.

E allora, cosa possiamo fare? Innanzitutto, denunciare questi atti di vandalismo. Poi, educare le nuove generazioni al rispetto dello spazio pubblico. E infine, riappropriarci dei nostri spazi, trasformandoli in luoghi di incontro, di socialità, di vita.

Perché una città non è solo un insieme di edifici, ma è anche, e soprattutto, un luogo dell’anima. Un luogo dove poter vivere, amare, sognare.

E per farlo, abbiamo bisogno di spazi puliti, ordinati, belli.

Spazi dove non ci siano solo sedie incatenate ai pali, ma anche persone che si prendono cura l’una dell’altra.

 

Ore.Pi.

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